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The Heavy Countdown #114: Five Finger Death Punch, Four Year Strong, Intronaut

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Five Finger Death Punch – F8
Da perfetti cerchiobottisti, in una carriera a dir poco prolifica (una media di un full-length ogni due anni), i Five Finger Death Punch si confermano campioni assoluti di camminata sulla fune tra suoni bombastici tipici dei primi tempi (“War Is the Answer” soprattutto) e melodie ipercommerciali e azzeccatissime (bastano solo “Inside Out” e “Full Circle” per volare altissimo), lasciando intendere con ballad emozionali tipo “Brighter Side of Grey” quale possa essere la direzione cui Ivan Moody e soci tenderanno negli anni a venire. Dopo “And Justice for None“, il disco delle scuse ufficiali (chi conosce la storia dei FFDP sa altrettanto bene il perché), “F8” è l’album della rinascita artistica e personale, sebbene rimanga il vizio di dilungarsi un po’ troppo, tipico di molte uscite dei Nostri.

Four Year Strong – Brain Pain
Di tanto in tanto mi piace tirare fuori dal cilindro delle band (pop) punk rock (o melodic hardcore se suona meglio) con l’attitudine giusta. Questa volta è il turno dei Four Year Strong, un nome a cui molti nostalgici delle suddette sonorità sono già affezionati da tempo, e a cui è impossibile non volere bene dopo l’ascolto di “Brain Pain”. Il motivo? Accanto a pezzi punk rock classici (“Seventeen”) e ballate zuccherose (“Be Good When I’m Gone”), convive un’anima smaccatamente più heavy (“It’s Cool” o “Crazy Pills”). Cosa si può volere di più dalla vita?

Wasted Shirt – Fungus II
Mezzora di pura follia. Basterebbe solo questa manciata di parole per descrivere il primo frutto della collaborazione tra Brian Chippendale dei Lightning Bolt e Ty Segall, una coppia tanto strana quanto solida come prova l’ascolto di “Fungus II”, una di quelle che i colleghi anglofoni definirebbero un “match made in Hell”, per un risultato allo stesso tempo divertente e alienante. Psych garage e non solo, perché l’opera prima dei Wasted Shirt, oltre a toccare il noise (“Eagle Slaughters Graduation”) e a sfiorare persino il black metal (“Fist Is My Ward”) si dilunga pure in esplorazioni sludge (“Four Strangers Enter The Cement At Dusk”). Da ascoltare assolutamente.

The Night Flight Orchestra – Aeromantic
Qualcuno ha detto che i The Night Flight Orchestra sono una band tributo a chiunque abbia mai imbracciato una chitarra dal 1975 all’85. Un’affermazione che non sconvolgerebbe nessuno, se non fosse che i due mastermind dei TNFO sono tra le colonne portanti dei Soilwork (e che anche gli altri musicisti della formazione hanno un background decisamente estremo). Detto questo, preparatevi ad affrontare “Aeromantic” come un vero e proprio viaggio indietro nel tempo, pieno dei cliché dell’epoca sopracitata ma dannatamente irresistibile, e non solo per i nostalgici dei ben tempi andati (prendete “Divinyls”, il pezzo hard-pop-rock perfetto).

Intronaut – Fluid Existential Inversions
Che gli Intronaut siano uno dei riferimenti assoluti del progressive metal dal 2006 (anno dell’esordio discografico con “Void”) è un dato di fatto. E in una situazione e per una band del genere, sospesa in un intricato mondo parallelo fatto di melodie intarsiate in strutture post hardcore, mathcore, sludge e addirittura jazz in cui il concetto di tempo non esiste (provate ad ascoltare “Fluid Existential Inversions” e ne perderete completamente la cognizione), cinque anni di stop dall’ultimo lavoro in studio non sono nulla, anzi. Sono solo una scusa per cementare una volta per tutte la propria posizione in cima alla catena alimentare di un circuito in cui anche solo l’entry level è alle stelle.

 

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