Interviste
Intervista ad AimaD per l’uscita del suo nuovo signolo BIANCO, un ritorno sulle scene dopo il suo disco La Follia dell’Esistere
Venerdì 24 luglio è stato reso disponibile su tutte le piattaforme “BIANCO”, il nuovo brano di AimaD. Il singolo rappresenta un ritorno sulle scene del rapper dopo il suo disco “La Follia dell’Esistere” e si colloca ad un anno esatto dall’apertura a Mahmood al Festival Dei Due Mondi di Spoleto.
Il beat è stato affidato a D4D, producer di fiducia del rapper, e attinge in modo originale all’house e alla dance risultando in una strumentale fresca e comunque coerente all’onda contemporanea.
Pubblicato a seguito di un periodo decisamente buio per l’artista, dove il lockdown è stato un coltello nella piaga, il singolo segna un’evoluzione sia sul fronte artistico che su quello personale, e il suo testo è un dialogo critico con uno specchio immaginario dove AimaD si confronta con il suo alter ego/nemesi e con le sue scelte.
Attraverso “BIANCO” il rapper racconta il suo risveglio e il suo ritorno sotto le luci della ribalta, in un brano poliedrico e pieno di sfaccettature tanto quanto il colore nel titolo.
Bianco è il tuo primo pezzo del 2020 e ho sentito un certo distacco con album e singoli precedenti. È una sorta di “nuovo anno nuovo me”?
No, in realtà è più “nuovo anno, nuove sfide”. Per questa release ci siamo imbattuti in un percorso diverso dai precedenti lavori cogliendo l’occasione di questa estate “particolare” per sperimentarci su qualcosa di diverso.
Che cos’è il “bianco” che vedi nel tuo pezzo? Rappresenta qualcosa?
Il “BIANCO” che vedo nel brano rappresenta la luce in due diverse accezioni: il momento della propria vita in cui si è accecati da una “sola luce” perdendo di vista tutto il resto e gli altri colori, facendosi travisare da qualcosa che annulla le sfumature della propria esistenza ma anche la “luce” che vedi uscendo da quel tunnel!
La scelta della strumentale dance segue il trend attuale o è stata una cosa premeditata? Da quanto stai lavorando a Bianco?
Il testo è stato scritto mesi fa e rimasto nel cassetto per tutto il periodo del lockdown. Il pezzo “suonava” già dance e dato che la maggior parte dei lavori usciti nel 2020 sono andati tutti a parare sullo stesso tipo di sound attingendo a samples anni ’90, abbiamo cercato di produrre una cosa più originale possibile ricreando un beat che ne evocasse le sonorità.
A chi è rivolta Bianco?
Il testo del brano è sicuramente molto personale ma se dovessi pensare a chi riesce a coglierne il messaggio penserei a qualcuno con il mio stesso vissuto, simile a me e al mio modo di essere.
Nel pezzo dici “Scrivo un sacco se sto male”. Bianco è uscita da uno di questi momenti?
Si, come tutte le mie canzoni ho cercato di essere più autentico possibile. Ho scritto il testo in un momento esattamente uguale a quello che descrivo. Chi lo ascolta, in questa onda di suoni dance che richiamano la spensieratezza di un ragazzo di 20 anni, coglierà in sottofondo il “dramma” di quell’attimo.
C’è qualcuno nella scena a cui ti senti più stilisticamente vicino o con cui vorresti lavorare?
Stilisticamente non mi sento particolarmente vicino a nessuno, non per screditare (precisiamo) ma in questa mia fase di crescita artistica, reputo più opportuno lavorare sul mio stile. Sicuramente per il “flusso” di pensiero mi sento molto affine ai nuovi artisti che in questi anni di “svendita” del hip hop, sono rimasti fedeli a se stessi e alla cultura, tipo tutta la scena della “DrillLiguria” .
Hai già pubblicato un album, “La Follia dell’esistere”. I tuoi ultimi singoli sono l’introduzione a qualcosa di più grosso?
No, per ora penso solo al presente e continuo a lavorare.
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