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Renato Zero presenta Zerosettanta volume due e continua ad emozionarci esattamente come il primo album

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Che bello veder apparire Renato Zero nel suo studio, maglietta nera, stampa oro, occhiale tondo nero, inimitabile, una sorta di guru della musica italiana con l’ironia e la sensibilità che da sempre lo contraddistinguono. Inizia con un “me sò appena puncicato” (punto, per chi ha poca confidenza con la cadenza romana) la conferenza per presentare il secondo capitolo della trilogia di album che a cadenza mensile sta facendo uscire. “Zerosettanta(volume due) continua ad emozionarci esattamente come il primo album.

Ha tantissimo da raccontare e da raccontarci. Ha tanto da denunciare e da gridare a gran voce. E’ protesta sociale in “Vergognatevi Voi” dove Renato se la prende con la classe politica. “I politici hanno fatto di tutta l’erba un fascio senza focalizzarsi, ma ogni categoria e ogni regione sono diverse e distanti tra di loro. Questa distanza l’hanno creata i politici, il sud è stato lasciato al buio. Il sud che ha una popolazione che si è sempre distinta. Basta guardare la cultura o gli atenei o la stessa mano d’opera meridionale che è quella che fatto della FIAT il colosso che è.” Nel brano c’è un passo che dice “se ti esponi sono guai” ma Renato non ha mai avuto paura di esporsi, non è salito su nessun carrozzone. Si arrabbia con chi sta facendo morire la cultura, si intristisce pensando alle botteghe e agli artigiani spariti per dare spazio a grosse multinazionali le quali non hanno portato benessere ma hanno interrotto il flusso generazionale che tramandava i mestieri. “Aziende enormi che guadagnano qui e pagano a casa loro”.
Torniamo alla musica e proviamo a sapere se esiste un erede diretto di Renato Zero, se lui lo vede. L’artista risponde che non dovrebbe essere solo la sua eredità ma quella di tanti artisti come Battiato e De Andrè e altri ancora e le radio dovrebbero proporre questa grande musica invece di proporre tantissima musica straniera che magari nella loro patria non è così tanto considerata. Forse un’eredità Renato la vede in Diodato e Ultimo. Nel brano “Basta con i cantanti” troviamo un ironico Zero che rivolge una carezza ai giovani che si buttano nella musica in cerca di un applauso, di un pubblico. E’ il monito di fermarsi davanti allo specchio e riflettere se ne hanno davvero la capacità, se hanno davvero il talento per affrontare una carriera da artista. “Il discografico se ha 20 cavalli li fa correre tutti e 20 perché gli producono fatturato, chissenefrega se il ragazzo non è stato avvisato del possibile fallimento e a 20 anni un fallimento così non è da poco […] Gli parlo come un amico di 70 anni, mettetevi l’armatura e studiate e capite se siete bravi. Non lo dico perché sono Renato Zero ma perché la vita ti deve appagare e l’applauso può arrivare anche da un’altra parte. D’altronde tutti abbiamo un pubblico sin da quando nasciamo, dal primo ruttino al primo passo, sempre applausi e gli applausi nella vita non mancheranno se c’è coerenza […] allo stesso tempo non dobbiamo aver paura di suonare, bisogna sempre prendere la chitarra in mano perché la musica elude la solitudine
Il lavoro su questi tre dischi è stato svolto insieme a Lorenzo Vizzini, 27 anni, un salto generazionale (Renato ne ha 70) e allo stesso tempo un abbraccio alle varie generazioni e tanta voglia di fare buona musica. “Sono scioccato che un ragazzo di 27 anni abbia dentro di sé una poesia così alta con dei pensieri così adulti e questo mi fa ben sperare per il futuro”.
La forza di queste opere è nel beneficio di chi le attua e di chi ne fruisce, la musica ha suo potere curativo naturale, si può ridere o piangere. “Ho fatto molto sorridere con i triangoli e emozionare Nei Giardini Che Nessuno Sa, ho fatto tutto con un ventaglio di opzioni molto interessante”.
Non si può non parlare della canzone dedicata alle sue nipotine “La Mia Carezza- Per Virginia E Ada”, lui che ha fatto della riservatezza una filosofia di vita si spoglia e ci lascia intravedere le sue dolci emozioni di nonno e di quanto sia attaccato a queste bimbe. La trasgressione è parte del Renato pubblico ma in questi tre album non ha potuto evitare di mostrarci anche il lato più intimo. La trasgressione la ritroviamo in “In Manette l’Esistenza” bellissima canzone volutamente provocatoria “benedette le manette, sia lodato il bondage” credo ci sia poco da aggiungere se non che non si può fare a meno di queste canzoni da parte di Renato perché devono farci riflettere sugli atteggiamenti omofobi, sul bullismo, sull’aggressività, sul femminicidio e soprattutto sulla discriminazione. “Bisogna iniziare dalle scuole, dall’educazione civica per imprimere nelle generazioni future che da loro dipende la loro serenità e di quella del pianeta. Della durata di questo pianeta perché c’è una consumazione distruttiva e se un ghiacciaio si scioglie non è colpa del ghiacciaio, Bisogna essere critici per sovvertire certe non regole”.
Renato ci lascia con delle bellissime considerazioni sul terribile momento che stiamo vivendo di come la nostalgia sa prendere il posto della paura perché ha più forza e la paura ha i minuti contati, è un attimo, è secondaria e marginale. E la malinconia mi assale quando racconta di un passato fatto di piccoli teatri, di piccoli locali, di gavetta o di interazioni con altre forme d’arte come il teatro e il cinema quando la musica non lo stava riconoscendo come doveva. E la malinconia continua quando parla di come ora si suoni spesso da soli davanti a dei plug-in e non si studi davvero più uno strumento. “Bisogna che ci sia il desiderio di chiamare i nostri amici e costringerli ad imparare a suonare perché la musica va fatta insieme, suonare da solo è doloroso, bisogna suonare insieme”.
Saluto Renato quasi in religioso silenzio, esattamente nel modo in cui l’ho ascoltato per tutta la conferenza e ho già il promemoria per la prossima che ci porterà altre bellissime perle di saggezza.

Foto di Luigi Rizzo

 

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