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Interviste

Gente, Renato Stefano ci racconta il suo progetto solista

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GENTE è il solo project di Renato Stefano, di origini baresi ma cresciuto a Bologna.  Nel 2019 pubblica un paio di singoli che entrano subito nelle playlist di riferimento Spotify come Graffiti Pop, New Music Friday, Scuola Indie. Dopo un tour con cui ha attraversato quasi tutta la penisola e partecipazioni a festival come Naples Noisy Fest e Oltre Festival, nel 2019 inizia a lavorare alla produzione di un nuovo album e a marzo 2020 pubblica il primo singolo Spariremo, seguito da GOODBYE feat PARIX HILTON e Sahara. A ottobre 2020 esce Scatola, singolo che anticipa il suo primo album: “ERAVAMO IO” uscito il 9 dicembre. Nel febbraio 2021 Gente pubblica il singolo Piccolino per INRI/FONOPRINT e il 23 giugno è uscito il suo ultimo singolo Succhino, in collaborazione con MARCHETTINI sempre per FONOPRINT/INRI.

Il brano è un inno alla malinconia e al senso di inutilità tipico dei giovani, che viaggia su sonorità chill pop che ricordano Mac Miller e Chance The Rapper, lasciando spazio anche alla vena cantautorale italiana che caratterizza GENTE

Come sei entrato nell’industria musicale?

Sono arrivato qui tramite un tirocinio universitario, cercavano uno che si intendesse un po’ di comunicazione e un po’ di musica.

Gente però ancora non esisteva.

No, stava nascendo in quel momento. Conta che ho sempre fatto rap per scherzo con gli amici al parchetto tipo dal 2012. Avevamo una crew al tempo che nel bolognese arrivò anche a essere super conosciuta, si chiamava “Pro Evolution Joint”. Da quella poi quasi tutti sono rimasti a fare robe, alcuni ancora adesso credo, ce ne siamo andati io e un altro artista oggi bello conosciuto, Drefgold perché avevamo entrambi progetti da mandare avanti da soli.

Abbastanza famoso, diciamo.

Beh, diciamo che se faccio centomila streaming lui ne fa cento milioni…(ride) magari cento milioni no, però cinque sì. Comunque, a parte le gag, non ho mai avuto il sogno di fare il musicista, volevo fare il cestista, il mio sogno era giocare all’NBA, non calcare i palchi; però è nato tutto talmente naturale, anni dopo ho conosciuto dei produttori che mi hanno ascoltato, persone che mi hanno presentato altre persone e sono arrivato ad INRI. Da lì è partito tutto, era tipo il 2018.

Giusto in tempo per smettere di suonare nel 2020!

Questa è una chicca: ho fatto uscire il primo singolo del primo album il 10 marzo, giorno in cui entriamo in stato di pandemia globale, e si chiama “Spariremo”…

E come siamo passati dallo “Sparire” al “Succhino”? Il passo è brevissimo.

Esatto…allora, sono arrivato in Fonoprint e hanno scoperto che ero già sotto contratto con INRI però hanno apprezzato il mio progetto artistico e hanno chiesto ad INRI di unirsi e ora sono le mie due etichette al 50%. Da lì ho fatto un album con diversi produttori, credo quasi tutti con dei platini in tasca, e nonostante la pandemia è andato particolarmente bene. Io però non riesco a stare fermo, produco in continuazione e quindi niente, il risultato è stato “Succhino” in collaborazione con Marchettini, uno conosciuto sul territorio milanese.

Ti sei esibito in uno dei primi concerti di questa timida stagione bolognese che però poi è partita a bomba.

Sì, stato una bomba davvero, ci siamo divertiti un sacco anche perché con la pandemia era da troppo che non si suonava. Anche perché reputo la mia musica molto ballabile e nonostante le persone fossero seduto vedevo dall’alto la “presa bene”, c’era del movimento anche da seduti.

Ed è stata una delle prima volte con questo progetto?

No, assolutamente, nel 2019 che ero fuori con tre singoli ho fatto un tour di venti date in giro per l’Italia suonando in posti anche belli giganti. Il posto più bello dove ho suonato è stato all’Arena Flegrea a Napoli, forse il concerto migliore della mia vita, in apertura a Ghemon per il Noisey Festival. Ci saranno stati seimila paganti, qualcosa del genere.

Magari senza pandemia ci sarebbe stato qualcos’altro.

Certamente, avendo firmato con BPM Concerti che è una delle più importanti a marzo 2020… diciamo che la situazione ci ha messo un po’ di freni, però sto prendendo ancora di più lo slancio.

Tra l’altro in questi giorni ho visto tanti artisti che salgono sul palco e alla prima canzone si emozionano molto.

Beh, già l’emozione di stare su un palco è sempre tanta, poi con il fatto che c’è stato uno stop non programmato e si è stati fermi per molto tempo per quanto tu possa essere un robot ad un certo punto cedi.

Una domanda, abbiamo visto il tuo percorso, ma: quanto ti prendi sul serio in quanto artista? In modo definitivo?

Il discorso è questo: io sono uno che si gasa tantissimo per le cose. Però credo di aver raggiunto una maturità per capire le cose come stanno. La mia musica va da dio per quello che mi aspettavo, ma non è ancora arrivata ad un livello di conoscenza da parte del pubblico adatta a uno step-up. Cerco di non montarmi la testa anche se le cose vanno bene. Non mi sveglio dicendo “ah, sarò Kanye West domani”, però so che ce la farò.

La musica che stai facendo è quella che volevi fare? Vorresti fare altro?

Non riesco a fare qualcosa di studiato. Non riesco a dire “facciamo la canzone per l’estate” per esempio. Ho la fortuna che le cose mi escano naturali da quel punto di vista, quindi senza provarci esce la canzone dell’estate, sempre per l’esempio di prima. È tutto un flusso. Tutto naturale, vado d’istinto. Succede ciò che deve succedere, per fortuna.

Non mi è mai capitato che uno così giovane si trovasse su entrambi i versanti della produzione, sia cantante che tecnico, addetto ai lavori. Più che altro perché si vedono molti giovani che o passano dai talent o vengono prodotti per due o tre singoli per poi sparire, c’è un mondo strano dietro…dal mio punto di vista sono pezzi di carne in mezzo alle locuste.

Bravissimo. È così. Ti dico una frase fatta: “la musica vince sempre”. Quando hai un quadro completo e riesci ad astrarre vedi il percorso completo degli artisti e capisci che la musica ha sempre vinto. Ti faccio un esempio con uno dei miei punti di riferimento: Ghemon passava da periodi dove sembrava roba nuova, freschissima a momenti dove “che schifo, perché deve fare l’alternativo, perché non fa come Salmo”, poi di nuovo su e di nuovo giù. Se sei un vero artista, un vero musicista, te ne fotti di tutto quello che succede intorno a te e vai dritto. Per quanto riguarda il discorso inziale, credo serva crearsi un team di persone fidatissime intorno a te che credano nel tuo progetto. Se tu credi nel tuo obbiettivo circondati di persone che come te credono nel progetto e amano ciò che fai. Così, volente o nolente, arrivi dove vuoi arrivare, se talento e convinzione non mancano. È la stessa cosa nel basket, ci sono giocatori talentuosissimi che non sono arrivati all’NBA, ma giocatori meno talentuosi che si sono fatti il mazzo e sono arrivati molto più avanti degli altri.

Ultima domanda. Visto che noi lavoriamo per MusicAttitude, qual è la tua “attitude”?

La mia attitudine è fare musica di getto.

E nella vita?

Fare musica di getto. Perché sto di merda e cerco di levarmi da quella situazione, so che può sembrare banale ma è una terapia d’urto. È il mio sfogo. Anni fa era il basket, ora è la musica.

https://www.instagram.com/gente_suonoio/

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