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Interviste

SARA JANE CECCARELLI, MILKY WAY E’ UNA GALASSIA DI MUSICA DA TUTTO IL MONDO

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Sara Jane Ceccarelli presenta Milky Way, la sua personale galassia sonora. Uscito a giugno, Milky Way è il secondo album della cantante italo canadese e rappresenta il mondo in cui viviamo, un mondo in cui la contaminazione (fra generi, culture, modi di vivere) non sia un problema ma un punto di forza. Dentro Milky Way troverete dieci brani, nove in inglese ed uno in italiano, fra cui la rielaborazione in lingua inglese di Del tempo che passa la felicità di Motta. Milky Way viaggia dal funk al jazz, dal pop al reggae, e da un continente all’altro.

Sara Jane Ceccarelli è stata a Roma il 5 agosto, e sarà a L’Aquila il 4 settembre.

Hai inserito nel tuo disco la cover di Motta, Del tempo che passa la felicità, ma in versione inglese. Negli anni ’60 e ’70, in Italia, infuriava la moda di cantare in italiano i successi stranieri e tu hai fatto il contrario qualche decennio dopo. E’ un modo per unire i tuoi due lati geografici, quello italiano e quello canadese? O è anche un modo per esportare la musica italiana all’estero, renderle giustizia?
Il motivo di ogni mia scelta musicale arriva sempre dopo, mentre tutto nasce in maniera abbastanza inconsapevole, un po’ come quando scrivi una canzone. Ho fatto un esperimento, che ora ha preso forma nel mio disco, con tanto di approvazione di Francesco Motta. Il brano è molto intenso, una delle perle del suo primo album prodotto da Sinigallia. E il testo è assai particolare (la traduzione non è stata semplice, ma ho rispettato al massimo metrica e significato come una buona equilibrista)… e da lì ho continuato a tradurre, poche cose, perché non tutti i brani si prestano a questo gioco, ma secondo me molto efficaci. Forse si, forse è bene che artisti come Motta possano essere in qualche modo “esportati”, se questo può essere lo scopo del mio e nostro lavoro ben venga.

Milky Way è un disco contaminato nel miglior senso possibile della parola. E’ una via lattea di suoni, paesi e persone. Il mondo sarebbe un posto migliore se gli somigliasse un po’ di più. Credi che la musica possa aiutare a raggiungere questo obiettivo, spingere per arrivarci?
Più di una volta, sul palco, ho proclamato che il mondo prendesse spunto dalla musica avremmo molti meno problemi. Le “contaminazioni” sono la cosa che i musicisti amano di più: la diversità, un nuovo suono, un nuovo strumento, una lingua diversa, sono per i musicisti la ricchezza più grande e non esistono barriere, perché poi alla fine quello che succede è che si comunica con grande semplicità, si trova un territorio comune che emana solo bellezza. Ecco, la musica e la sua infinita curiosità sarebbe un ottimo antidoto all’indifferenza.

Sai già come portare in giro questo disco? Hai già un’idea di date future?
Il nostro tour è partito alla grande, con grande entusiasmo ed alle spalle allestimento assai minuzioso, considerando la lunga assenza dai palchi. Ci siamo esibiti all’Onda Road a Passignano sul Trasimeno e al Teatro Romano di Gubbio per la rassegna Umbria in voce. Ci attende un palco importante, ovvero la Casa del Jazz a Roma il 5 agosto in una serata in doppio con Matteo Mancuso. Il 4 settembre saremo a L’Aquila per Il jazz italiano per le terre del sisma.

Visto che Milky Way è il risultato delle contaminazioni musicali e culturali che hai vissuto, puoi dirci cosa ti è rimasto più dentro di tutte queste esperienze? Quale “pezzo di mondo” ti ha ispirato di più?
Spesso si sente dire che la musica è una sola, che non esistono i generi musicali ma semplicemente le 12 note della scala musicale combinate in milioni di modi…penso che questa sia la mia forza,  e anche quella dei miei musicisti, in particolare dell’arrangiatore e pianista dell’album Edoardo Petretti: essere estremamente curiosi e aperti alla sperimentazione, come grandi maestri hanno fatto prima di noi, senza timori né reverenzialità che spesso tarpano le ali all’atto creativo. Si crea e si scrive la musica che ci piace suonare. Il disco è proiettato interamente per il live.

Hai inventato la parola Zagazagaze. Quindi: cos’è uno Zagazagaze?
Lo zagazagazè è il ronzio dentro di noi…ed è diverso per ciascuno di noi! Forse è ciò che ognuno di noi vuole essere. Un invito alla estrema libertà ma anche all’estremo dovere di capire il nostro ruolo nel mondo.

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