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Interviste

Lissie, una voce singolare nel vasto panorama della scena musicale americana moderna

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È stata un’estate ricca di pubblicazioni quella appena passata per Lissie. Classe 1982, la talentuosa cantautrice americana, è tornata con una doppia release celebrativa: Catching a Tiger – Anniversary Edition, ripubblicazione del disco di debutto del 2010, con l’aggiunta di 5 inediti registrati durante le session del disco, nel 2009, con il produttore Jacquire King (Tom Waits, Modest Mouse) e Watch Over Me (Early 2002-2009), collezione di brani composti tra il 2002 ed il 2009 e mai pubblicati. Un viaggio alle radici del songwriting tra pop, rock e folk dell’artista dell’Illinois, che, nota ai più per i suoi brani contenuti nelle colonne sonore di Dr. House, The O.C, Veronica Mars e per il suo duetto con Robbie Williams nel brano Losers, contenuto nel disco del 2012 dell’ex Take That, Take the Crown, oggi si racconta come mai prima, pronta ad aprire un nuovo capitolo della sua vita in musica. «Il viaggio finora è stato grandioso», ci ha raccontato nel corso di una lunga chiacchierata telefonica, dalla fattoria in Iowa dove attualmente vive e lavora. «Ho avuto l’opportunità di fare cose belle, divertenti, sono molto grata per la mia carriera e Catching a Tiger è stato l’inizio di tutto. Celebrarne i dieci, anzi, gli undici anni di vita mi è sembrato giusto».

Lo hai fatto con una ricca Anniversary Edition. Cosa rivedi oggi in Catching a Tiger, come ti ci relazioni?

L’album di debutto è sempre molto interessante per un’artista, è la tua presentazione a un pubblico più vasto ed è stato interessante condividerlo nuovamente con l’aggiunta di brani, video e foto inedite dell’epoca. Allora avevo a disposizione gran parte della mia esistenza da cui pescare per realizzarlo e credo che la pandemia mi abbia dato il tempo per fermarmi a riflettere sulla mia vita finora e su una decade di musica, in studio e in tour, live suonati in posti interessanti e incontri altrettanto interessanti. È stato un processo nostalgico, ma sono molto felice che sia accaduto. È un sentimento dolceamaro quello che provo nel realizzare che quel mondo è andato e ora è il momento di iniziare qualcosa di nuovo.

Ne parleremo, ma prima: su questa Anniversary Edition hai incluso 5 tracce inedite. Arrivano tutte da quell’epoca, ma come le hai scelte e perché allora non entrarono nell’album?

Quando registrai Catching a Tiger era l’inizio del 2009, avevo 15 o 16 canzoni che speravo di registrare per l’album, ma alla fine, come è normale, ci sono entrate quelle che mi sembravano avere una maggior coerenza fra di loro, volevo che la tracklist filasse e che ci fosse un arco narrativo nel disco. Queste cinque tracce allora non entravano nel puzzle di come volevo presentare il mio progetto.

E ora?

Con la giusta distanza, mi piace l’idea di dare alla gente una fotografia più completa di quello che stava accadendo all’epoca musicalmente, a livello visivo e personale. Sono molto orgogliosa di quei brani e oggi, grazie a internet, abbiamo l’opportunità di uscire con una montagna di contenuti da offrire alle persone che sono interessate. La parte spinosa del fare una Anniversary Edition è che volevo essere moto chiara sul fatto che quelle canzoni appartengono a un periodo ben preciso, sono vecchie, ma sono nuove per le persone che mi seguono e aggiungono nuovi particolari alla visione d’insieme.

Il 10 settembre hai rilasciato anche Watch Over Me (Early 2002-2009), una collezione di brani scritti prima del tuo debutto con una major. Anche in questo caso, come li hai selezionati? Immagino che tu abbia vagliato un bel po’ di materiale.

Siamo sempre stati dell’idea di fare un’edizione celebrativa dei dieci anni di Catching a Tiger, ma a causa della pandemia tutto è rimasto in sospeso e io ho avuto un sacco di tempo per starmene a casa a riguardare vecchi quaderni pieni di appunti, foto e riscoprire tutte queste vecchie canzoni delle quali avevo completamente dimenticato l’esistenza. Mi sono rivista ventenne e anche se forse oggi non riscriverei quelle canzoni, sento che sono parte della mia storia. Ora le persone a cui piace la mia musica possono farsi un viaggio nel passato fino ai primi 2000. Potrebbe sembrare un po’ autoindulgente, ma è stato molto divertente ritrovare quel vecchio materiale e mi sembrava dolce dare a chi mi segue l’opportunità di scoprirlo, se sono curiosi del mio percorso e della mia evoluzione come cantautrice.

Quanto sei cambiata da allora?

Quando mi guardo indietro e penso a me stessa ventunenne sulla via verso Los Angeles per coltivare il mio sogno di fare musica, provo tanto rispetto per quella giovane donna. Ero coraggiosa, ma, essendo cresciuta in una piccola cittadina del Midwest, anche un po’ ingenua e ignara del mondo e la cosa mi portava a guardare la vita con un cuore molto aperto, fiducia, entusiasmo. Ero anche pronta a farmi spezzare il cuore, a commettere errori, ma senza farmi inasprire da tutto questo, vedendolo semplicemente come una parte del ricco affresco della vita. La giovane me non avrebbe mai abbandonato la speranza e la convinzione che in un modo o nell’altro avrei trovato il mio angolino in cui essere una musicista e la direzione giusta per la mia vita. Ci ho sempre creduto e quindi ritrovo molta dolce innocenza nel modo in cui allora gestivo il dolore e la delusione. E, sai, penso di non essere così cambiata, sono semplicemente cresciuta e crescendo inizi a non preoccuparti più così tanto di quello che pensano gli altri, stai nel tuo binario e forse diventi anche un pochino più chiuso alle cose.

E in tutto questo, cosa ha sempre significato per te scrivere canzoni?

È sempre stato molto importante. Ho iniziato a scrivere piccole canzoni quando ero una bambina e questa cosa mi ha accompagnato lungo tutta la vita, attraverso le esperienze della vita. Ho sempre vissuto tutto in maniera profondamente emotiva e scrivere canzoni è stata la mia salvezza, perché potevo veramente prendere le mie emozioni e invece di soffocarle o negarle, potevo lavorarci, processarle e trovare sollievo. In definitiva mi aiuta a organizzare i miei pensieri, le mie emozioni e anche a connettermi con gli altri, perché le emozioni sono ciò che ci rende umani, sono universali e ci mettono in connessione, in uno stato di empatia gli uni con gli altri.

È qualcosa che ritrovi anche da ascoltatrice?

Assolutamente! Quando ero molto giovane amavo i musical di Broadway, la narrazione e quel suono così letterale e oggi il mio songwriting è molto chiaro, diretto, per niente astratto o poetico. Adoro la musica strumentale, ma anche i Phish o i Metallica, il Black Album lo ascolto spessissimo, proprio perché mi aiuta ad affrontare la rabbia. E, poi, mi reputo molto fortunata ad essere stata una teenager quando in giro c’erano artiste come Sarah McLachlan, Sheryl Crow, Alanis Morisette, Liz Phair, Fiona Apple, Tori Amos, che scrivevano le loro canzoni, suonavano il loro strumento e si presentavano in un modo che non era iper-sessualizzato. Tutte queste donne fantastiche stavano raccontando la loro storia, che era anche un po’ la mia e mi hanno ispirata moltissimo. Così ho iniziato a suonare la chitarra alla fine dei ’90. Passare dall’essere una bambina all’essere una donna è strano, a volte doloroso e vederle così forti e fighe mi ha fatto ambire ad avere un posto nel mondo e non limitarmi a pensare: “dovrò trovarmi un marito”. In più, mi ha sempre confortato molto il fatto che abbiano sdoganato l’idea che una donna possa esprimere rabbia nei confronti del mondo, perché succede davvero un sacco di merda.

Esatto! Sui tuoi social, in particolare, ultimamente hai preso posizione contro la legge antiabortista che è stata approvata in Texas.

Credo che sia l’ultimo colpo di coda del patriarcato. Spesso le cose peggiorano prima di migliorare, ma quello che stupisce è come la gente vada dietro a queste stronzate. Questa legge antiabortista è così retrograda e ipocrita. In Texas non vogliono che la gente indossi la mascherina, ma non hanno problemi all’idea che una dodicenne sia costretta ad avere un figlio e senza avere poi nessun aiuto o sostegno economico. I politici e chi fa le leggi si curano più dei non nati, che della gente vivente. Nessuno vorrebbe dover abortire, non è certamente una cosa semplice da affrontare, credo, ma nessuno può privarci di questa opzione, che a volte è necessaria per ragioni mediche o altre circostanze.

So che stai lavorando a nuova musica: un nuovo disco?

Da novembre ho iniziato a scrivere e a registrare di tanto in tanto, prima mi sentivo bloccata, perché stavano succedendo molte cose, ero come nell’occhio del ciclone. Poi, sai, vivo in una fattoria qui in Iowa, ho molto terreno da coltivare, ortaggi, fiori e ho anche messo su una produzione di pop corn. Quindi ci sono un po’ di altre cose che mi tengono occupata, ma negli ultimi otto mesi sono tornata in studio e, sì, l’album è quasi finito. Diciamo che potrebbe arrivare nei primi mesi dell’anno prossimo e saranno quattro anni dal mio ultimo album, ma c’è stata una pandemia e sono già abbastanza contenta di essere riuscita ad uscirne intera. E poi non vedo l’ora di andare di nuovo in tour!

Cosa sentiremo?

Non lo so o, meglio, quando ho iniziato a scrivere avevo il cuore spezzato, perché ero appena uscita da una relazione, ma col tempo ho iniziato a guarire e le cose che ispiravano la scrittura hanno continuato a cambiare costantemente. Tutti gli album che ho scritto finora sono nati in un momento in cui mi sentivo in un determinato modo, mentre questa volta ho attraversato almeno dieci stati d’animo: dispiacere per la rottura con il mio ex, dispiacere per il mondo, poi ho iniziato a sentirmi un po’ persa come essere umano e allora sono arrivate alcune canzoni che definirei esistenziali, finché ho iniziato a sentirmi di nuovo speranzosa per il futuro, per l’amore, per l’andare verso l’ignoto senza averne paura. Forse solo con un po’ di distanza riuscirò davvero a capire che cos’è davvero quest’album.

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