Interviste
Martino Adriani, “Occhi” è una nave che ci porta dove vogliamo

Martino Adriani ha pubblicato “Occhi”, il suo terzo lavoro in studio: non solo musica, ma simbolismo e simboli veri e propri, visto che il titolo in copertina è scritto sia in italiano che in caratteri cinesi, trasformando la parola “occhi” in immagine e suono. Fra reminescenze della vecchia scuola cantautoriale italiana e viaggi nella musica di mezzo mondo, “Occhi” raccoglie 11 tracce ed è stato anticipato dai singoli “Tanqueray” e “Divano”. La produzione artistica è di Manuele Fusaroli e Michele Gualberti e nell’album, oltre a Martino Adriani, hanno suonato Michele Guberti, Manuele Fusaroli, Ilaria Passiatore Argento, Mxx. In sintesi, Martino Adriani è un po’ un Salgari della musica: non ti sposti fisicamente, ma finisci ovunque lo stesso.
Domanda al volo: come mai hai deciso di usare anche i caratteri cinesi per scrivere “Occhi” in copertina?
L’idea di usare un ideogramma nasce dalla necessità di sottolineare il valore grafico più che fonetico della parola “occhi”. L’ideogramma stilizzato non è altro che un modo per arrivare visivamente e simbolicamente al succo stesso del titolo del disco che diventa così afferrabile e identificabile immediatamente, nella nostra memoria fotografica. Il suono “Occhi” diventa un simbolo, dunque diventa informazione solida che l’occhio stesso percepisce con maggiore immediatezza, maggiore automatismo.
Oserei definire i tuoi pezzi “esotici”: non so se è una mia impressione, ma ci ho sentito un sacco di Sud America. Cosa ti influenza quando scrivi?
Questo disco, con le sue suggestioni e con il suo immaginario, è stato concepito come fosse un viaggio. Un viaggio negli occhi di alcune persone, un viaggio nella propria anima, un viaggio in luoghi vicini e lontani. Se ci hai sentito il Sud America, vuol dire che il viaggio passa anche da quelle parti!
Nelle mie canzoni ci sono storie di amori, di posti, di mostri. Il tema dell’assenza, dell’amore che finisce, ad esempio, mi ispira tantissimo e da sempre. Mi lascio influenzare molto da certe dinamiche “sentimentali” e dai patemi del cuore.
So che conosci piuttosto bene Cristiano Godano, che hai aperto per Diaframma, Giorgio Poi, Bugo e altri. Come li hai conosciuti, come si lavora con loro e che cosa hai imparato da quei live?
Si, a Cristiano Godano ho aperto una serie di show-case qualche anno fa, in giro per l’Italia. L’ho conosciuto al Giovivendo, Festival che organizzo in Cilento, che lo ha visto come headliner in due occasioni, prima “in solo” e poi coi Marlene Kuntz. C’è stata subito una bella empatia fra di noi. Lo stesso è capitato con Giorgio Canali, con Lorenzo Kruger. Altri li ho conosciuti di qua o di là, in giro per l’Italia. Quando si ha a che fare con artisti di un certo calibro c’è sempre molto da imparare ed io, ovviamente, ho cercato di apprendere il più possibile da ognuno di loro, sia a livello tecnico che umano.
“Occhi” è il tuo terzo album: ti senti di poter dire che la tua scrittura sia cambiata, in qualche modo? E come pensi sia successo?
La mia scrittura ha avuto un cambiamento drastico, negli anni. Le canzoni del mio primo album, Agrodolce, sonocaratterizzate da una vena estremamente ironica, a tratti comica. Un Martino Adriani estremamente diverso da quello che si ascolta ora. Già nel 2019, con il disco E’ in arrivo la tempesta, ho deciso di mettermi a nudo scrivendo canzoni più introspettive. Con Occhi ho fatto lo stesso, dedicando ai testi ancor più tempo, cura e dedizione. In più, grazie alle esperienze, alle conoscenze, alle competenze messe in bagaglio in questi anni, il mio approccio è cambiato, durante ogni fase, a partire da quella della scrittura.
Momento pubblicitario: come promuoverai “Occhi”? Ci sono già date in programma?
Da fine gennaio partiremo con i Live. Lo showcase di presentazione sarà a Parma, al Borgo Santa Brigida, il 28 gennaio. Stiamo lavorando a un giro di date centellinate, nei posti giusti.