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Architects: The Sky, The Earth & All Between

Gli Architects chiudono febbraio col botto con The Sky, The Earth & All Between, il loro undicesimo album, chiudendo in bellezza il mese imperfetto per eccellenza.
Che qualcosa stesse bollendo in pentola infatti era evidente da tempo, era ormai chiaro che la band stesse lavorando a una nuova coesione interna, così come il fatto che la voce di Sam Carter, dopo un periodo di pericolosa incertezza, sia tornata a pieno e splendido regime.
Brighton, e il Regno Unito in generale, è una vera culla del metalcore, avendo dato i natali a molte delle band più rappresentative del genere. E a proposito di certezze, è proprio Jordan Fish, ex tastierista dei Bring Me The Horizon (Jordan ci manchi!, ndr), a curare l’intera produzione, dando al progetto il suo marchio di fabbrica che è un valore aggiunto oltre che una sicurezza di qualità.
Prima ancora di addentrarci in questa nuova uscita, bisogna immediatamente fare un applauso da Dan Searle, batterista e unico membro fondatore, che a livello di stesura dei testi si riconferma la struttura portante della band.
Il singolo “Seeing Red”, uscito ormai a dicembre 2023, è stato fin da subito una botta di adrenalina che ha fatto sognare i fan di vecchia e nuova generazione, riportando su traccia un modo di far musica che sembrava ormai cestinato. Il brano, che ci ha fatto sperare inutilmente nell’uscita di un album sul breve periodo, è quel giusto mix di catchy e cattiveria, con l’aggiunta di un ritornello con un coro dall’immediato effetto tormentone.
“Elegy”, “Whiplash” e “Blackhole” sono la terna perfetta con cui iniziare un album. Ritroviamo strofe estremamente intense, con un cantato molto strutturato ed estremamente corposo che quasi vira in un genere ancora più pesante rispetto al metalcore. I cambi di stile di Sam Carter, che ha alle spalle dei colleghi che si inseriscono perfettamente amplificando l’effetto dirompente di una rabbia urlata ed apprezzata, sono l’asso ritrovato che non fa che ingolosire i fan in vista dei futuri live. Da apprezzare su “Blackhole” il lavoro sulle seconde voci, piacevolmente molto Lorna Shore, e quello sulla chitarra di Adam, efficace e diretta e per nulla pastosa.
“Everything Ends”, un po’ tanto alla Bring Me The Horizon di nuova generazione, interrompe in maniera netta il percorso metalcore, con il risultato di essere un brano sicuramente ben composto e moderno, ma eccessivamente radiofonico.
“Brain Dead” è il primo dei due duetti contenuti dell’album, e che vede la collaborazione degli House Of Protection, che se non conoscete dovete tassativamente scoprirli. La parte ritmica è estremamente melodic hardcore nel modo giusto, ed il risultato è una tessitura di generi interessante ed accattivante.
Decisamente meno efficace e fin troppo poppeggiante è il duetto con Amira Elfeky, che presta la sua voce, a mio modesto parere estremamente banale, su “Judgement Day”. Il brano si salva solamente per la presenza di Carter, ma per il resto si tratta di una composizione che si sarebbe tranquillamente potuta evitare.
“Chandelier”, brano diametralmente opposto rispetto alla prima traccia, chiude questo undicesimo ed attesissimo album.
Complessivamente il full length ha una produzione ottima, con una pulizia di suono da far invidia a molti altri lavori del genere, che porta il marchio moderno, sperimentale e giocoso di Fish su ogni traccia. A livello compositivo assistiamo alla fusione di due anime, con una prima metà dell’album parecchio aggressiva a discapito di una seconda molto molto variegata e mista, che sembra voler strizzare moltissimo l’occhio verso le sonorità attuali. Scelta voluta? Scelta di mercato? Voglia di cambiamento? Lascio a voi lettori ed ascoltatori scegliere ed emettere il giudizio finale.
Tracklist:
- Elegy
- Whiplash
- Blackhole
- Everything Ends
- Brain Dead (feat. House Of Protection)
- Evil Eyes
- Landmines
- Judgement Day (feat. Amira Elfeky)
- Broken Mirror
- Curse
- Seeing Red
- Chandelier
Testo di Francesca Carbone
Foto di copertina di Mairo Cinquetti