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Interviste

I Sea Fever raccontano il nuovo album “Surface Sound”: «Coltiviamo il nostro suono per portarlo in superficie»

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Sea Fever - AnthonyHarrison - Martin Finnigan , Apollo

Si intitola “Surface Sound” il secondo album dei Sea Fever, in arrivo il 30 maggio via Cosmic Glue. A quattro anni dall’esordio “Folding Lines”, la band di Manchester torna sulla scena con un lavoro composto da 10 tracce, tra cui i singoli “Loose Cut”, “Breaking out”, “Shouldn’t Have Been This Way” e “Go to Ground”, che ne rinnova l’intento sperimentale, spingendo ulteriormente il suono, guidato dai synth, verso panorami in technicolor. Con profonde texture elettroniche, ritmi binari e brillanti scintille melodiche al neon, “Surface Sound”, cattura l’evoluzione di una band che rimane fedele alle proprie radici. Nati nel 2021, da quello che hanno definito come un afflato creativo inevitabile, i Sea Fever sono composti da Tom Chapman e Phil Cunningham (New Order e Shadowparty), Iwan Gronow (Haven, Johnny Marr), Beth Cassidy (Section 25) ed Elliot Barlow (Brix & The Extricated). In attesa dell’uscita del nuovo album, abbiamo scambiato qualche battuta con Tom e Iwan, ecco cosa ci hanno raccontato.

Avete affermato che il vostro primo album era il risultato dell’energia che vi ha portati a suonare insieme. Cosa ha generato la creatività da cui ha preso corpo “Surface Sound”? I: «Le nostre esperienze, il tempo trascorso insieme e i progressi nelle nostre performance dal vivo hanno contribuito a plasmare il sound di questo nuovo album. Sono successe molte cose da quando abbiamo pubblicato il nostro album di debutto, siamo cresciuti come band e abbiamo riversato questa crescita nel nuovo album. Questo ha fatto sbocciare la nostra creatività». T: «Da quando abbiamo iniziato a lavorare insieme, la scrittura è stata costante. Sono una persona che pensa che l’ispirazione arrivi mentre si lavora, quindi ho una routine quotidiana: vado in studio e cerco di trovare nuove idee. Credo che scrivere sia un processo che tutti noi apprezziamo nella band, abbiamo una buona alchimia tra noi e condividiamo gli stessi obiettivi e ispirazioni».

A cosa si riferisce il titolo “Surface Sound”? I: «Il titolo dell’album unisce le nostre vite urbane, è un suono che abbiamo creato essendo tutti legati dalla posizione geografica. Mi piace il fatto che suoni in modo opposto al nome della nostra band, mescolando le nostre timeline urbane e rurali. Stiamo coltivando il nostro sound e lo stiamo lentamente portando in superficie».

E come si è evoluto da “Folding Lines”? I: «Questo disco è forse più orientato alla dance e più ritmato di “Folding Lines”. Mantiene comunque un focus sulla melodia e sulla scrittura. Riteniamo sia importante cercare di scrivere canzoni di alto livello, ma anche renderle uniche. Pete Gleadall ha mixato la maggior parte dell’album, è il direttore musicale dei Pet Shop Boys e ha sicuramente contribuito a plasmare il sound». T: «Era importante per noi creare qualcosa di diverso a livello sonoro».

Lo sentiamo nei singoli che avete pubblicato: “Loose Cut”, “Breaking out”, “Go to Ground” e “Shouldn’t Have Been This Way”. Perché li avete scelti, cosa ci raccontano di chi sono oggi i Sea Fever? I: «I singoli sono stati scelti come finestre sull’album, li abbiamo costruiti per suggerire ciò che sarebbe successo. Abbiamo firmato di recente con l’etichetta di Manchester Cosmic Glue e abbiamo lavorato insieme per pianificare i singoli. È stato fantastico avere un’influenza esterna dalla band, perché è difficile quando sei nel vivo dell’azione scegliere i brani, quindi collaborare con l’etichetta è stato davvero utile. Penso che abbiamo fatto un buon lavoro». T: «Abbiamo pensato che tutti mostrassero la nuova direzione del nostro sound. In ogni caso, cerchiamo di scrivere ogni canzone come se fosse un singolo».

Curiosità: come avete scelto il nome Sea Fever? I: «È una poesia di John Masefield, una poesia bellissima e per me crea molte immagini e visioni. Abbiamo pensato che ci si adattasse perfettamente, è anche un titolo che suona molto musicale e da gruppo. Un altro motivo è che abbiamo tutti un legame con il mare, la maggior parte di noi è cresciuta sulla costa».

E tutti provenite da band importanti. Recentemente avete pubblicato su Spotify una playlist di brani dei gruppi a cui siete strettamente legati: quanto di queste esperienze tendete a trasferire in questo progetto o quanto desiderate che rimanga una sorta di spazio vergine in cui creare nuova musica? I: «Moltissimo, questo è il bello della musica e dell’essere musicista: suonare con altri musicisti. Si impara sempre qualcosa e questa crescita può essere riversata nella propria musica. Non si impara solo la musica, ma anche lezioni di vita e la correzione di errori commessi in tour, durante la promozione, la registrazione e così via. Inizialmente era uno spazio vuoto che ci ha dato libertà, cosa che abbiamo trovato importante, ma questo album parla più di progressione ed esperienza».

Il 18 maggio sarà il 45° anniversario della scomparsa di Ian Curtis. Tom, che ricordo porti con te di Ian e, come New Order, farete qualcosa di particolare per questo triste anniversario? T: «Rendiamo sempre omaggio a Ian quando suoniamo le canzoni dei Joy Division ai concerti dei New Order. A maggio suoneremo due concerti negli Stati Uniti e sono sicuro che Ian sarà nei pensieri di tutti anche quel giorno».

Quest’anno è anche il 42° anniversario dell’album dei New Order “Power, Corruption & Lies”… è così attuale! Tom, tu sei entrato nella band più tardi, ma cosa significa quell’album per te oggi? T: «Adoro quell’album, penso che rappresenti i New Order che si stanno affermando come autori. È autoprodotto e mette davvero in mostra il talento del gruppo. È un album orientato alla dance e si discosta notevolmente dal loro stile musicale precedente. Ricordo che Bernard mi raccontò di essere stato in un club di New York nei primi anni Ottanta a guardare la gente ballare e di aver pensato: “Non sarebbe fantastico se la gente ballasse con la nostra musica?”».

Al momento i New Order sono in tour, ma che progetti avete per il futuro prossimo? T: «I New Order non fanno mai grandi progetti con troppo anticipo, quindi al momento non c’è niente in calendario dopo le date negli Stati Uniti a maggio, ma non si sa mai».

Vi vedremo dal vivo in Italia? T: «I Sea Fever vorrebbero tanto venire a suonare in Italia. Phil Cunningham e io abbiamo fatto un tour in Italia nel 2019 con un’altra band chiamata Shadowparty e ci è piaciuto tantissimo, è probabilmente uno dei nostri tour preferiti con quella band. La gente è stata fantastica, il cibo era fantastico, amiamo l’Italia e vogliamo tornare con i Sea Fever e suonare altri concerti».