Editoriali
Nameless 2025: le emozioni post Festival

La magia del Nameless si è appena spenta, lasciando nell’aria il retrogusto dolce dell’adrenalina e il ricordo vibrante di un’esperienza che, ancora una volta, ha saputo superare le aspettative.
Armin, la mia stella polare
Non posso iniziare questo racconto se non dal mio personalissimo faro, la figura che più di ogni altra incarna l’essenza della musica elettronica per me: Armin van Buuren. Non è solo un DJ, è un vero e proprio architetto delle emozioni, un maestro in grado di tessere trame sonore che ti avvolgono l’anima. Ogni singola nota che scaturiva dalle sue mani era un colpo al petto, un’onda che mi travolgeva e mi restituiva più vivo di prima. Ho ballato, ho saltato, ho urlato, ho chiuso gli occhi e mi sono lasciato trasportare in quel viaggio cosmico che solo lui sa orchestrare. E quando il suo set è giunto al termine, è sceso un silenzio quasi reverenziale. La sua presenza al Nameless è, ogni volta, un appuntamento imperdibile con la vera essenza della musica.
Logistica e percorsi: un margine di miglioramento
Parliamo ora di un aspetto che, sebbene sia stato gestito con grande impegno, ha presentato qualche sfida: la logistica dei parcheggi. Comprendo la complessità di gestire una tale mole di persone e veicoli. Tuttavia, percorrere due chilometri a piedi per raggiungere la propria auto, dopo ore di balli sfrenati e decibel a volontà, può risultare faticoso. Non è solo la stanchezza, ma la sensazione di dover affrontare un percorso non indifferente dopo un’intensa giornata di festival. Sebbene il sistema di navette gratuite sia un lodevole sforzo, l’efficienza nel smaltire il flusso di persone potrebbe essere ulteriormente ottimizzata. Si parla di una macchina organizzativa “ben oliata”, e sono certo che per le prossime edizioni, specialmente con il ritorno a Lecco, si potranno trovare soluzioni ancora più confortevoli per tutti i partecipanti.
Un minestrone di generi: il fascino contorto del Nameless Festival
La line-up del Nameless Festival è sempre stata un mix affascinante e, a volte, sorprendente. Dalle sonorità più pure di house e techno, con nomi del calibro di David Morales e Stella Bossi, si passa al rap più crudo di Kid Yugi e Nerissima Serpe, fino all’eclettismo provocatorio di Tommy Cash, l’artista estone capace di lasciare il segno con la sua presenza unica. Per poi ritrovarsi catapultati nel pop energico dei Chainsmokers o nell’elettronica raffinata di Martin Garrix. È un minestrone musicale, un melting pot di generi che, se da un lato può a volte disorientare per la sua varietà, dall’altro rappresenta proprio la sua forza e unicità. Il Nameless è famoso anche per questo: per essere il luogo dove generi diversi convivono e creano un’esperienza a 360 gradi. Forse un po’ più di selezione non guasterebbe, ma è anche vero che è questo caos creativo a renderlo “il Nameless”. E qui ballano tutti davvero! Oltre 90 mila persone.
Uno sguardo al futuro: il Nameless raddoppia
E ora, il silenzio post-festival. Il Nameless Festival 2025 si è concluso, lasciandoci addosso la consapevolezza di aver vissuto qualcosa di grande, nonostante le piccole sfide logistiche. Ma lo sguardo è già proiettato al futuro. L’annuncio della doppia edizione 2026, con il ritorno “a casa” a Lecco, nella zona del Bione, e una suggestiva winter edition a Barzio, accende la speranza di un’evoluzione continua. Lecco, il luogo dove tutto è nato, promette una nuova fase, forse con una logistica ancor più affinata e una maggiore integrazione con il territorio. La winter edition a Barzio è una prospettiva intrigante, un’idea che potrebbe aprire nuove opportunità per il festival.
Il Nameless è un festival che cresce, un’entità in continua evoluzione. Ha le sue particolarità, le sue sfide, ma è un’esperienza che vale la pena vivere. E per quanto mi riguarda, il richiamo di Armin van Buuren sarà sempre troppo forte per non rispondere presente. Arrivederci al 2026, Nameless Festival!