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Editoriali

Dua Lipa agli I-Days: il mio amore segreto

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Dua Lipa - ph. I-Days

Come una rockstar mancata si è arreso al fascino irresistibile di una Popstar

Chi mi conosce lo sa: il mio cuore batte a ritmo di riff distorti, di sudore sui palchi fumosi e di quel rumore assordante che solo un amplificatore spinto al limite sa regalare. Sono, in fondo, una rockstar mancata, un reduce di epoche musicali in cui più eri sguaiato, più eri credibile. Ma la vita, si sa, è una chitarra che ogni tanto accorda nuove corde. E così, proprio io, sono qui a confessarvi il mio amore segreto (ora neanche troppo) per Dua Lipa. Sì, avete letto bene. Chi l’avrebbe detto che un giorno avrei ammesso di conoscere tutte le coreografie. No, non è vero, questo è eccessivo.

Ho deciso pochi giorni fa, stavo per annegare nella solita pigrizia casalinga, o, peggio, nel grigiore dei minuscoli club che ormai mi conoscono a memoria, un’illuminazione: “Now or never!”. Se non vado a vedere Dua Lipa a Milano adesso, quando diavolo ci vado? Il pensiero di ballare, e sia chiaro, non certo salsa, mi ha folgorato. Scarpe allacciate, si parte!

Dua Lipa - ph. I-Days

Sotto il sole, sotto il sole… di Milano

Arrivato agli I-Days, un caldo micidiale mi ha subito ricordato il mio eterno conflitto col sole. Mi sono piazzato all’ombra per ore, ma il collo, inesorabile, già si tingeva di un rosso acceso da turista norvegese. Pazienza, l’aria era vibrante. Peccato che la vibrazione, in termini di movimento corporeo, sembrasse aver contagiato solo me e un paio di giovanissime fanciulle al mio fianco. Dua Lipa si scatenava sul palco con una grazia e un’energia da far invidia a un uragano, ma la folla… ah, la folla sembrava un po’ imbalsamata. Nemmeno il mio grido, un liberatorio “Dai cazzooo, balla!“, ha smosso un’anima. Io e le mie giovani compagne di ballo sembravamo gli unici reduci di un party catapultati in una riunione condominiale. Ci siamo divertiti lo stesso. Unica nota stonata? La mancanza di fontanelle, il costo esorbitante delle bevande e quella terrificante invenzione dei token.

Eppure, nonostante l’inerzia altrui, quel concerto è stato un vero e proprio trionfo personale. Dua Lipa è bella, è brava, è sexy. Le sue canzoni? Tutte hit, martellanti, appiccicose. Le conoscono anche i sassi, e pure il sottoscritto, che solitamente si nutre di sonorità ben più graffianti. La sua capacità di muoversi sul palco è ipnotica, una danza sensuale e potente. Certo, c’è chi sussurra che senza i suoi produttori geniali e la sua bellezza non avrebbe mai raggiunto tale successo. Be’, io dico che il pacchetto, ragazzi, il pacchetto funziona, eccome! C’è stato qualche piccolo problema audio, va detto: i decibel che scuotevano i miei timpani erano inferiori a quelli di un rullante malmesso in sala prove, ma l’energia… quella sì, era una distorsione pura. Signori, viva gli I-Days, perché questo, senza ombra di dubbio, è stato uno dei concerti più belli a cui ho assistito quest’anno.

Da Raffaella Carrà allo scettro del Pop: la regina incoronata

E poi, la zampata da regina, Dua Lipa che canta Raffaella Carrà! “A far l’amore comincia tu” con tanto di coreografia e quel movimento di testa in giù iconico. Un omaggio geniale che ha stregato i quasi 70.000 spettatori presenti. La popstar britannica, nonostante la giovane età, ha già dettato legge su come si fa spettacolo sul palco: con sensualità, ma anche con un pizzico di ironia che la rende irresistibile. Lo scettro del pop è saldamente nelle sue mani, e a quasi trent’anni (li compirà ad agosto), non ha alcuna intenzione di mollarlo.

Dua Lipa ha ricordato con emozione la sua primissima volta in Italia, al Tunnel Club (locale di cui ho già parlato qui), davanti a circa cento anime. Da quelle pochissime persone ha fatto molta strada. Un percorso incredibile, fatto di talento cristallino, carisma da vendere e quella capacità innata di entrare in sintonia con il pubblico, persino scendendo tra le prime file per firmare autografi e scattare selfie. Non c’è stata l’algida, distaccata perfezione di altre dive, ma una grandeur accessibile, calda, quasi intima. Lo show è stato impeccabile, con coreografie studiate, cambi d’abito che sembravano opere d’arte e un uso sapiente di effetti speciali e fuochi d’artificio. Ma la vera magia, quella che ti entra dentro e ti fa muovere anche se sei un rocker impenitente, quella la fa solo lei.

E così, sono tornato a casa alle tre del mattino, il collo arrossato dal sole milanese ma il cuore leggero, un po’ più fan di prima. E chissà, magari la prossima volta, qualcuno si deciderà a ballare con me. O forse, semplicemente, mi godrò il mio amore per Dua Lipa, ormai svelato e senza più segreti. Però non ditelo in giro, il mio vinile di Led Zeppelin potrebbe non perdonarmi mai.

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Paolo Pala