The Heavy Countdown #33: Alpha Wolf, Decapitated, Silverstein, Integrity

Alpha Wolf – Mono
“Mono” potrebbe essere un concept album sulla solitudine e sulla depressione, dipinte con tratti crudi e taglienti, a suon di metalcore sporcato di nu metal. Il debutto degli australiani Alpha Wolf è un disco incattivito dalla schifo della vita, ma che quando meno te lo aspetti ti tira fuori la melodia killer (“Golden Fate: Gut Ache”), per poi continuare a tormentarsi a suon di atmosfere da film horror (“Epiphobia”). Da ascoltare assolutamente.

Dayseeker – Dreaming Is Sinking / Waking Is Rising
Esiste un ibrido tra Architects e Too Close Too Touch? La risposta è sì, e risponde al nome di Dayseeker. Il quintetto made in USA torna in pista con la sua fatica numero tre, “Dreaming Is Sinking / Waking Is Rising”, e mentre è vero che abbiamo già sentito una “Vultures” piuttosto che una “Desolate” un miliardo di volte, è altrettanto vero che, se le cose sono fatte con tutti i crismi come in questo caso, repetita iuvant.

The Sun Explodes – We Are Of These Walls
Prog metal bello fresco e senza troppi sbattimenti quello dei The Sun Explodes. “We Are Of These Walls” è un lavoro coinvolgente e fluido, energico e ben bilanciato, ed estremamente variegato, spaziando dalle melodie accattivanti, al djent, ai riff strutturati ma mai astrusi. E il bello e che in tutta questa sovrabbondanza, i Nostri riescono a mantenere una coerenza di fondo che rende questa release solida a sufficienza per rimanere nella mia library ancora a lungo.

Killset – S.T.F.U.
Da quando il nu metal è tornato di moda sono la donna più felice del mondo. Tra le “nu” entry del revival possiamo ascrivere i Killset con il loro nuovo di zecca “S.T.F.U.”. Ma a non convincermi del tutto è la doppia natura del quartetto statunitense: da un lato, sono divertenti e terapeutici quando fanno i tamarri, buttando in campo anche un pizzico di rapcore (“Killers in the Pit”), dall’altro invece, quando fanno i romanticoni (“Broken Angel”) sono credibili come il lupo cattivo vestito da nonna di Cappuccetto Rosso.

Decapitated – Anticult
I Decapitated sono una garanzia del death metal. E continueranno ad esserlo anche dopo l’ascolto di “Anticult”. Sebbene alcuni pezzi – tra i quali, manco a farlo apposta, proprio i singoli – siano leggermente più aperti alla melodia rispetto al passato (“Earth Scar” e “Never”), i fan della vecchia maniera non avranno nulla da temere, perché il resto del disco picchia davvero duro. Ma i Nostri, gradualmente e senza deludere nessuno, sembra che vogliano tastare il terreno per qualche novità futura. Staremo a vedere.

Silverstein – Dead Reflection
I Silverstein sono tutto ciò che ci si può aspettare da una band post-hardcore nella media. Infatti riescono a soppesare e miscelare sapientemente melodia ed energia, e si abbandonano spesso e volentieri al pop (vedi “Aquamarine”). Insomma, in una carriera ormai quasi ventennale e con otto dischi alle spalle, la formazione canadese continua a dire la sua cadendo a volte (inevitabilmente) nel banale, ma sfornando un lavoro gradevole e di buona fattura, anche se non stravolgente.

Decrepit Birth – Axis Mundi
Tornano dopo ben sette anni i Decrepit Birth, combo devastante e capace in pochi dischi di costruirsi seguito e credibilità nell’underground death metal. “Axis Mundi” dividerà i fan, grazie a un approccio meno intricato e più diretto e canonicamente brutal (canzoni come “Ebryogenesis” purtroppo sono episodi isolati questa volta) rispetto al passato. Un segnale di vita tuttavia, da un gruppo che era davvero interessantissimo e che ha forse perso il momento giusto per emergere. Vedremo quali saranno le loro prossime mosse (p.s.).

Integrity – Howling, for The Nightmare Shall Consume
Veterani attivi fin dagli ultimi anni ’80, gli Integrity hanno da sempre proposto un hardcore sporcato di thrash, ma ben lontano da band tipo i D.R.I., tanto per dirne una. Per Dwid Hellion e soci infatti è più divertente scavare nelle atmosfere dark e nel misticismo, come dimostra “Howling, for The Nightmare Shall Consume”. Ma ai Nostri piace anche gingillarsi con l’old school heavy metal alla Iron Maiden (“Die With Your Boots On”) e con le sonorità simil Metallica prima maniera (“Serpent of the Crossroads”).

Bad Sign – Live & Learn
Se i Bad Sign mantengono le promesse fatte con questo “Live & Learn” gliene saremo grati in eterno. Nel primo full-length, la band riesce a buttare in campo un ottimo vocalist con un’altrettanto interessante estensione vocale, un songwriting intelligente, melodie catchy e buoni riff. Ma siccome il panorama alternative è già (sovr)affollato, manca solo la ciliegina sulla torta: un pizzico di polso in più, di cui, sono sicura, i Bad Sign non difettano. Che stiano aspettando il secondo album per dimostrarcelo? Chi vivrà vedrà.

Rising Insane – Nation
Ancora prima di leggere la bio dei Rising Insane avevo capito che fossero tedeschi. Sì, perché i Nostri sono inquadratissimi. Il loro metalcore/post-hardcore è piuttosto incasellato negli stilemi del genere senza prendersi alcuna licenza poetica. Ma essendo “Nation” il debutto del quintetto, sono sicura che i Rising Insane avranno tempo e modo per farsi le ossa e smussare gli angoli. Bisogna vedere solo se ne avranno voglia.

Melvins – A Walk With Love and Death
I prolificissimi Melvins ritornano a un anno di distanza da “Basses Loaded” con il loro primo disco doppio, “A Walk With Love and Death”. La prima parte, “Death”, è il vero e proprio studio album che compone l’opera, e presenta il consueto stoner/sludge, spruzzato qua e là di punk (vedi “What’s Wrong With You?”). “Love” invece è la colonna sonora di un corto diretto da Jesse Nieminen. Per farla breve, un coacervo di sperimentazione avant-garde che metterebbe a dura prova la pazienza di un santo.

Origin – Unparalleled Universe
Brutto (non brutal, brutto proprio) tech-death per gli Origin, che ci fracassano i timpani con una proposta fin troppo precisa e il più delle volte meccanica e artificiosa. “Unparalleled Universe” è un susseguirsi continuo di virtuosismi fini a se stessi, con riff sparati alla velocità della luce e il martellare costante a mo’ di metronomo della batteria. Diciamo che è un disco di seghe, se mi passate il termine.