As I Lay Dying – Shaped By Fire
Il disco metalcore dell’anno. E il disco della redenzione. L’annuncio del ritorno sulle scene degli As I Lay Dying, i primi singoli centellinati, qualche live di rodaggio e tutto il contorno extra musicale (sapete bene cosa sia successo a Tim Lambesis) non hanno fatto altro che alimentare un’attesa spasmodica, che grazie a dio è stata onorata con un album all’altezza delle aspettative, grazie all’equilibrio davvero perfetto tra violenza e melodia (cosa che molte altre band si sognano). “Blinded” e “Take What’s Left” sono forse gli esempi più rappresentativi, ma “Shaped By Fire” è un lavoro che va fruito dall’inizio alla fine, per godere del suo crescendo.
White Ward – Love Exchange Failure
Ve li ricordate i White Ward? Proprio loro, quelli che mischiavano post-black metal con lounge jazz. Tranquilli quindi, il sassofono e il pianoforte ci sono sempre, così come lo screaming (vedi la title track), ma “Love Exchange Failure” sviluppa ancora meglio le idee del precedente “Futility Report” (2017), aggiungendo un tocco progressive che fa la differenza (“Shelter” e “Uncanny Delusions”). Fate pure storcere il naso ai puristi e immergetevi nelle atmosfere di questo album senza timore.
Cult of Luna – A Dawn to Fear
Che il post metal stia vivendo un periodo di grande fermento è un dato di fatto. E band come i Cult of Luna tornano più forti che mai per avvalorare ulteriormente questa tesi. Nonostante i quasi 20 anni di carriera alle spalle, i Nostri riescono a essere ancora rilevanti, e anzi, a settare lo standard alzando ancora una volta l’asticella. Estrapolare un singolo pezzo significativo da “A Dawn To Fear” è un’impresa impossibile. Quest’opera rappresenta un viaggio, un flusso unico, in cui nulla è quello che sembra, dimostrando ancora una volta che si può essere heavy e ariosi allo stesso tempo.
The Number Twelve Looks Like You – Wild Gods
I The Number Twelve Looks Like You sono fuori di testa, sul serio. È vero, gente tipo i Protest the Hero suonano questo genere da secoli ormai, ma “Wild Gods” è uno dei dischi più folli che vi capiterà di ascoltare nel 2019. Attorno al combo si è creato un alone di leggenda nel corso degli anni, complice anche un decennio di misterioso silenzio che ci ha finalmente consegnato questo quinto full-length in carriera. Tra mathcore, fusion e screamo i TNTLLY tirano fuori un lavoro di valore indiscutibile, in cui ogni singola componente (e ce ne sono tante) riesce a brillare grazie a una produzione cristallina (ascoltate “Of Fear”).
Kayo Dot – Blasphemy
Entrare nel mondo dei Kayo Dot è un po’ oltrepassare uno stargate, senza sapere che cosa ci possa aspettare dall’altra parte. Anche in “Blasphemy”, ogni brano è un mondo a se stante, rette parallele destinate a non incontrarsi mai, ma racchiuse nello stesso universo. Come da buona tradizione dei Nostri, anche in questa ultima fatica c’è davvero di tutto, che sia post-metal, post-rock, post-wave, divagazioni progressive e addirittura una buona dose di autotune (vedi la assurda “An Eye For a Lie”). Da ascoltare a mente completamente sgombra.