Partendo dal presupposto che non potrà mai esistere qualcosa di più temibile di “The Black” (disco degli Asking Alexandria risalente all’anno scorso, ricordato solo per il disperato tentativo di lasciarsi Danny Worsnop alle spalle), l’ultima omonima fatica della band di York è quasi un bel disco. Ma preso singolarmente, “AA” è un’opera destinata a lasciare il segno esattamente come una sorsata di acqua fresca. Ok, è tornato il sopracitato Worsnop e ne siamo tutti felicissimi. Con il suo timbro ormai sempre più maturo e l’esperienza raccolta nei suoi side-project, il vocalist è un enorme punto a favore del successo del nuovo lavoro dei Nostri. Ma, purtroppo è anche l’unico.
A quanto pare, la fretta di buttare fuori un disco poco dopo il rientro dello storico frontman è stata cattiva consigliera. Sono certa che se Worsnop, Bruce e tutti gli altri si fossero messi a tavolino a parlarne con calma il risultato sarebbe stato nettamente migliore, e di certo, se l’hanno fatto non si sono capiti bene. Fatto sta che gli Asking Alexandria, gruppo storicamente derivativo, continua a esserlo (vedi il singolo “Into the Fire”, che deve tantissimo ai Bring Me The Horizon, o le auto-citazioni di “Rise Up”), e i palesi tentativi di differenziarsi dalla massa, proponendo pezzi acustici (“Vultures”) passando poi un momento dopo al rapcore (“Empire”), a un primo ascolto, non aiutano a comprendere la direzione che la band ha in testa di prendere.
Ma la produzione scintillante, in cui la confezione è molto migliore del contenuto, e pezzi come “Alone In a Room”, o il ritornello di “Hopelessly Hopeful”, lasciano intendere che sia la deriva “pop” (dopo quella hard rock accarezzata in “From Death to Destiny” e presente a sprazzi anche in “AA”) quella più probabile per la formazione capitanata da Worsnop, ma sembra che manchi il coraggio per lanciarsi veramente, trovandosi tutt’ora ancorati a un passato troppo difficile da dimenticare (e rinnegare).
Ricordo che quando è uscito “The Black”, ero molto perplessa e preoccupata per il futuro dei Nostri. In effetti, nonostante Denis Stoff avesse la stoffa (scusate il gioco di parole) per funzionare in un gruppo metalcore basato tutto sull’apparenza, gli Asking Alexandria non avrebbero potuto fare molta strada senza il vocalist originario. Prendiamo quindi “AA” come un album di passaggio, dato in pasto al mercato troppo in fretta, per battere il ferro quando ancora è caldo, ma piuttosto confuso e con poca identità. Sarà il tempo a mostrare al quintetto britannico il percorso da intraprendere, e a dar loro il fegato di incidere un album davvero “pop”. Di sicuro, per ora il fatto positivo è che durante i live non saremo più costretti ad ascoltare qualcun altro cantare sulle basi di Worsnop.