The Heavy Countdown #104: Counterparts, Voyager, Jinjer, Stray from the Path

Counterparts – Nothing Left to Love
Fin dalla copertina e dal titolo del sesto lavoro dei Counterparts si può presagire che l’aria sarà molto pesante. Vero. Ma la formazione, pur nel clima di malessere e depressione generale, è in grado in qualche modo di innestare il germoglio dell’ottimismo. E come riuscirà mai a farlo? Semplice, con melodie catchy e rassicuranti, se prese nel contesto globale (“Ocean of Another”), accostate a breakdown furiosi (“The Hands That Used To Hold Me”) e a un tocco personale sempre più marcato, confermandosi tra le realtà più interessanti del melodic hardcore contemporaneo.

Voyager – Colours in the Sun
Già un paio di anni fa avevamo ascoltato e apprezzato “Ghost Mile” dei Voyager, per questo la notizia del settimo album del quintetto australiano è stata più che piacevole. “Colours in the Sun” per fortuna rimane fedele alle aspettative, confermando l’abilità dei Nostri nel riuscire ad essere moderni e vintage, aggressivi e ballabili, pop, prog e djent allo stesso tempo, irresistibili nelle vibrazioni ‘80s che l’ampio utilizzo dei synth (e il particolarissimo timbro del vocalist Danny Estrin) riesce a trasmettere (da ascoltare assolutamente “Colours” e “Runaway”). La chicca per gli amanti del prog contemporaneo è il cameo di Einar Solberg dei Leprous in “Entropy”.

Jinjer – Macro
Dopo la fama guadagnata con “Cloud Factory” e il recente EP “Micro”, l’attesa per il terzo album dei Jinjer era davvero alle stelle. Ma al netto dell’effetto sorpresa che ormai, per forza di cose, non ha più senso di esistere, “Macro” cementa una volta per tutte la posizione degli ucraini nel metallo di oggi. Iniziando dal loro trademark riconoscibilissimo nella opener “On the Top”, fino alle sperimentazioni reggae (“Judgement (& Punishment)”) e agli inserti jazz (“Home Back”), e alle spinte sull’acceleratore da “Pausing Death” in poi, oltre ai continui richiami a “Micro” (e alla voce sovrannaturale della Shmaylyuk), sembra proprio che la strada per i Jinjer sia del tutto spianata.

Stray from the Path – Internal Atomics
Il nono full-length degli Stray from the Path dopo l’exploit di “Only Death Is Real” (2017) arriva in un momento molto delicato della carriera della band. Se quindi il lavoro precedente era un’opera di denuncia, “Internal Atomics”, pur senza proporre nulla di nuovo a livello di sonorità, è il conseguente invito a riunirsi e combattere quei “mostri”, che possono essere dentro la nostra testa (ansia, depressione) o fuori (politici corrotti). La vena melodica presente nell’hardcore punk dei Nostri è perciò indispensabile per convogliare messaggi molto delicati (citiamo solo quel “fire walk with me” presente in “Fortune Teller”, tra l’altro citazione cinematografica sempre efficace, e il featuring di Brendan Murphy dei Counterparts in “Kickback”).

Fire From the Gods – American Sun
Proprio come nel precedente “Narrative Retold” (2017), i perni attorno ai quali ruota la proposta dei Fire From the Gods sono il talentuoso vocalist AJ Channer e i testi ultra-politicizzati. Ricetta vincente non si cambia quindi, per cui tra rapcore infarcito di tanto hip-hop e anche un po’ di reggae (prendete “They Don’t Like It”, che è pure un sentito omaggio al nu-metal con tanto di comparsata di Sonny Sandoval dei P.O.D.), e seppure con qualche gancio davvero perfetto (“Truth To The Weak (Not Built To Collapse”) e “Right Now”), la formula dei FFTG si ripete stancamente per tutto il disco, con tanta piacevolezza ma pochi sobbalzi.