Dischi metal, hard rock e alternative 2015: 25 album di cui non siamo riusciti a parlarvi in tempo

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Fosse per noi, parleremmo di dischi metal, hard rock e alternative tutto il tempo. Ma visto che non è così, ci ritroviamo nuovamente in un riepilogone di album usciti nell’anno che sta per concludersi. Di seguito un po’ di titoli belli, alcuni insipidi e altri decisamente trascurabili. Il fatto che solo alcuni abbiano il player, dovrebbe già farvi capire quali siano effettivamente i lavori che meritano più di dieci minuti… A voi! (J.C., P.S., F.A.)

TOP
Sunpocrisy – Eyegasm – Un’altra band italiana che spacca. Con il nuovo disco, i bresciani puntano a farsi ascoltare in ogni dove, grazie a una proposta post-metal, progressive, ai limiti dell’avant-garde, che davvero non ha nulla da invidiare ad altri blasonati act internazionali. Unico dubbio sulla produzione. In un momento in cui tutto viene enfatizzato e sparato a volumi disumani, quella batteria potrebbe essere troppo innocua per stupire chi sta al di là dell’Oceano. Facezie, in un lavoro davvero eccezionale, dove creatività e arte convivono in modo quasi conturbante.

TANTA ROBA
Skindred – Volume – Sesto (!) disco per una delle band più sottovalutate dell’era moderna. I Gallesi arrivano al sesto album con la solita pacca di sempre, ovvero mischione irresistibile di alternative/nu, metallo, reggae, ganja e tante cose che sono oramai fuori dal tempo. Ciò non significa che si goda parecchio ad avere più di 30 anni e ad ascoltarsi un lavoro dal groove assassino suonato da gente che sa fare dannatamente bene il proprio mestiere. Dategli una chance.

Die Krupps – V – Metal Machine Music – Tornano col nono (doppio) album i Die Krupps, tra le formazioni industrial più longeve di sempre. Per chi non riesce più ad attendere il ritorno dei Rammstein, questa potrebbe essere la soluzione migliore per ingannare l’attesa (altro che l’aborto [ops] solista di Lindemann).

Thundermother – Road Fever – Un po’ di figa qua? Introduzione scontatissima a parte, di sicuro c’è il rocckone che fa godere chi a 40 anni si mette ancora il chiodo con le toppone e definirà l’album del quintetto svedese come disco dell’anno o simile. Pregiudizi a parte, l’album è mega vintage e scorre che è un piacere.

Bliksem – Gruesome Masterpiece – Metallo classico (a volte speed/thrash) con una tipa dietro al microfono che sa davvero il fatto suo. Il nuovo Bliksem è tutto qui, la band olandese spazza via petardate di release nostalgiche tutte identiche e incide un lavoro mega anni ottanta con una personalità notevole. Da provare.

Red Sun Rising – Polyester Zeal – I ragazzi dell’Ohio ci hanno impiegato migliaia di anni ad arrivare alle orecchie di qualche persona in più. Ce la fanno finalmente nel 2015, grazie alla Razor & Tie. Amnesia e The Otherside (tanto Cantrell qui) sono perfette per chi ama un certo tipo di alternative e di hard rock. Ascoltateli in ogni modo possibile perchè meritano.

Heart Of A Coward – Deliverance – Lavoro abbastanza strano. Metalcore standard e oramai fuori dal tempo (eccezion fatta per la titletrack), che si trasforma decisamente nelle due mini-suite Turmoil e Skeletal. Wolves fa clamorosamente il suo dovere (ma aprire il disco con questa no?), tanto quanto The Weak Inherit The Earth. Skeletal I invece sembra Before I Forget in dispari: un chugga-chugga che evolve in una linea vocale alternative e in una struttura che sorprende fino alla conclusione della successiva Arise. Un disco a due facce: troppo muscolare e prevedibile la prima, interessante e avvolgente la seconda. Auguriamoci che gli HOAC seguano quest’ultima strada per il futuro…

Def Leppard – s/t – Sono ancora cazzuti i Leppard. Inutile utilizzare i soliti toni per l’ennesimo disco di chi la storia del rock l’ha già scritta e ora sta vivendo di rendita. A questo giro, per il loro undicesimo studio album, Joe Elliott e compagni non sono andati per il sottile, pestando duro come non facevano da tempo. Classe e ancora voglia di spaccare. Daje.

Vanden Plas – Chronicles of the Immortals: Netherworld II (Path One&Two) – Non sono mai stati scontati i Vanden Plas. Una delle migliori band underground della scena progressive metal europea, arriva a realizzare quello che è con ogni probabilità il progetto più ambizioso della propria carriera. In due anni, il gruppo guidato dallo strepitoso Andy Kuntz, pubblica un’epopea divisa in altrettanti capitoli, ispirata a Die Chronik der Unsterblichen di Wolfgang Hohlbein. Per chi è appassionato di queste sonorità, sarà difficile trovare qualcosa di meglio da ascoltare. Band superiore.

Malevolent Creation – Dead Man’s Path – Dodici dischi di violenza e di determinatissimo death metal. La creatura di Phil Fasciana non arretra di un millimetro anche in questa nuova release, offrendo una manciata di brani in cui, oltre alla solita velocità d’esecuzione, non mancano momenti più riflessivi e lugubri, come la titletrack posta in apertura. La produzione invero non è il massimo, bilanciata ma non così impattante come sarebbe stato lecito aspettarsi. Album di valore, gradevole ma che aggiunge poco alla carriera di una band già ultra-affermata.

From Ashes To New – Downfall EP – Il disco intero uscirà nel 2016 ma l’hype che circonda i ragazzi è notevole. Fondamentalmente siamo di fronte all’ennesimo act che mischia modern rock e strofe rappate. Gli Hollywood Undead insegnano, senza andare a scomodare i Linkin di Meteora. L’EP è godibile, a patto che non vi aspettiate nulla di diverso da impatto frontale e cose già sentite molte altre volte. Teniamoli d’occhio.

Intervals – The Shape Of Colour – I canadesoni si divertono nel rilasciare un lungo disco strumentale, sconfessando apparentemente quanto fatto lo scorso quando uscì “A Voice Within”. Il risultato è ovviamente roba per palati allenati alle sonorità progressive metalcore, per questi tuttavia si tratterà di una serie di zuccherini assoluti, roba da gustare con calma. Per tutti gli altri potrebbe essere una rottura di palle, ma è un problema degli altri appunto…

Scale The Summit – V – E’ un gran piacere ritrovare gli Scale The Summit alle prese con il loro disco più pesante. La perizia esecutiva dei ragazzi è fuori discussione e testata già da tempo. Se qualcuno pensava che i Nostri stessero progressivamente mollando le sonorità più dure si sbagliava di grosso! Manna del cielo per i patiti dei tecnicismi e delle cose suonate da dio. Peste per gli altri di cui sopra…

SE PROPRIO AVETE TEMPO…
Fit For An Autopsy – Absolute Hope Absolute Hell – Pare che davvero il deathcore abbia rotto il cazzo anche a chi suona deathcore. I Nostri scaricano le solite macignate ribassate, tuttavia in Ghosts In The River e Hollow Shell provano a spostare vagamente il baricentro verso qualcosa che sappia di Gojira. Più Swing The Axe, meno Wither e Saltwound.

Like Moths to Flames – The Dying Things We Live For – Continua l’entusiasmante rassegna nel mondo di “Il metalcore ha rotto il cazzo anche alle band metalcore stesse”. I Nostri virano su aperture melodiche forzate che non lasciano alcun segno nell’ascoltatore. Siamo in piena zona Miss May I, quindi buonissimo ascolto per chi ha 15 anni. Ma poi finisce lì. Da sottolineare positivamente la produzione, che mette in risalto un afflato nu metal (sentitevi le chitarre e il basso) che mai ci saremmo aspettati di sentire su un platter simile.

Teramaze – Her Halo – Non so perchè ma ero preso bene da quest’uscita. Ne parlavano tutti come fosse l’epifania che aspettavamo da anni insomma. Invece questo è un disco estremamente piacevole ma che non aggiunge nulla a quanto già mostrato dalla scena progressive metal in questo decennio. Insomma, tanta roba per fan di Theater o Pain Of Salvation che dir si voglia, ma nulla che rimarrà impresso nel lungo periodo. Peccato, perchè qui le potenzialità ci sono tutte…

Enshine – Singularity – Un po’ di depressione invernale e tanta roba per i fan di Katatonia e degli Anathema. Doom e un po’ di death melodico per un’uscita consigliata soprattutto a chi mastica anche Agalloch e depressive alla Rapture. Non per tutti. Ma in certi casi è una cosa voluta (e appropriata).

Failure – The Heart Is A Monster – Un nome una garanzia, si potrebbe dire. Attivi nei Novanta in piena era grunge, non sono mai riusciti a raggiungere il successo. La reunion e il crowd-funding per realizzare questo quarto disco, fanno subito pensare a una celebrazione nostalgica e datata. E in effetti è così. Ma non è affatto male. Feticcio e riferimento per una band come i Tool, i Failure riescono a lasciare un (ultimo?) segno in un panorama discografico non particolarmente avvezzo oggigiorno ad alternative, space e rock di altre ere.

MA ANCHE NO
Gama Bomb – Untouchable Glory – Corriamo e divertiamoci. Un po’ degli Anthrax/Nuclear Assault fuori dal tempo i Gama Bomb, rispettabili per la dedizione a un certo tipo di thrash oramai defunto. Godibili per carità, ma la loro effettiva utilità all’esterno di una serata di disperati in qualche pub metallaro (ne esistono ancora?) è davvero dubbia. Buoni per aprire i festival che iniziano alle 15, per il resto derivativi e completamente innocui.

I Legion – Pleiona – Quando ero più sbarbino, prendevo per il culo i Soilwork chiamandoli Solawork. Non ricordo bene la motivazione per l’astio rivolto al buon Bjorn Strid e compagni, forse un paio di concerti in cui avevan fatto schifio, sicuramente dischi osannati dai più e in realtà vuoti e affatto ispirati rispetto alla forte concorrenza dell’epoca. Ma dopo tutto ognuno ha i propri gusti. Ora Strid viene coinvolto in questo progettone del chitarraio Frederic Riverin, dove in copertina domina una tettona. Dentro ci son featuring come se piovesse, metalcore e metallo classico unito in queste robe che non vanno mai da nessuna parte, se non nelle discografie di metallaroni incalliti fermi a quindici anni fa.

Sevendust – Kill The Flaw – Suono iper compresso e pochissimi ritornelli memorabili. Undici dischi e un nome affermato che ha prodotto almeno un paio di dischi indiscutibili. Ma oramai l’ispirazione sembra davvero finita.

New Years Day – Malevolence – Classico act americano che mixa modern rock e alternative. Il cantato di Ashley non è tuttavia abbastanza distinguibile per garantire ai Nostri una visibilità maggiore. Disco da aperitivo. Date uno spin a Relentless, Save Myself From Me e Defame Me se proprio vi va.

ZERO PROPRIO
Audiotopsy – Natural Causes – Due ex Mudvayne mettono in piedi un progetto nè carne nè pesce. La noia inarrestabile proprio. Perchè tutto ciò? Oramai vien da pensare che LD50 fu solo un caso…

For Today – Wake – Breakcore stantio. Fedeli alla linea fino alla morte per annoiamento. Ok c’è qualche linea melodica pulita e una tonnellata e mezza di groove ossessivo…ma che palle. Si salvano Bitter Roots e Determination, il resto è tutto già sentito in qualsiasi altro disco del genere (anche loro).

Pop Evil – Up – Seguendo da parecchio tempo le sorti della scena modern rock americana, mi sono domandato spesso perchè i Pop Evil siano riusciti in qualche modo ad arrivare anche in Europa, a differenza di act molto più validi. L’opener Footsteps è una delle cose peggiori mai sentite quest’anno, sfortunatamente col passare delle tracce i Pop Evil non riescono a risollevare le sorti di un songwriting eccessivamente piatto e rivolto solo all’airplay maggiormente commerciale e sfacciato. In Disarray, Vendetta e Lux sono forse i due unici brani degni di ascolto. Ma solo se avete davvero del gran tempo da perdere.

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