[Post – Metalcore] Zao – The Fear Is What Keeps Us Here (2006)


Cancer Eater – Physician Heal Thyself – Everything You Love Will Soon Fly Away – It’s Hard Not To Shake With A Gun In Your Mouth – Kingdom Of Thieves – Killing Time Til It’s Time To Die – There Is No Such Thing As Paranoia – Purdy Young Blondes With Lobotomy Eyes – My Love, My Love (We’ve Come Back From The Dead) – American Sheets On The Deathbed – A Last Time From Everything

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Prima considerazione: gli Zao sono tornati a fare quello che più compete loro, ossia picchiare duro, senza perdersi in inutili fronzoli e senza tentare improbabili ibridi sonori. “The Funeral Of God” era stato un esperimento coraggioso, questo è innegabile: ma cercando di utilizzare strutture più complesse e tortuose, il disco finiva per risultare troppo ostico e poco focalizzato, oscillando tra vecchio metalcore, death rallentato e improbabili spunti emo.
Il nuovo album rimette le cose a posto: snellito il songwriting e velocizzato il ritmo delle canzoni, “The Fear Is What Keeps Us Here” rappresenta un gradito ritorno all’urgenza e alla veemenza dei loro capolavori degli anni Novanta. La produzione di Steve Albini (un nome, una garanzia) fa ulteriormente risaltare la vivacità della sezione ritmica e l’abrasività dei riff di Scott Mellinger, unico chitarrista superstite dopo la dipartita di Russ Cogdell. Nonostante nelle recenti interviste i Nostri dicano apertamente di non considerarsi più una band cristiana, è ancora percepibile nella loro musica la visione irriducibilmente tragica che hanno del Cristianesimo: e proprio da questo profondo sentire spirituale scaturiscono dischi come il qui presente, segnati da violente dissonanze e da continue fratture che sfregiano il tessuto sonoro (cfr. “Everything You Love Will Soon Fly Away”, tra Converge e Coalesce), rappresentazioni di un’esistenza dominata dalla paura e dal senso della caducità di ogni affetto umano e di ogni possesso terreno. Pochissimi i cali di tensione lungo tutto il cd, grazie soprattutto al ritorno ad una concezione più diretta dei brani e ad una maggiore parsimonia di minutaggio (solo 38 minuti di durata, ideale per emissioni di questo tipo).
Li avevamo dati per spacciati troppo presto: questo album dimostra che gli Zao sono vivi e vegeti e con la voglia di annientare tutto, compresi i nostri pregiudizi.

S.M.

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