Holding Absence – Holding Absence
Dopo qualche singolo molto interessante e soprattutto uno split con i loro “fratelloni cattivi” (ovvero i Loathe), per gli Holding Absence è arrivato finalmente il momento di svelare l’omonimo debut album, che dipinge perfettamente il quadro attuale di un certo tipo di metalcore, quello contemporaneo di stampo britannico, permeato di elettronica e tanti sentimenti. E infatti, oltre a rilasciare un singolo (“Monochrome”) che si lascia canticchiare ancora prima di essere ascoltato, i Nostri danno il meglio di sé quando abbracciano senza vergogna il loro lato più “pop” (vedi “Marigold” e “A Godsend”).
The Royal – Deathwatch
Ricetta vincente non si cambia. I The Royal, arrivati al terzo disco in carriera con “Deathwatch”, proseguono sulla stessa strada del precedente “Seven” (2017). La nuova fatica degli olandesi sfodera quindi tutta l’artiglieria pesante, la stessa del passato, magari con qualche lucidata in più (vedi il featuring di Ryo Kinoshita dei Crystal Lake nella titletrack), che si traduce in un metalcore spaccone tutto corettoni e breakdown piazzati nel posto giusto al momento giusto. Niente di nuovo sotto il sole, ma avercene.
Browbeat – Remove the Control
L’hardcore (metal) può essere credibile non solo tra le strade di New York, ma anche di qualsiasi provincia italiana. Ce lo dimostrano i nostrani Browbeat con il loro “Remove the Control”, album che segna il ritorno sulle scene della band a più di dieci anni dallo scioglimento. Il nuovo lavoro della formazione di Modena se ne frega del tempo passato e fa di tutto per risultare il più demodé possibile, rispolverando quelle sonorità tanto care all’HC di fine anni ’90, ma trattando al tempo stesso temi sociali purtroppo molto attuali.
Stonewood – S/T
Nati nel 2014, gli italianissimi Stonewood, dopo un EP e qualche scossone in line-up, pubblicano il loro primo full-length, “S/T”. Da sempre ogni componente del quintetto romano ci ha messo del suo nel progetto, chiamando in causa grunge, stoner, hard rock e doom, ma è decisamente lo stoner alla Monster Magnet ad avere la meglio nel sound dei Nostri, anche se ogni tanto lo spirito grunge salta fuori, soprattutto nella voce di Vito Vetrano.
Ginkgo Dawn Shock – Inward Flare
Il secondo disco dei Ginkgo Dawn Shock si pone a metà strada tra progressive metal e prog rock, mettendo una quantità assurda di carne al fuoco. Da un lato, l’estrema varietà di “Inward Flare” è il maggior pregio dell’opera dei ragazzi di Molfetta, dall’altro invece, la miriade di influenze e rimandi (che vanno dai Tool agli Chevelle senza soluzione di continuità) rischiano di sviare l’attenzione dell’ascoltatore dal cuore dell’album, che risiede in pezzi più lineari come la conclusiva “No Summer In Ohio”.