Cosa dobbiamo aspettarci dal nuovo disco dei Korn?

I Korn stanno per tornare, manca pochissimo. “The Nothing”, tredicesimo album della band californiana, esce il 13 settembre 2019. L’anticipazione di ben tre canzoni segue un trend sempre più in voga negli ultimi anni di tenere all’amo gli ascoltatori in maniera serrata e insistente, al punto che all’uscita del disco rimane ben poco ancora di inascoltato. Alla bontà o meno e a quello che ci han detto questi tre brani arriveremo tra non molto.

Per adesso vorrei riflettere sull’evento di un’uscita di un nuovo lavoro dei Korn. Un evento non di certo esclusivo insomma, non sono i Tool. Tredici album in venticinque anni di carriera sono un numero molto buono, la band ne ha passate di tutte ma rimane longeva e tutto sommato in salute. Non sono nemmeno una formazione qualunque. Parliamo di coloro che hanno inventato o perlomeno portato alla ribalta il nu metal, prima con il successo poderoso del loro esordio omonimo del 1994, poi con l’istituzione del Family Values Tour nel 1998, festival che ha incubato decine di band alternative e nu metal. Deftones, Incubus, Drowning Pool, Staind, Stone Temple Pilots, Limp Bizkit e moltissimi altri si sono fatti le ossa sui palchi di questo enorme baraccone per andare poi ad affollare le classifiche di vendita, i palinsesti musicali di radio ed emittenti televisive con i loro video.

Ricordo il nu metal come un periodo felice, casinaro, pieno di colori e di personaggi al limite del grottesco quando non terrificante. Mudvayne, Coal Chamber, American Head Charge, gruppi che a vederli potevano facilmente regalarti sonni infestati da incubi. Ma quanto picchiavano, e che melodie. I loro video erano dei piccoli capolavori di racconto musicale e visivo, fucina di fantasia e ispirazione mai eguagliato. Il filone giusto al momento giusto, come è capitato con il grunge, e che di fatto lo ha sostituito quando è morto con i suoi eroi. L’impressione che mi ha dato il nu metal con il senno di poi, unito al suo cuginetto alternative post-grunge, è che il momento della musica di Seattle fosse finito a prescindere dalla morte di Kurt Cobain, dal ritiro dalle scene di Layne Staley, dallo scioglimento dei Soundgarden, dal cambio di rotta musicale dei Pearl Jam. Il pubblico era cambiato, i giovani erano cambiati. È pazzesco pensare a come sia evoluta la fascia di fruizione della musica in questi venti anni. Allora erano i giovani neo maggiorenni, o che non lo erano ancora per un pugno di anni, a infoltire il bacino di utenza di questa musica. Oggi sono ancora loro, ma non i ragazzi di adesso. Sono ancora proprio loro, gli ex ragazzi della fine degli anni ’90. Il nu metal dava voce a rabbia giovanile e a disagio sociale, insito nella società statunitense di fine secolo scorso. In Italia ci giungevano queste canzoni piene di energia metal ma anche di melodie radiofoniche, di inserti rap e infinite altre diavolerie. Le ascoltavamo perché ci facevano ballare, pogare, cantare.

Cosa possiamo chiedere oggi ad un genere depotenziato da una situazione sociale radicalmente cambiata, che ha come maggiori fruitori gli stessi giovani di una volta che nel frattempo sono cresciuti, hanno messo su famiglia e hanno perso quasi tutto di quella rabbia cristallina, che aveva dei chiari obiettivi che oscillavano tra la classe dirigente e un sistema parentale palesemente inadeguato a capire e risolvere i loro problemi? Questi elementi sono stati sostituiti da un amore malinconico che bene o male è rimasto, aiutato dalla mancanza in questi anni di un vero nuovo fenomeno musicale che riuscisse ad offuscare il ricordo del nu metal come quello del grunge. Se nel frattempo Ozzy prova a svecchiare la sua platea facendo un featuring con Post Malone, questi gruppi continuano a fare quello che sanno fare meglio. Gli stessi Korn fecero un buco nell’acqua con le collaborazioni con Skrillex e la dubstep (“The Path Of Totality”, 2011).

“The Nothing” arriva dopo il buono “The Paradigm Shift” e il molto buono “The Serenity Of Suffering”, in una scia quindi di entusiasmo e tutto sommato integro stato di salute generale. Stato di forma accettabile confermato dalle ultime uscite live in cui un Jonathan Davis un po’ in debito di ossigeno sfodera sempre e comunque prestazioni vocali di livello. “Can You Hear Me”, “You’ll Never Find Me” e “Cold” sono le tre anticipazioni del nuovo album e confermano questa tendenza del genere di cui i Korn sono tra i maggiori esponenti. Nostalgiche, un po’ stanche, un po’ sedute sulla consapevolezza di avere un pubblico che li segue da decadi e che ha bisogno di poche cose ma suonate bene. Senza shock, spiazzamenti. Dare i Korn ai fan dei Korn è la preoccupazione principale del gruppo e vedremo se questo sarà confermato da “The Nothing” nella sua interezza. La speranza è sempre la stessa in questi casi, sperare che l’uscita sia occasione di rivederli dalle nostre parti, il più possibile in salute, pronti a sentire le canzoni che li hanno resi grandi negli album che li hanno resi grandi. “Follow The Leader”, “Issues”. Gira che ti rigira, è sempre lì che il nostro cuore ritorna.