Losing Touch – Human – Spaceman – Joy Ride – A Dustland Fairytale – This Is Your Life – I Can’t Stay – Neon Tiger – The World We Live In – Goodnight, Travel Well
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I The Killers sono forse la più grande promessa del nuovo millennio. Prima il debutto di Hot Fuss (2004) che col suo sound un po’ indie rock, un po’ pop ha conquistato milioni di fans, poi il secondo Sam’s Town (2006), un altro grande successo ma che ha iniziato a dividere un po’ per la nuova direzione della band, con più morbidezza, poesia e sperimentazioni. Due ottimi album comunque ma che ci lasciavano un’imbarazzante scelta: preferire un disco con una metà piena di pezzi davvero indimenticabili e l’altra metà abbastanza soporifera (il primo) o un disco più maturo, più omogeneo ma con pochi pezzi che davvero spiccano (il secondo)?
E ora? Il terzo album è sempre critico…questi The Killers li vogliamo promuovere o bocciare? La verità è che li rimandiamo a Settembre.
Il nuovo Day & Age prosegue lo ‘spirito’ di Sam’s Town portando la band ad espandere ancora di più le proprie sonorità aggiungendo molte orchestrazioni, strumenti a fiato, percussioni, andando a creare un disco molto denso e non sempre immediato. Il guaio è proprio questo: lo sforzo compiuto dai ragazzi e lodevole ma sembra che abbiano concentrato tutte le loro energie nella creazione degli arrangiamenti, andandosi un po’ a dimenticare quel pizzico di magia graffiante che faceva sognare i ragazzini ai tempi di The O.C….e sembra che stiano dimenticando anche il rock.
C’è un inizio promettente con ‘Losing Touch’, poi già il primo singolo ‘Human’ con la sua anima molto dance può lasciare molti fans perplessi e il secondo singolo ‘Spaceman’ (il pezzo più rock del lotto) sembra chiudere la parte commerciale e appetibile del disco. Nel resto dell’album non mancano le sorprese: percussioni caraibiche in ‘Joy Ride’, la ballata ‘A Dustland Fairytale’, i cori quasi yodel di ‘This Is Your Life’, la lunga e lenta ‘Goodnight, Travel Well’ in chiusura. Solo che a volte tutte queste nuove idee sono davvero troppe, quasi spocchiose, e finisco per affogare le canzoni in sé.
Un album coraggioso e ricco di spunti, ma non sempre concentrato e continuo. Facile perdersi e annoiarsi quando c’è troppa roba al fuoco.
Marco Brambilla