Eddie, dove sei?

A pochi giorni dalla morte di Chris Cornell, il mondo della musica si è espresso nella quasi unanimità in messaggi di cordoglio per questa immensa perdita. Da tutte le zone conosciute della musica e del cinema, e non solo dal mondo del rock. Lo shock di questa tragedia ha ferito e sconvolto il cuore musicale di tutto il mondo, e la grandezza di questo uomo è testimoniata dal numero impressionante di artisti che devono alla figura di Cornell e alla musica di Soundgarden e Audioslave molto, un faro musicale e di ispirazione al quale dare giusto tributo.

In tutto questo marasma di emozioni scomposte e disordinate, come è normale che sia dopo un evento così traumatico, un silenzio fa più rumore di tutte gli altri pianti e urla di dolore. Se i Pearl Jam hanno postato una foto del rocker scomparso, il frontman e amico di una vita Eddie Vedder rimane in silenzio. Intendiamoci, nessuno è costretto ad esprimere un sentimento intimo e personale, ancor meno per mezzo social. Ma la questione è più complicata.

Eddie Vedder è da sempre l’amico più vicino a Cornell nel mondo del Grunge, hanno condiviso palchi e avventure, sono da sempre visti come due facce di una stessa medaglia. L’uno viveva della luce riflessa dell’altro. Cosa sarebbe Eddie senza Cornell? Nessuno può dirlo, ma molto probabilmente molto meno di quello che è oggi.

Mi piace ricordare un aneddoto del periodo dei Temple of the Dog. Cornell stava registrando il suo tributo capolavoro all’amico scomparso Andrew Wood, cantante dei Mother Love Bone. Un pezzo in particolare lo vedeva in difficoltà nel trovare le giuste armonie vocali. Un timido e impacciato Eddie, presente nello studio di Seattle dove stavano avvenendo le registrazioni, si fece avanti intimorito verso quello che già allora era una star affermata della scena Grunge, e si offrì di prestare la sua voce come ‘trampolino’ vocale sopra la quale Cornell avrebbe potuto trovare la tonalità giusta. La cosa funzionò e lo fece così bene che Eddie entrò di diritto nel gruppo e nell’album. Entrò nella storia. Il pezzo era “Hunger Strike” e tutti possiamo ascoltare come andò a finire.

Nella reunion dell’anno scorso dei Temple of the Dog per il venticinquennale dell’album, Eddie Vedder non apparve in nessuno degli show previsti, nemmeno nel doppio concerto nella casa del Grunge a Seattle. Già allora quell’assenza fece rumore, e con il senno di un oscuro poi la rottura tra i due artisti deve essere stata traumatica e incolmabile.

Se è vero che Vedder non ha mandato nessun messaggio personale ai famigliari (è addirittura padrino della figlia più grande di Cornell), la sua assenza al funerale farà molto male a chi credeva a quella favola del rock, di un’amicizia rimasta intatta negli anni e indomita alle leggi dell’industria musicale.

In questi giorni in cui tutto sembra perdere significato e magia, era questo che teneva insieme la passione di noi fan, che siamo in stato di shock da giorni e non riusciamo a farcene una ragione. Tra pochi giorni Vedder inizierà il tour che lo vedrà approdare anche in Italia, a Firenze e Taormina. E noi saremo lì senza magia, inebetiti da un trauma senza spiegazione. Se si limiterà ad eseguire un compitino, la magia del rock sarà spenta per sempre.

Eddie, la musica è responsabilità, oltre che ribalta e successo. Tu più di tutti hai la capacità comunicativa e empatica di arrivare ai nostri cuori e dirci che non è finita, che la musica continua. Che, nonostante tutto, we are still alive.