Secondo Festival di Sanremo per i Dear Jack, eppure qualcosa è cambiato. In primis, nuovo frontman, ma l’arrivo di Leiner è fatto ormai risaputo da tempo. La domanda su cosa avrebbe portato l’arrivo di una nuova voce all’interno della band, ha trovato finalmente risposta attraverso il disco “Mezzo respiro“, in uscita il 12 febbraio 2016. Un album che, personalmente, definisco di rottura. Prima di tutto, rottura dall’immagine dei Dear Jack come boy band, teen idol, e chi più ne ha più ne metta. I tempi cambiano, i Dear Jack sono cresciuti, responsabili di scelte, talvolta azzardate, eppure vincenti.
Come vi state preparando a questo secondo Sanremo?
Lorenzo: In procinto di partire per Sanremo abbiamo talmente tante cose da fare per fortuna, che non abbiamo ancora avuto modo di realizzare a pieno. Questa è una condizione che accade ricorrentemente e ci riteniamo fortunati a vedere che le cose girano in questo modo. Anche perché, quando c’è stata la fase di chiusura del percorso precedente, pensavamo che avremmo passato dei mesi fermi per cercare di capire in che modo riprendere in mano il nostro percorso. Invece, non ci siamo mai fermati, abbiamo continuato a lavorare moltissimo sino alla notizia del Festival. Il modo migliore per prepararci a Sanremo è il disco.
Avete deciso di presentare “Mezzo respiro” a Sanremo, un brano in cui compare anche la firma di Leiner. Possiamo dire che i Dear Jack, questa volta, ci mettono la faccia in toto?
Lorenzo: “Mezzo respiro” ha acquistato un significato particolare per noi. Quando abbiamo incontrato Leiner la prima volta, la prova del nove per noi è stata passare moltissimo tempo con lui in sala prove. Lì, abbiamo suonato e fatto un po’ di blues, poi Leiner si è messo al piano e ci ha fatto sentire “Mezzo respiro”, un brano che, è giusto specificare, oltre alla firma di Leiner porta anche quella di altri 3 autori che hanno lavorato con lui. L’abbiamo subito accompagnato, trovandoci ancora empaticamente in una formazione vincente. Portare quel brano a Sanremo vuol dire portare il primo brano che ci ha fatto sentire nuovamente uniti. E’ stata quasi una magia.
Alessandro: Il tema che affronta il brano, inoltre, rispecchia ciò che viviamo, il nostro modo di vedere le cose, di affrontare il domani, di iniziare nuovi percorsi prendendo solo il meglio di ciò che è stato.
Parliamo della cover. Da parte vostra, non mi sarei mai aspettata una scelta così azzardata come “Un bacio a mezzanotte”.
Lorenzo: Forse per noi è arrivato il momento di fare delle scelte azzardate e di metterci la faccia, nelle scelte che facciamo. Osare, rischiare, metterci alla prova ci regala adrenalina e ci piace. Non siamo persone a cui piace fare la cosa più semplice perché conviene farlo. In realtà, nella scelta della cover grande merito va a Lorenzo Suraci. Sinceramente, all’inizio non capivamo perché Lorenzo ci proponesse questo brano, eppure abbiamo trovato una soluzione ritmica che si incastra con tutto il resto. L’anno scorso avevamo portato “Io che amo solo te”.
L’anno scorso l’avevate stravolto.
Essendo una band, per noi è fondamentale rivisitare il brano per dargli un suono nuovo. L’anno scorso avevamo scelto un brano travolgente, intimista, emotivo. Quest’anno, invece, abbiamo deciso di fare esattamente l’opposto. Vogliamo proporre un brano che dia respiro e vita allo show, all’intrattenimento e allo spettacolo, puntando anche sulla leggerezza. Abbiamo coinvolto l’orchestra in modo particolare.
Il 12 febbraio uscirà “Mezzo respiro”. E’ un disco di rottura?
No, è un’evoluzione ma non una rottura.
Te lo chiedo perché c’è un’apertura maggiore a quello che ormai viene definito un suono più internazionale e si percepisce la vostra voglia di mettervi in gioco. Mi viene in mente “La storia infinita” e il suo suono arioso, ma anche il fraseggio veloce, quasi rap, di “Amore e veleno”.
Lorenzo: Il disco è il risultato di un lavoro lunghissimo, seppur fatto in breve tempo. Stavamo tra Sangiminiano dal nostro produttore Diego Calvetti e Borgo San Lorenzo da Pio Stefanini, che è il responsabile della maggior evoluzione sonora. A Borgo San Lorenzo c’è un’atmosfera mistica, si lavora ad orari assurdi in un posto disperso tra nebbia e campagna, che ci ha permesso di mantenere la concentrazione e sperimentare. Da Diego abbiamo messo l’accento e curato i dettagli del lavoro. Questo, forse, è uno dei motivi per cui il disco suona in modo differente. Non abbiamo deciso come volevamo che fosse il disco e i brani su cui lavorare. Quando è arrivato Leiner all’interno dei Dear Jack, è stato il momento migliore per lasciarsi andare e sperimentare. Noi abbiamo moltissime influenze musicali differenti, siamo amanti del rock, ma ci piace provare e realizzare sonorità nuove. Era questo il momento per osare. Crediamo che sia un punto di forza del disco.
Alessandro: Ci sentiamo più partecipi del disco, sotto ogni punto di vista, dalla scelta dei brani agli arrangiamenti. Interveniamo come autori e nella scelta della copertina. Ecco, per me, a prima vista, il primo cambiamento risiede proprio nella copertina di “Mezzo respiro”, la prima in cui non appare nessuno di noi. C’è un logo, è un’evoluzione di ciò che già siamo.
Lorenzo: Per noi l’immagine è molto importante, vi abbiamo puntato molto in passato, ma anche ora. La scelta di non esser in copertina, è perché in primo piano vogliamo che ci siano i colori della nostra musica, come visivamente la possiamo interpretare. Triangoli di tonalità differenti che si intersecano andando a formare una tavolozza di sensazioni.
La cosa che ho notato subito è stata la comparsa dei vostri cognomi tra i crediti degli autori di alcuni brani. Però a questo punto vi chiedo, che senso ha inserire tre brani del disco precedente all’interno di “Mezzo respiro”?
Alessandro: Ci siamo portati dietro parte del meglio di ciò che abbiamo fatto. Nel disco precedente ci sono lavori che per noi risultano fondamentali e che forse non hanno avuto il giusto respiro, a causa del susseguirsi di eventi che tutti ben conoscono. Il presentare questi tre brani all’interno di “Mezzo respiro” va letto proprio sotto la luce del “noi veniamo da lì”, con tutte le sfumature che questa frase può avere. Dimostra l’evoluzione di chi siamo. Sono brani a cui siamo legati.
Lorenzo: Tutti i brani dei Dear Jack, anche dei dischi precedenti, sono nostri e possiamo stravolgerli volendo. Il disco precedente (“Domani è un altro film – Seconda Parte”) conteneva diciassette tracce. Siamo arrivati al terzo singolo “Non importa di noi”. Il secondo album avrebbe avuto una vita molto più lunga, se non fosse successo ciò che è successo. Portare tre brani del disco precedente che ci piacciono moltissimo, ci sembrava un ri-legittimare le stesse canzoni, dargli una seconda possibilità e una seconda vita.
Qual è stato il brano più immediato e quello più ostico da rendere coerente come idea musicale?
Lorenzo: Per i brani più immediati “Non è solo un piccolo particolare”, “Io e te”, “Mezzo respiro”, che sono canzoni che sono piaciute sin da subito. “The Best Time” e “Amore e veleno” sono stati i più complicati. Ci abbiamo lavorato sino all’ultimo secondo. “The Best Time” all’inizio era in italiano, poi riascoltato con un finto inglese è piaciuto. Pensa che ho scritto il testo in inglese di The Best Time mentre Leiner stava registrano le voci definitive dei brani. “Amore e veleno” è stato un lavoro di senso insieme a Diego Calvetti.
L’utilizzo di pad e synth è evidente; oltre a questo, che cosa è entrato nel disco?
Mentre nei dischi precedenti c’erano sessanta miliardi di chitarre, a volte su sonorità bassissime, questa volta abbiamo deciso di lavorare di precisione e di dedizione, chitarre poche ma dal suono pieno. Abbiamo puntato su un basso e una batteria, in particolar modo cassa e rullante in fascia, che quando partono si percepiscono evidentemente come un pugno nello stomaco. Elettronica presentissima e decisa.