È uscito venerdì 1 luglio 2016 il nuovo album di Giuliano Palma, “Groovin’”. Terzo lavoro solista dell’ex Casino Royale, il disco arriva a due anni di distanza da “Old Boy” e rappresenta il suo ritorno alle cover. Tredici brani, tra cui un solo inedito, all’insegna dell’energia e delle buone vibrazioni, risposta ad un periodo difficile, come ha raccontato Giuliano in conferenza stampa a Milano, approfittando dell’occasione per togliersi anche qualche sasso dall’immancabile stivaletto.
“Quello delle cover è un gioco che mi piace assai e soprattutto si adatta a momenti particolari della vita, non parlo di carriera, perché prima c’è la vita, quindi delusioni, interruzioni di rapporti sentimentali, ma soprattutto professionali. Negli ultimi anni ci sono stati degli scossoni nella mia vita privata, ma anche nelle mie collaborazioni, su tutto la morte di Carlo Ubaldo Rossi, che mi ha prodotto sin dal mio primo disco solista “GP” e al quale ho dedicato quest’album. Per me la sua perdita è stata uno strazio e forse ho sentito il bisogno di esorcizzare e di cercare di dare più che mai una botta di allegria e di groove”, ha spiegato Giuliano.
“La copertina, poi, la dice lunga, le persone che vedete girate di spalle sullo sfondo rappresentano quelli che si sono girati dall’altra parte, che si sono distratti e si sono persi per strada”. Difficile non pensare ai The Bluebeaters. “Loro li ho girati più io”, ha precisato l’ex frontman della band rocksteady ripartita nel 2015 con “Everybody Knows” e Pat Cosmo alla voce. “Ma c’è un’altra persona, che è Fabio Merigo (attualmente produttore di Vhelade, ndr) con cui ho lavorato negli ultimi 15 anni a tutti i miei dischi, che si è veramente perso per le vie dell’Africa e lui è la delusione più grande. Non lo volevo neanche citare, è difficile che io sia così astioso. Lui è stato uno di quelli che pensavo avesse tanto groove, insieme lavoravamo con la missione del divertirsi, rimpacchettando canzoni in modi improbabili, tipo “Jump” dei Van Halen fatta ska, e quando mi davano del pazzo era lui che mi stava dietro, alla fine poi avevamo quasi sempre ragione. Il fatto che si sia perso e abbia buttato all’aria tanti anni di lavoro per una donna… Insomma, gli auguro tutto il bene se è vero che è bene, ma siccome mi ha lasciato a piedi in un momento particolare dico anche un bel vaff…”.
Ma torniamo al disco. Prodotte e arrangiate da Giuliano Palma assieme a Fabrizio Ferraguzzo e Riccardo Di Paola e realizzate avvalendosi di nuovi musicisti, le tredici tracce che compongono “Groovin’” in fin dei conti testimoniano una ritrovata serenità, una voglia di fare musica divertendosi, contagiando e lasciandosi contagiare da quel groove, che per Giuliano significa anche essere capaci di non prendersi troppo sul serio. “Come autore sono pigro, poco prolifico, metto via e negli ultimi anni ho proprio preso molto gusto nel reinterpretare canzoni vecchie. Quindi rieccomi con un disco di cover, per lo più anni ’60 e ’70, l’imprinting è sempre quello dell’infanzia e di quello che si ascoltava in famiglia, da “Eternità” dei Camaleonti, a “Canzone” di Don Backy, pezzo cantato anche da Celentano, ma per una volta faccio scandalo, dicendo che la versione di Don Backy è più bella”.
Il succo del discorso non fa una piega: “Piuttosto che sfornare a tutti i costi canzoni mediocri, meglio celebrare i veri capolavori della musica”. E allora ecco spiegata la presenza di brani di origine disparata, dalla title track “Groovin’” dei Young Rascals, a “Alleluja! Siamo tutti jazzisti”, pezzo tratto dalla colonna sonora de “Gli Aristogatti” e già inserito nel progetto “We Love Disney”, fino al featuring con Cris Cab in “Bada Bing”, primo singolo estratto dal disco e frutto di “un input arrivato dall’esterno, che se all’inizio mi ha un po’ lasciato dubbioso, poi ho pensato che potesse dare un respiro internazionale al disco”, ha spiegato Giuliano.
Dall’inno del Liverpool, “You’ll Never Walk Alone”, tributo di un “malato di calcio” alla magia della Premiere League, “che ha una sfumatura tutta sua con dei valori che non ritrovi in altri campionati, ci sono meno tamarri rispetto al calcio sudamericano e quando il Liverpool scende in campo tutti, dal ragazzino alla signora di 80 anni, cantano questo pezzo a squarciagola. Ogni volta che la sento mi viene la pelle d’oca”. Fino alla tripletta di collaborazioni con Chiara Galiazzo in “Don’t Go Breaking My Heart” di Elton John e Kiki Dee (poi con RuPaul), “Splendida Giornata” di Vasco con Fabri Fibra, “un pezzo che è un augurio da fare a chiunque ogni giorno, soprattutto in questo periodo che alcune giornate sono diventate orrende, parlo di Parigi, Bruxelles, Istanbul e di tutta l’angoscia che fatti come quelli si portano dietro”, e “I Say I’ sto cca” di Pino Daniele, “un pezzo che portai a Sanremo nel 2014 con la mia band, avrei voluto coinvolgere Pino, che purtroppo ci ha lasciati troppo presto. Non potevo non includerlo nel mio disco”, dove lo canta con lo stimato collega, nonché “compagno di scorribande” Clementino. Un’affinità col mondo del rap, materializzatasi in precedenza nelle collaborazioni con i Club Dogo, Don Joe, Marracash e che ancora una volta rappresenta “una chiave di lettura congeniale anche a chi non è avvezzo a un certo tipo di suoni vintage”, ha spiegato Giuliano.
E poi c’è l’inedito, eccezione che conferma la regola, “Un pazzo come me”, “brano abbastanza eloquente rispetto alle delusioni e alla fine delle storie d’amore di cui parlavo prima. Un pazzo come me non lo puoi cambiare, detto da un musicista, sembra un cliché, ma essendo sempre in giro effettivamente è difficile trovare una stabilità. È una canzone molto divertente, ironica” e si inserisce a meraviglia nel groove dell’album.
Come spesso capita, quindi, i periodi difficili servono anche per ricalibrarsi e con “Groovin’” pare proprio che Giuliano Palma abbia ritrovato nuovi stimoli ed energie. “Sono contento, sereno e soddisfatto”, ha confessato, “e poi lavorare con nuovi musicisti è una cosa che mi ha fatto venire voglia, per cui tornerei già in studio dopodomani. Questo disco poi è frutto di un modo diverso di lavorare rispetto ai precedenti, in cui mettevo le mani su ogni nota, mentre a sto giro mi sono affidato di più ai miei collaboratori. All’inizio ero stranito, ma alla seconda volta che ascolti e capisci che ti puoi strafidare, anche da pignolo quale sono, demandi ed eviti di uscirne stremato. Qui poi ci sono un po’ di cose diverse negli arrangiamenti ed è stato bello affidarsi al Dipa (Riccardo Di Paola, ndr) e a Fabrizio (Ferraguzzo, ndr), tra noi c’è stata subito grande sintonia”.
E Giuliano quest’album non vede l’ora di suonarlo dal vivo, “perché per me alla fine è sempre tutto funzionale ai live. Ora mancano solo pochi ritagli, tecnicismi, ma poi si parte” col “Groovin’ Tour”, che tra luglio e settembre toccherà Torino, Palmanova (UD), Attigliano (TR), Palazzo S. Gervasio (PZ), Oliena (NU), Roseto (TE), Budoni (OT), Staranzano (GO), Venezia e l’Isola del Giglio.