A solo un anno di distanza dall’esordio solista con “La rosa corsara”, Lorenzo Cittadini, ex cantante dei Masterchild, torna con il nuovo album “22.12”. Anticipato dal singolo “Molto di più”, il disco, nato “on the road” durante un viaggio in Spagna, raccoglie sette tracce, ognuna delle quali racconta una parte di vita vissuta, esperienze raccolte prima di quel fatidico “22.12” e poi riordinate, digerite e restituite in musica. Prodotto da Simone Chivilò, Moreno Marchesin (batterista per Ron, Pacifico, Marian Trapassi, Massimo Bubola, Radiofiera e Alessio Bertallot) e con la supervisione di Giovanni Boscariol (orchestra Sanremo, tastierista Baglioni, Ramazzotti e Massimo Bubola), il disco segna una svolta decisa dal cantautorato di tradizione italiano verso l’indie di matrice americana. Ecco cosa ci ha raccontato Lorenzo Cittadini, che, tra il resto, con “Non ti fidare di me”, inclusa nel disco, è stato premiato per la Migliore Canzone al Premio Note d’Autore 2018.
Il disco è nato da un viaggio on the road in Spagna, cosa ha rappresentato per te, come ti ha cambiato?
Sicuramente dal punto di vista del suono e del genere musicale. Ho avuto la fortuna di viaggiare molto e di ascoltare tanta musica. Soprattutto il mondo sonoro statunitense e australiano hanno influito molto e il viaggio in Spagna e Portogallo, gli spazi aperti e queste tematiche sono poi confluite anche a livello testuale in una sorta di collage fra suoni d’oltreoceano e tematiche più mediterranee. Il viaggio è partito dopo un’esperienza formativa con lì università che poi si è trasformato in u vero e proprio viaggio tra i Paesi e le persone.
Che retroscena nasconde questo titolo emblematico: “22.12”?
È la data che testimonia il ritorno a casa e nei vari concerti e presentazioni che sto facendo mi piace mettere in risalto tutto quello che è avvenuto prima del ritorno a casa, quindi i pochi limiti, gli orari che non ci sono, le libertà del viaggio, in contrasto con quello che è poi il ritorno a casa, alla routine, agli affetti, alla casa vera. Mi piaceva giocare con questa data che fa un po’ da spartiacque.
Nel disco ricorre spesso l’idea della ricerca di un’instabilità e di un’incertezza capace di smuovere la vita. È quello che hai cercato nei tuoi viaggi e oltre?
Si, proprio nella canzone di apertura “Molto di più” faccio riferimento alla “stupenda incertezza”, che un viaggiatore deve avere nel momento in cui riesce a farsi prendere dalla curiosità e dalla voglia di perdersi, per poi ritrovarsi. È l’ingrediente essenziale per conoscere cose e persone nuove.
E tu come ti sei ritrovato dopo questo viaggio?
Sicuramente il viaggio mi ha fatto scrivere molto, sono tornato con un bagaglio pieno di cose da dire. Forse erano anche organizzate male, nel senso che uno raccoglie e raccoglie, ma poi ha bisogno di quel lavoro e di quella routine giornaliera per mettere in ordine tutti quegli scritti e quelle idee di musica abbozzate durante il viaggio. Questo è un po’il gioco che ho cercato di far emergere dal disco, tutta quella bella confusione che c’era durante il viaggio, poi trova ordine nella disciplina, che prevede il mettersi lì a ordinare i testi, entrare in studio e lavorare di lima con i musicisti e il produttore, ho cercato di fare vedere questo doppio lavoro.
Questa creatività è entrata anche nella collana “Quaderni Mediterranei”, che hai pubblicato a ottobre insieme a Silvestro Neri?
Si, direi proprio di si. A parte gli interessi musicali e letterari dei miei genitori, ma poi sono stati convogliati in questo rapporto molto stretto che ho con Silvestro Neri, che è il cugino di mia madre. Ormai siamo a più di otto pubblicazioni se non ricordo male e l’anno scorso in uno dei numerosi ritorni i Spagna abbiamo presentato la traduzione in sospeso del suo primo libro di poesie, “Canti sospesi fra a terra e il cielo”, di cui ho curato parte della traduzione in spagnolo, e il mio primo disco “La rosa corsara”. In questo viaggio folle in macchina di trentacinque ore filate da Milano a Malaga, vuoi la stanchezza, vuoi la poca lucidità, abbiamo conosciuto molte persone e ci siamo detti: ma perché queste persone, artisti di strada, poeti che incontriamo e con cui parliamo, poi svaniscono perché non riusciamo fisicamente a tenerli insieme in un diario. Allora ci è venuta l’idea di fare una pubblicazione annuale in cui raccontare attraverso i nostri viaggi diamo risalto a chi per mancanza di possibilità di pubblicare non ha mai raggiunto un pubblico di un certo tipo. L’anno scorso con la collaborazione dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e dell’Università di malaga siamo arrivati a fare un tour promozionale di due settimane in cui abbiamo cercato di dare voce a questo progetto.
Tornando al disco, il suono è molto più internazionale rispetto al precedente, come sei arrivato a questa svolta?
Con “22.12” ho cercato di mettere le basi, a livello sonoro e di scrittura, per quello che può essere un proseguo della mia carriera. Come si sente nel mio primo disco io vengo dal mondo del cantautorato classico e forse mi si era saturato quel mondo lì, nel senso che forse non lo trovavo più mio e forse una ricerca un po’ più adeguata mi ha portato verso un mondo sonoro e di scrittura, che sento definitivamente mio. “22.12” è la base da cui partirò per i lavori futuri.
L’ultima canzone del disco si intitola “È arrivato Natale” e come ogni anno è arrivato davvero. Cosa ti auguri di trovare sotto l’albero?
Sono tante le cose, ma la cosa principale è quella di poter consolidare la mia e la nostra attività musicale, suonare tanto dal vivo, che credo che sia la cosa più bella e gratificante per chi vive nella musica. Mi riprometto di far si che sotto l’albero ci sia un calendario folto di date con cui girare e portare il nostro messaggio in giro.
Quando vi vedremo?
Dal 3 febbraio ripartiremo dal Garage Mulinski di Milano e poi ci muoveremo un po’ nel Veneto, ma ai primi di gennaio sicuramente verrà fuori un calendario completo di appuntamenti live.
Visto che gli album sono così diversi, che scaletta farai? Sto privilegiando “22.12”, anche se del primo disco siamo riusciti a riadattare qualche pezzo. Poi ho quattro o cinque pezzi inediti che non sono ancora in nessun disco, ma che presto lo faranno.
Sei già al lavoro su un nuovo disco?
Materiale ce n’è tanto e c’è anche la volontà di tornare in studio per inciderne di nuovo. Poi faremo le solite puntatine in qualche casa discografica per cercare di consolidare ancora di più questo percorso.