Le Capre a Sonagli presentano Garagara Yagi: “Il nostro disco più pop, ma anche il più sperimentale”

A due anni dal loro ultimo lavoro Le Capre a Sonagli sono tornate con il nuovo disco “Garagara Yagi”. Otto tracce, tra cui il singolo “Elettricista”, prodotte da Tommaso Colliva, per un mix impavido di batterie sparate dritte in faccia e sonorità ricercate tra Gorillaz, CCCP e l’energia live dei QOTSA.

Giocando più che mai con i generi (stoner, post rock, rock, blues, alt pop) la band bergamasca formata da Stefano Gipponi (voce, chitarra), Matteo Lodetti (basso, armonica), Enrico Brugali (batteria, percussioni) e Giuseppe Falco (chitarra, noise), aggiunge un altro folle capitolo alla sua avventura necronaif.

“Garagara Yagi” vive di una poetica cafona, tamarra, sfacciata, malata e divertente, tra racconti di vita quotidiana, lavoro, droghe, alcool e morte, il tutto narrato sempre con un ghigno ironico sulla faccia. Ecco cosa ci hanno raccontato su questo nuovo progetto discografico, che li sta portando in tour per undici date sui palchi italiani.

Garagara Yagi?

M: Siamo in Giappone a Kanazawa in questo baretto al quarto o quinto whiskey e iniziamo a capirci io e il barista, in un inglese stentato, così in qualche modo lui mi fa la traduzione di Le Capre a Sonagli: Garagara Yagi, che in giapponese probabilmente non vorrà dire niente, ma è l’insieme delle parole sonaglio e capra. Da qui nasce questa cosa qua che suona talmente bene che l’ho proposto ai ragazzi, senza grande fiducia e invece è piaciuto.

E: Avere un album omonimo così è incredibile.

Avete definito la vostra estetica necronaif, interessante, spiegate: cosa vi intriga della morte?

S: L’estetica della morte è affrontata in ogni canzone, è un tema che ricorre, ci piace affrontarlo in maniera sia ironica che leggera, ma non è uno sforzo, finiamo sempre lì.

M: non finiscono mai bene le nostre storie, Naif perché c’è della bellezza, del fascino, è una calamita per noi.

G: La trattiamo anche in maniera non convenzionale, nel senso che il nostro atteggiamento è un po’ beffardo un conto è prendersi male, un conto è  affrontarlo con altre chiavi di lettura.

Definirei i vostri testi politically cafoni, già “Dancehall” è una dichiarazione d’intenti: buone intenzioni non ne avete.

M: C’è da dire che in quella canzone come primo messaggio ci poniamo in maniera proprio arrogante, poi però se analizzi approfonditamente il testo emerge una grande ironia: vorrei rappare, ma non riesco; vorrei un vocoder, ma non lo voglio. È per dire che in questo marasma, in questo momento storico nella musica, noi continuiamo a gingillarci con le cose che ci piacciono e ci piace anche divertirci e confrontarci con le cose nuove che emergono.

S: Cogliamo sempre le sfide e le cose nuove rappresentano delle possibilità.

Infatti, in un pezzo come “Elettricista” si intravede una critica alle dure condizioni lavorative della categoria e in “Cocktail” c’è un saggio “adesso guidi tu” nel finale. Non è che dietro le vostre cattive intenzioni , si cela un tentativo di sensibilizzazione rispetto a questi temi?

E: In cocktail si, siamo sbronzi però alla fine non guidiamo noi.

M: Siamo sbronzi responsabili! Se vi ricordate avevamo quasi paventato l’idea di un concept rispetto a elettricista, cioè un concept album sul lavoro. Poi in realtà è stato u gioco che ci ha permesso di avviare la scrittura delle canzoni, che poi abbiamo perso pian piano, però l’idea di immedesimarci indeterminati lavori, ci dava l’opportunità di esplorare tante fette di società che magari non viviamo direttamente. Detto questo il tema era quello, ne è emerso anche qualcosa di profondo, ma il nostro non è un intento voluto di divulgazione. Facciamo musica di intrattenimento, ne siamo consci, poi c’è un messaggio e parte di noi all’interno delle nostre canzoni.

Dopo Nora, una ballad di disamore, però è tutta una caduta libera, tra la voglia di drogarsi anche da morti, ipocondria e la cavalcata a capofitto verso le fiamme degli inferi.

G: Tutta roba autobiografica. È domenica mattina e non devi rompermi le balle per andare all’Ikea!

E: C’è da dire che a questo giro siamo stati più descrittivi di situazioni concrete, sempre viste con il nostro occhio, ma in cui ci ritrovavamo più o meno tutti.

G: C’è tanta gente che parla d’amore e quei temi lì, sono bravissimi, ma noi abbiamo altre cose da raccontare. Siamo giovanissimi, ma parlare di morosine che ci lasciano come dei quattordicenni non è più cosa, no? Poi c’è chi lo fa e lo fa bene, noi non riusciamo.

Rispetto ai dischi precedenti siete stati meno visionari nei testi.

M: Questa è stata la sfida degli ultimi due album, cioè comunicare qualcosa di chiaro. Se prima i testi erano super visionari, immagini che lasciavamo in libera interpretazione all’ascoltatore, dicendo proprio: sentiteci e vedeteci quello che volete voi. Ed era così, perché metà delle parole non si capivano, metà non avevano senso, ma creavano un immaginario all’interno del quale ognuno si faceva la sua storia e questo era un modo di scrivere e di fruire la musica.

S: Negli ultimi due dischi, anche grazie a Tommaso Colliva, che ha insistito su questa cosa, dicendoci: “Ragazzi, cantate in italiano, dovete cercare di comunicare qualcosa”. È stato faticoso, ci abbiamo messo tre anni con Cannibali in mezzo, ma alla fine la chiave è stata quella di mantenere le tematiche, assurde, come il nostro immaginario è sempre stato, ma comunicarle in maniera comprensibile.

Veniamo ai suoni: il disco è prodotto da Tommaso Colliva, come ha influito sul vostro suono?

M: Sto disco qua con lui è stata una svolta. Se con Cannibale è stato il primo approccio con Tommaso, tra l’altro approccio live, in presa diretta, come era abituato lui a fare con i gruppi con cui lavora. Noi però eravamo abituati a una modalità di lavoro più a tavolino, quindi alla fine ci siamo incontrati a metà strada, in una metodologia nuova per tutti e due. Siamo arrivati dopo tutto il percorso di arrangiamenti, provini eccetera, a impostare tutto il brano con batterie elettroniche e con le registrazioni su un progetto pro tools che abbiamo portato poi in studio, cioè cosa vuol dire, che io per esempio non ho tirato fuori il basso in studio, lo abbiamo fatto in saletta, così abbiamo fatto con tutti gli strumenti e una volta in studio un po’ abbiamo suonato, a dire il vero, ma molto si è tenuto di quello che avevamo fatto, impostato con Colliva.

S: Ed è uscita una roba potentissima, perché lì Tommaso è esploso, ha aperto suono per suono e ha cesellato il disco. È stata un’esperienza nuova anche per lui, ma super efficace per tutti.

M: Per assurdo è il nostro disco più pop, inteso come popolare, ma anche quello in cui abbiamo fatto più sperimentazione, un sacco di tentativi per trovare una strada.

Ne è venuto fuori quello che avete definito: “il sogno di un incontro tra Gorillaz e CCCP in un live dei QOTSA”. In particolare a quale o quali caratteristiche vi siete ispirati di ognuna delle band citate?

S: Beh le ritmiche dei Gorillaz, molto nere, l’energia dei QOTSA nei live e probabilmente la vocalità dei CCCP, forse anche la scrittura è un po’ alla Lindone (Ferretti), nel senso che se mai una cosa che ci può avvicinare ai CCCP è proprio questo.

Parlando di live, il 15 ripartite in tour, che concerto ci possiamo aspettare?

G: Di tutto e di più! Le nostre prime date sono sempre un warm up, provi i pezzi in scaletta, ma non hai tutte le variabili e gli imprevisti che hai sul palco. Poi però le cose iniziano a girare a occhi chiusi e da quel momento si va in pilota automatico, che è anche la cosa che ci permette poi di comporre le cose nuove, cioè noi di solito iniziamo a comporre le prime cose quando siamo in tour.

M: La modalità che abbiamo utilizzato per questo disco, non ci ha portato a suonare tanto insieme queste canzoni, quindi finito il disco abbiamo iniziato a preparare il live, ma per ora abbiamo pronte sei canzoni su otto e poi col tempo butteremo dentro anche le altre due. Comunque le nostre radici sono nello stoner, quindi quello che portiamo sul palco è proprio quell’approccio lì, l’impatto, l’energia.

E: Ora però abbiamo tante novità rispetto al passato, nel disco abbiamo usato molti campioni, trigger e campioni in più, quindi hai la batteria che suona il doppio sui pezzi nuovi, mentre su quelli vecchi dovrebbe suonare la metà, così alla fine abbiamo deciso che era il caso di riarrangiare anche i pezzi vecchi con l’uso di questi trigger, per bilanciare la scaletta.

S: La cosa bella di questo disco è proprio che non ci siamo inventati nulla, a livello compositivo c’è una continuità con i brani del passato, ma è la salsa che è diversa questa volta.

Tour 2019:

Venerdì 15 marzo – Ranica (BG) – Druso;
Sabato 16 marzo – Torino – Spazio211;
Giovedì 21 marzo – Monopoli (BA) – Dirockato;
Venerdì 22 marzo –  Pratola Peligna (AQ) – Garbage Club;
Venerdì 05 aprile – Neive (CN) – Citabiunta;
Sabato 06 aprile – Brescia – Brescia;
Venerdì 12 aprile – Gambettola (FC) – Treesessanta;
Sabato 13 aprile – Ferrara – Officine Meca;
Venerdì 19 aprile – Pisa – Lumiere;
Sabato 20 aprile – Busto Arsizio (MB) – Gagarin;
Venerdì 26 aprile – Milano – Circolo Ohibò.

Crediti foto: Ivan Bignami.