In occasione dell’uscita della nuova (e forse, ultima) raccolta della storica band che ci ha regalato pietre miliari come “Uomini Soli” o “Piccola Ketty”, incontriamo i Pooh per fare il punto della situazione e capire cosa ci si aspetterà una volta concluso il tour estivo che vedrà per l’ultima volta dietro la batteria Stefano D’Orazio.
“Stiamo passando una situazione assolutamente nuova e diversa, ognuno di noi la sta vivendo alla propria maniera, seppur tutti quanti in modo molto “strano”, perché dopo 38 anni uno di noi ci lascia. È una cosa che non avevamo mai immaginato, anche se prima o poi era ovvio che sarebbe successo. Potete immaginare le sensazioni che ci stanno attraversando, così come la grande domanda che chiunque si sta ponendo, ovvero cosa faremo dopo l’ultima data dell’ultimo tour che si concluderà il 28 settembre qui a Milano, una città che ci visti crescere dal punto di vista artistico e che ci ha fatto un po’ da mamma e papà, non essendo nessuno di noi di queste parti.
Quando due anni fa Stefano ci disse di questa sua esigenza nessuno di noi voleva crederci, pensavamo fosse una crisi passeggera, come a ognuno di noi è capitata a turno, specialmente alla fine di lavori o tour particolarmente massacranti. Quando fai una vita come la nostra per 40 anni ti accorgi quanto a volte possa essere logorante. La musica per fortuna ci ha sempre aiutato e ha contribuito a farci uscire da quelle crisi passeggere, ma quando Stefano ci ha nuovamente manifestato questo desiderio tre mesi fa ci siamo resi conto finalmente che non era una cosa temporanea o uno scherzo, ma invece una questione molto seria. A questo punto abbiamo deciso di comune accordo di accompagnare al meglio Stefano alla fine di questa avventura con un disco, contenente canzoni cantate in quattro, forse la faccia più cantautorale dei Pooh. Il titolo dell’album lo dà il brano inedito, parla di una persona che sente la necessità di andare da un’altra parte; si può ricondurre ovviamente alla nostra situazione attuale, ma è generalizzabile a moltissime altre, chi non conoscesse la nostra situazione potrebbe benissimo dire che parla di un uomo che lascia una donna.”
“Il testo l’ha scritto per una scelta nostra Valerio Negrini, perché Stefano era troppo coinvolto per poterlo fare in modo sereno e rilassato. Valerio è stato l’anima da cui è nato questo gruppo, è il quinto Pooh se vogliamo, ha seguito molto da vicino questa vicenda sperando che non si arrivasse a tutto questo. Dove noi leggiamo in “Ancora una notte insieme” la nostra situazione Valerio l’ha fatto senza retorica ma con grande rispetto e con una leggerezza che non è facile da esprimere in un momento di dolore e, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, è un testo nato molto più velocemente di altri molto meno complicati.”
“Per quanto ci riguarda ci piace pensarlo di più come un concept che come una compilation, è un album nato in un momento di difficoltà che si traduce in un disco molto emozionante, bello: vengono fuori quattro mondi, quattro modi di esprimere le emozioni, quattro maniere di affrontare la vita, e solo ascoltandolo si può capire quanto forti sono stati questi Pooh.”
“(Parla Dodi) Penso che i Pooh in questo caso stiano dimostrando la loro diversità rispetto al resto dei gruppi che sono finiti ad avvocati o a cazzotti. Mi piace la maniera in cui i Pooh stanno affrontando questa situazione, in modo rilassato, mi piace definirla alla “amici per sempre”; questo titolo riletto ad oggi è veramente calzante, sfido qualunque matrimonio o gruppo a terminare in maniera così amicale, senza avvocati di mezzo, nonostante quello che qualcuno ha scritto. Ci vedete frequentarci ancora, vogliamo fare assieme un ultimo tour, vi stiamo parlando senza guardarci in cagnesco, non ci sono liquidazioni di mezzo. Penso che quello che ci sta per accadere da adesso a fine settembre sia una di quelle cose belle da vivere, sarebbe stato molto peggio se la notizia fosse apparsa in un trafiletto del giornale e basta; invece, accompagnata da un nuovo disco e una tournée diventa un grande evento, e anche noi siamo curiosi di vendere che effetto ci farà.”
“(Parla Stefano) Anche se sto mettendo in preventivo una serie di emozioni, non so cosa aspettarmi veramente, perché per la prima volta salirò su un palco davanti a della gente che vedrò per l’ultima volta. Sicuramente ci sarà un’ emozione diversa rispetto a quelle vissute in questi anni.
Io ho la consapevolezza che questo “film” per me è finito, perché nel rispetto dell’onestà con cui abbiamo sempre affrontato il nostro lavoro, anteponendo la voglia agli interessi e al commercio, nel momento in cui mi sono ritrovato senza più obbiettivi o la passione di un tempo ho capito che era il momento di dire basta, andare avanti sarebbe stato un tradimento verso i miei compagni e tutto quello che abbiamo passato insieme.
Cosa farò dopo? So per certo cosa non voglio fare più, non so cosa vorrò fare. I miei colleghi hanno fatto di tutto per darmi nuovi stimoli, ci hanno messo un po’ per capire che la mia era un’esigenza di cambiare totalmente. Voglio sottolineare che questa decisione è stata presa con grande serenità e in condizione di “democrazia familiare” quale è la nostra.”
“Da quando abbiamo capito che Stefano non scherzava abbiamo pensato a più scenari possibili, per citare i più ricorrenti potremmo prendere un turnista, o una persona nuova e farla fraternizzare con noi, anche se questa ipotesi ci piace molto poco.
Mentre ragionavamo sulle varie possibilità ci siamo resi conto che pensare al dopo mentre stiamo ancora vivendo il presente è un esercizio mentale inutile e sterile. Ci siamo quindi detti: viviamoci questa situazione appieno, non è il momento di pensarci adesso. Riaggiorneremo la questione a settembre, è un occasione per ripensare ai Pooh, per capire quanta voglia e possibilità abbiamo di immaginare un nuovo futuro assieme, al di la di chi ci sarà dietro la batteria. È un risvolto più umano che musicale, ma a volte bisogna fare i conti con sé stessi e con gli altri per decidere se valga la pena andare avanti. È forse la cosa più importante mai capitata ai Pooh dopo la formazione della band.”
“Non abbiamo ancora deciso nessun dettaglio per il tour estivo, è possibile che Stefano avrà più spazio per raccontarsi, o che lo avremo tutti, o che sia la musica a parlare e basta. La disposizione sul palco è un problema secondario. Quello che è sicuro è che ci sarà una scenografia simboleggiante l’amicizia di quattro persone che non vogliono dare il cattivo esempio nemmeno quando sarebbe facile farlo.”
“Un gruppo italiano nostro erede? Ci siamo augurati per un sacco di tempo di non sentirci troppo soli, in un panorama di gruppi che nascevano la mattina e morivano al pomeriggio.
Credo questa nostra alchimia sia abbastanza difficile da ottenere, noi siamo quattro persone provenienti da quattro città diverse, con quattro maniere diverse di interpretare la stessa cosa; siamo riusciti a trovare un equilibrio spontaneo, involontariamente ognuno di noi si è assegnato lo spazio di cui aveva bisogno.
Adesso questo mondo è molto più recintato, non c’è lo spazio per la sperimentazione, ora “compri”
tutto il pacchetto del tour come se fossi all’Ikea. Siamo stati molto fortunati di inventarci, anche fisicamente, quello che doveva essere il nostro show; ci portavamo il nostro palco, lo fabbricavamo noi. Questo magico mondo che dovevi conquistare oggi non c’è più, non hai più una gratificazione simile, chi comincia oggi non ha tutte queste possibilità. Attualmente il vecchio non è ancora morto e il nuovo non è ancora nato. La chiave di tutto sta nella voglia nell’essere diversi, diversi da tutto quello che abbiamo avuto intorno.”
“(Parla Stefano) Se i Pooh poi si scioglieranno e io proverò rimorso per la mia decisione? In questi due anni mentre cercavo di far metabolizzare agli altri questa mia scelta ho sempre suggerito di non smettere. Io sono fermamente convinto che i Pooh vadano oltre i singoli nomi, sono come un’istituzione, c’è chi addirittura dice che parlare male di noi sia come un vilipendio alla bandiera. Noi abbiamo costruito tutto questo, ma è diventato qualcosa ben più grande dei singoli, nessuno di noi da solo rappresenta il 25%, ma bensì molto meno, quindi anche se uno se ne va l’unicità di questo gruppo rimane, nessuno di noi è indispensabile, perché questo gruppo ha un perimetro molto più vasto e ampio.”
Nicolò Barovier