“Adesso sì”, si intitola così il nuovo disco, anticipato dall’omonimo singolo, con cui il cantautore e compositore comasco Tiziano Gerosa torna sulle scene dopo più di quindici anni di lontananza. Attivo sin dagli anni ’80 dopo qualche anno di militanza in svariate band giovanili, diventa autore per la EMI e nei primi ’90 apre tutti i concerti di Roberto Vecchioni nel tour estivo “Voglio una donna”. Nel ’94 vince il Festival di Recanati con “Una sera a Milano il mare” e pubblica un omonimo EP, che lo porterà ad aprire ci concerti di Robby Krieger dei Doors, Loudon Wainwright, Dave Alvin, Jack Elliott, Joe Ely, Lee Fardon, Danny O’Keefe.
La collaborazione Antonella Ruggiero, alla fine degli anni ’90 è l’ultimo atto della carriera di Gerosa, prima del ritorno con “Adesso sì”. Tredici brani dal taglio pop-rock, tutti scritti, arrangiati e prodotti dallo stesso Tiziano Gerosa con la partecipazione di illustri musicisti, tra cui il batterista Lele Melotti (Paolo Conte, Fabrizio de Andrè, Vasco Rossi), il bassista Paolo Costa (Claudio Baglioni, Ornella Vanoni, Renato Zero), il chitarrista Luca Colombo (prima chitarra dell’orchestra del Festival di Sanremo), il pianista Ernesto Vitolo (Pino Daniele, Edoardo Bennato, Giorgia) e il sassofonista Claudio Pascoli (Lucio Battisti, Ivano Fossati, Francesco Guccini, Franco Battiato).
Quindici anni lontano dalle scene, come torni alla musica da autore?
Con dei brani che mettono al centro la musica suonata, perché credo che ce ne sia bisogno e che in questi ultimi anni la musica veramente suonata sia un po’ latitante. Sento cose sempre uguali, stessi suoni, stessi arrangiamenti e probabilmente è ora che si torni alla musica suonata, dove c’è la libertà del musicista di esprimersi. Per questo disco ho scelto musicisti importantissimi, che hanno messo tanto cuore in ogni canzone e credo che sia venuto fuori un bel risultato.
Com’è arrivato il momento di “Adesso Sì”?
Non lo so, è arrivato per caso. In realtà tutto questo disco è guidato dal caso, anche la canzone “Adesso sì” parla del caso. È arrivata un’ispirazione notturna di una canzone che mi sembrava che non fosse nemmeno mia, ma la mattina mi sono alzato con una linea melodica che mi piaceva così tanto che l’ho registrata. Da lì mi sono concentrato e mi sono arrivate una serie di idee che mi sembravano importanti, roba da portare avanti. Così una volta che dalla brace del camino è tornata a splendere la fiamma mi sono concentrato e in un anno e mezzo di lavoro ho portato a casa questo risultato.
Hai scritto, arrangiato e prodotto l’intero disco, che poi hai realizzato con un pool di musicisti d’eccezione, quanto sono cambiati i pezzi in studio?
Il progetto è nato in blocco, perché nel momento in cui ho deciso di avventurar mici, avevo già ben chiara in mente la sonorità. L’aspetto ritmico per me è sempre fondamentale, quindi avevo bisogno di basso e batteria d’eccellenza, il che equivale a dire ? alla batteria e ? al basso. Una volta assodato questo aspetto, tutto il resto è venuto automatico, per cui gli interventi di Luca Colombo, che reputo uno di migliori chitarristi italiani, è nata come conseguenza logica, perché quando hai sotto qualcosa di importante, anche tutto il resto deve esserlo.
Il risultato è un disco tutto suonato, che mi ha ricordato molto gli anni ’70 italiani.
Esatto, ma non solo, perché le mie influenze arrivano anche alla cultura inglese e west coast. Credo di avere messo dentro un po’ di tutto questo, anche inconsciamente, perché non ci sono riferimenti precisi, ma c’è un’atmosfera, che pervade tutti i pezzi e che è una summa della mia conoscenza musicale, di quello che c’è nelle mie orecchie da sempre.
La title track è anche il singolo di lancio del disco, un brano sulle sliding doors della vita. Ascoltando il disco mi sono fatta l’impressione che gran parte delle canzoni ruotino attorno a dei momenti cruciali, spesso plasmati o riplasmati dall’amore, da un amore o anche dalla sorte. Di solito cosa ti ispira nella scrittura dei testi?
Il vivere bene e l’essere molto attenti a cogliere i segni, un fatto, una persona o un evento che tu vivi, se lo fai bene, lascia una sorta di impronta, che prima o poi finirà per darti uno spunto creativo, per dare vita a qualcosa che prima non c’era, una canzone.
Vista la lunga pausa, quanto materiale è rimasto fuori dal disco?
Tanto. Pensa che per fare questo disco di tredici pezzi, ne ho scartati una trentina. Ho fatto molta fatica, ma soprattutto ho dovuto interrompere il flusso creativo, che è un po’ come quando entri in quota, no? Quando arrivi a duemila metri, stai lì.
Live?
Ci saranno di sicuro, ma devo mettere in piedi una struttura più leggera, perché i signori con cui ho suonato in studio, purtroppo, sono tutti impegnati su vari progetti live. C’era da aspettarselo, io però continuo a sognare di portarli un giorno tutti insieme sul palco. Incrociamo le dita.