Gli Escape the Fate si sono esibiti lo scorso 28 gennaio all’Alcatraz di Milano. Uno show che ha avuto una duplice valenza: riportarci indietro nel tempo, all’epoca in cui ciuffi neri corvini piastrati e jeans strappati la facevano da padroni, e farci anche capire che la scena screamo/emocore, pur senza attirare le folle oceaniche di qualche anno fa, continua ad avere un seguito e un futuro. Dimostrazione il pubblico di giovanissimi accorsi da tutta Italia per accogliere degnamente i propri beniamini.
Ma prima di buttarci a parlare del piatto forte della serata, mi sembra giusto spendere un paio di parole sugli opening act, ovvero i Set To Stun e soprattutto i Palisades. Questi ultimi, sono tra le giovanissime promesse della scena metalcore contemporanea. L’omonimo disco pubblicato nel 2017 ha raccolto consensi un po’ ovunque, ed è evidente che i ragazzi i pezzi ce li abbiano, ma complice la poca esperienza e l’emozione (quella di ieri era la prima data per i Nostri in supporto degli Escape the Fate) la resa live non è stata delle migliori, soprattutto per quanto riguarda le voci. Ma diamogli tempo di farsi le ossa, e noi ripigliamoci da questo “let down” (giusto per citare un pezzo dei Palisades) raccontando che cosa hanno combinato immediatamente dopo Ortiz e soci.
Bene, come facilmente prevedibile, gli ETF hanno regalato zero concessioni al passato remoto con Ronnie Radke e piuttosto hanno celebrato il decennale di “This War Is Ours”, secondo disco in carriera e primo con il sostituto del sopracitato Radke, Craig Mabbitt, diventato poi colonna portante della band insieme al batterista Robert Ortiz, unico superstite della line-up originale. Infatti i pezzi in scaletta estratti dall’opera numero due della formazione di Las Vegas sono ben sei, a partire dalla opener “This War Is Ours (The Guillotine II)”, che ha anche il compito di introdurre i Nostri su un palco molto semplice, sul quale troneggia l’artwork di “I Am Human”, in uscita il prossimo 16 febbraio. Come anticipato in apertura, lo show degli Escape the Fate non è stato solo un nostalgico ricordo del passato, ma anche un’occasione per introdurre qualche novità. Nella setlist infatti fanno sapientemente capolino una manciata di brani estratti dall’ultima fatica di prossima pubblicazione dei Nostri, accolti con calore dal pubblico esattamente come i vecchi successi (un nome su tutti, “Something”). Audience che non si faceva di certo pregare nell’improvvisazione di circle pit e wall of death, con un pugno di entusiasti che di tanto in tanto si lanciavano in spericolate mosse hardcore dance.
Nonostante la relativa fretta della band (quasi nessuna sosta tra un pezzo e l’altro e pochissimi discorsi introduttivi), lo spettacolo offerto dagli Escape the Fate è stato appassionato e fisico esattamente come ci si poteva aspettare: a partire dall’enorme Ortiz, che faceva sembrare la batteria un giocattolo data la sua mole, passando per il virtuoso delle sei corde Kevin “Thrasher” Gruft, fino ad arrivare a Mabbitt, che si prestava spesso e volentieri ai bagni di folla, supportato alla voce nei momenti di difficoltà dal chitarrista ritmico Thomas “TJ” Bell, in poco più di un’ora di concerto i Nostri hanno esplorato tutta la loro carriera a partire dal 2008, eseguendo anche una cover di “Dead!” dei My Chemical Romance (padrini non solo del genere emo, ma anche degli stessi Escape the Fate, che nel 2005 hanno un vinto un contest giudicato proprio da Gerard Way e soci). Chiaro, chi si aspettava tecnica e virtuosismi ha sbagliato posto, ma per chi ha vissuto la propria adolescenza negli anni d’oro di un certo tipo di sonorità, e per chi ora se ne sta godendo il revival, è stata una serata più che gradevole.
Escape the Fate, la scaletta del concerto
This War Is Ours (The Guillotine II)
You Are So Beautiful
10 Miles Wide
Ungrateful
Do You Love Me
Just a Memory
Remember Every Scar
The Flood
Something
I Am Human
Ashley
Broken Heart
Gorgeous Nightmare
Dead! (My Chemical Romance cover)
Encore:
One for the Money
Escape the Fate, le foto del concerto
Fotografie a cura di Mairo Cinquetti
