Korn Alcatraz Milano 18 marzo 2012

Korn Alcatraz Milano 18 marzo 2012

I Korn si sono esibiti in concerto ieri, domenica 18 marzo 2012, all’Alcatraz di Milano, in quella che è stata l’unica data italiana del loro tour di supporto al recente “The Path Of Totality“. Ed è stata davvero una grande prova, quella di Jonathan Davis e compagni. Non solo; di fronte al locale strapieno (la data ha fatto registrare il tutto esaurito già il mese scorso), si è assistito a quella che potrebbe essere la vera e propria resurrezione di una band che ha scritto in modo indelebile la storia del nu metal ma che, negli ultimi anni, si stava pericolosamente accartocciando su se stessa, a causa soprattutto di dischi non all’altezza dei vecchi capolavori. Invece la tanto contestata mossa di ibridare il vecchio sound con l’elettronica e la musica dubstep, lungi dallo snaturare i tratti distintivi del gruppo, è risultata vincente non solo in studio ma anche sulle assi del palco, luogo in cui il quartetto sta ritrovando lo smalto dei tempi che furono.

Certo, fa effetto vedere un concerto di questo tipo introdotto da un dj set in cui il dj altri non è che Davis stesso, il quale utilizza lo pseudonimo di J Devil per proporre al pubblico una rumorosissima miscela di dubstep, acid house e techno con una foga degna di un ragazzino di vent’anni. Insomma, il Nostro è davvero gasato come una mina e, nonostante da sempre abbia mostrato un grande eclettismo musicale, probabilmente nessuno avrebbe pensato di vederlo così intrippato con l’elettronica. Mezz’ora scarsa di fotta pazzesca che lascia subito spazio ad un altro dj set, quello dello special guest Downlink, musicista che sta emergendo dalla scena dubstep e che aveva già collaborato con i Korn proprio in “The Path Of Totality”. I suoni sono molto simili, solo un po’ più scuri e con qualche reminiscenza di Aphex Twin. In attesa di quello che è il vero evento della serata, il già numerosissimo pubblico – presenti molti giovanissimi, oltre ai vecchi fan storici – mostra comunque di gradire.

I Korn entrano in scena rispolverando, nella prima parte dello show, alcuni vecchi brani in parte dimenticati, fra cui la bellissima “No Place To Hide” (da “Life Is Peachy“) e la quasi altrettanto ispirata “Predictable“, presente sullo storico debutto ma già pubblicata in versione demo nel 1993. Tutto funziona a meraviglia: i suoni sono più che accettabili, e nonostante qualche iniziale problema alla voce di Jonathan (a proposito, rispetto a qualche tempo fa è nettamente dimagrito e mostra una forma invidiabile), ben presto anche quest’inconveniente vien superato per lasciare spazio al tipico korn sound in tutta la sua potenza: basso slappato, chitarra ribassata e il nuovo batterista Ray Luzier, ormai membro a tutti gli effetti della formazione, che si dimostra preparatissimo tecnicamente e, soprattutto, in grado di picchiare davvero forte. C’è poi lo spazio dedicato ai brani del nuovo disco: e, se forse la stupenda “Narcissistic Cannibal” non rende al meglio, brani come “Chaos Lives In Everything“, “My Wall“, “Kill Mercy Within” e la terremotante “Get Up!” dal vivo hanno un’impatto devastante; anzi, rispetto al disco in questa sede mostrano che solo i Korn avrebbero potuto realizzarli in questo modo, nonostante Skrillex e dj vari. La scaletta, davvero ben calibrata e che cerca di non lasciar nulla fuori, prosegue con i pezzi più famosi, fra cui “Falling Away From Me“, “Here To Stay” e “Freak On A Leash“, che scatena un pogo di quelli che non si vedono tutti i giorni, per concludersi con la cover dei Pink FloydAnother Brick In The Wall“; è davvero una serata magica e, sebbene sulla carta sembri una scelta folle, la versione dei californiani di questo classico convince eccome. Mancano ancora le encore, che si presentano sotto forma di cornamusa, quando Davis e soci ritornano sul palco per suonare “Shoots And Ladders“, “Got The Life” e l’immancabile “Blind“, degna chiusura di un’ora e mezza di grande musica. Davvero una bella sorpresa vedere i Korn così carichi e rinfrancati, frontman in primis. Da segnalare, infine, un’altra bella notizia: alla conclusione di “Shoots And Ladders” il complesso attacca con la parte finale di “One” dei Metallica, e alcuni dei presenti più giovani, che avevano persino apprezzato il dj set di Davis, mostrano di gradire e di conoscere perfettamente di cosa si tratta. Segno che anche in Italia, forse, le nuove generazioni non crescono necessariamente con i paraorecchi…

Stefano Masnaghetti

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