Si può tributare un omaggio a un artista?
Si.
Si può giocare con la sua musica?
Si.
Si deve farlo con moderazione?
Sarebbe meglio.
E se non lo si facesse, intendo, se l’intenzione fosse quella di stravolgerla?
Dipende dall’artista.
Beh… nel caso specifico sarebbe Mozart!
Allora sarebbe “lesa maestà”.
Mozart è come una santa reliquia?
Tu lo dici.
Però, magari, il Flauto Magico, per citare un’opera a caso, è qualcosa di popolare.
Certo, è conosciuto da tutti.
No, non intendo popolare in quel senso, intendo che le sue arie hanno una radice profondamente popolare.
Dove vuoi arrivare?
Immagina di rileggere Mozart in chiave world music.
Sei scemo?
Forse, ma tu pensaci un momento lo stesso. In fondo il Flauto Magico era un’opera per il popolo, ma perché limitarci al popolo tedesco? Non può diventare un’opera per il popolo del mondo? La musica è o no un linguaggio universale?
Certo che lo è.
E allora continua a seguirmi, possiamo attualizzare la musica di Mozart, trasformarla, sconvolgerla, trasfigurarla ma senza tradirne in alcun modo lo spirito che l’anima!
Continua…
C’è poco da continuare, è quello a cui ho assistito ieri. Pensa! Ho visto un girot senegalese impersonare Papageno, lanciandosi anche in un reggae mischiato a Mozart, ho sentito un suonatore di tablas indiano fare autentiche magie, voci arabe diventare la Regina della Notte, strumenti antichi, strumenti moderni, strumenti mai visti, jazz, sapori d’oriente, rock, caldo africano, funk e colore sudamericano giocare con le note dell’enfant prodige di Salisburgo.
Ho sentito il pubblico applaudire, battere le mani a tempo ed esultare e avuto la prova che la musica, davvero, è un linguaggio universale che raggiunge tutti. E chissene se le voci cantassero a volte in inglese, altre in tedesco, in qualche dialetto africano, in arabo…
Ho assistito a qualcosa di veramente unico, un testo che più classico non si può, ribaltato e riletto, come se provenisse dalla terra da uno degli 11 paesi da cui provengono i membri dell’Orchestra, anzi, come se venisse da tutti contemporaneamente e si fosse mescolata. Tecnicamente, come si può immaginare, il livello raggiunto è elevatissimo, ma non conta, come non contano le mille finezze e i mille accorgimenti escogitati da Mario Tronco, anima e motore dell’Orchestra. L’importante è che la musica, in questo modo, sia stata restituita alla strada, alla gente in senso più che lato e riportata là dove, un tempo ormai fin troppo remoto, si trovava.
Senza altri giri di parole, il Flauto Magico (per ora solo il primo atto) messo in scena dall’Orchestra di Piazza Vittorio è un esperienza che ogni vero appassionato di musica dovrebbe fare, ne varrà sicuramente la pena.
S.D.N.