Serata all’insegna del metallo più “estremo” in quel di Milano: dopo la parentesi estiva del Gods Of Metal, la leggenda del black metal norvegese torna in Italia, questa volta come headliner e in un contesto che meglio riesce a valorizzarne le potenzialità. Prima di loro, due gruppi molto diversi l’uno dall’altro, ma entrambi in grado di intrattenere piacevolmente il pubblico dell’Alcatraz.
Ad aprire lo show sono gli Insomnium, band Finlandese attiva già da parecchi anni, fautrice di un death metal melodico di chiara matrice scandinava: tutto sommato svolgono piuttosto bene il compito di gruppo d’apertura, e il pubblico già presente nel locale mostra di gradire la loro proposta. Peccato siano destinati a rimanere un “gruppo – spalla”, dato che il loro pur buon songwriting è troppo debitore nei confronti di act più blasonati quali Dark Tranquillity e primi In Flames. In ogni caso, c’è chi ha apprezzato notevolmente la loro performance.
Tocca ai Norvegesi Keep Of Kalessin proseguire il concerto: mentre sempre più persone affluiscono nell’Alcatraz, il quartetto sfodera tutta la sua violenza in una manciata di brani (saranno ricordati per la brevità del loro set). Black metal teso e battagliero, drumming furioso e pochi fronzoli: sinceramente li ho persi di vista in questi ultimi anni, ma da quel che ho sentito in sede live non sono cambiati molto rispetto all’album d’esordio di una decina d’anni fa. Impatto possente, ma eccessivamente monocorde per fare breccia in un genere ormai inflazionato da anni.
Con un leggero ritardo, i Satyricon salgono sul palco e dimostrano di essere uno dei gruppi metal più in forma dal vivo, sicuramente il più tonico tra i re del black Norvegesi: nonostante qualche piccolo problema ai suoni (la voce di Satyr risulterà troppo bassa per tutta la durata della loro esibizione), l’ora e mezza di musica offerta risulta encomiabile sotto tutti i punti di vista. Prima di tutto la scaletta è tra le migliori che potessero essere concepite: apertura con “Walk The Path Of Sorrow” e chiusura con il loro celeberrimo anthem “Mother North”, come da prassi consolidata. Ma nel mezzo delle due vengono suonati quasi tutti gli altri loro classici, e l’equilibrio tra i vari album è quasi perfetto: “Woods To Eternity” e “Dominions Of Satyricon” da “The Shadowthrone”, “Forhekset”, “Du Som Hater Gud” e la già citata “Mother North” da “Nemesis Divina”, “Filthgrinder” da “Rebel Extravaganza”, “Fuel For Hatred” e “Repined Bastard Nation” da “Volcano”, “K.I.N.G.”, “The Rite Of Our Cross” e la title – track dal nuovo “Now, Diabolical”. A posteriori si può obiettare che un altro pezzo tratto da “Rebel…” ci poteva stare, ma senza perdersi in queste piccolezze c’è di che godere senza riserva alcuna. Setlist a parte, è Satyr stesso a dire che ama esibirsi in Italia: e c’è da credergli, data la convinzione con la quale sprona la folla, la compattezza del gruppo e la capacità di creare un maestoso wall of sound non possono non colpire. Anche le nuove song risaltano in tutto il loro “groove”, dimostrando che il nuovo corso musicale dei Satyricon è tutt’altro che un evento casuale, ma c’è una ben precisa strategia dietro. Non mi resta altro da dire, se non aggiungere che un concerto dei Nostri rimane sempre un evento dal quale si esce abbondantemente appagati. Si meritano tutto il successo che hanno riscosso nella loro carriera, compresa quella più recente.
S.M.