La prima impressione che si ha una volta varcata la soglia dell’Alcatraz è che il concerto sarà un mezzo fiasco: sono quasi le otto e nonostante il palco sia stato “sul lato lungo” in modo da ridurre così le dimensioni del locale di gente ce né davvero poca, per lo più giovanissimi tra i quali spiccano anche alcuni genitori-accompagnatori!
Alle 20 spaccate i Mellowtoy fanno il loro ingresso sul palco, e la domanda che viene spontanea è: cosa ci fa un gruppo che scimmiotta il rap metal e l’hardcore a supportare gli Stone Sour?
Il loro genere infatti è un mix dei suddetti stili, un po’ di effetti di qui, un ritmo simil linea 77 di là…poche idee veramente originali e presenza scenica scarsina (i due cantanti stanno spesso immobili) sono i veri elementi padroni dello show; in ogni caso raccolgono applausi nonostante la platea non venga coinvolta durante l’esecuzione…che sia per “simpatia”?
La sensazione è quella di qualche cover in arrivo, magari di un gruppo storico del genere (Madball?) e invece quella che viene proposta è “Them bones” dei Alice in Chains: questa suscita qualche reazione in più, ma c’è da dire che in generale l’esibizione del gruppo nostrano è stata meramente un riempitivo.
Dopo un lungo soundcheck (ben 45 minuti di attesa) gli Stone Sour, annunciati dalle note di “final countdown” degli Europe cominciano il loro show. Nel frattempo il locale si è riempito discretamente, almeno le apparenze sono salve. Corey Taylor si presenta a petto nudo e completamente rasato, mentre Jim Root e Roy Mayorga (rispettivamente chitarrista solista e batterista) hanno un look semiserio con camicia e giacca. La prima parte dello show è composta quasi esclusivamente da brani tratti dal nuovo cd, tra tutti spiccano per la potenza e l’impatto sul pubblico “30-30 150” e “Reborn” che provocano veri macelli. Il pubblico si dimostra un fan affiatatissimo del side project di Taylor, e lo dimostra cantando a piena voce durante i ritornelli oppure facendo la seconda voce dove richiesto nei brani.
Il buon frontman, dalla sua, sembra genuinamente contento di essere tornato in Italia e tra un pezzo e l’altro si prodiga nel caricare la folla ai suoi piedi con battute, “battezzando” le prime file con acqua, mentre il resto del gruppo esegue con molta professionalità i brani.
Il singer dimostra di essere il vero mattatore della serata quando, verso la fine del concerto, esegue da solista con la sua chitarra acustica i brani più “soft” del loro repertorio quali “Bother” e la prima parte di “Through the glass” (singolo scelto per sponsorizzare il nuovo cd), quest’ultimo inframmezzato da molti applausi e ovazioni. Da notare che trova anche spazio per il riff iniziale di “Sweet home Alabama”!
Incredibilmente il momento del bis arriva prestissimo: dopo nemmeno un’ora infatti il quintetto scende dal palco per poi riapparire e fare il consueto giochetto del: “You want more?”.
Si chiude quindi con “Hell and consequences” e “Get inside”, pezzo violentissimo che non risparmia nessuno tra il pubblico. Corey saluta tutti e da appuntamento per l’estate quando gli Stone Sour saranno presenti all’Heineken.
In conclusione quello che si è visto all’Alcatraz è stato un bel concerto, peccato per la scarsa durata: va bene che i cd da cui trarre uno show sono solo due, ma di canzoni valide non eseguite ce ne sarebbero state…che sia Taylor ad avere in fondo dei limiti?
N.B.