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THC #159: Meshuggah, Animals As Leaders, Abbath

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Meshuggah – Immutable
Uno dei dischi più attesi del 2022, o meglio, degli ultimi tempi (senza esagerazioni), visto che sei anni di silenzio da “The Violent Sleep of Reason” sono davvero tantissimi. E un’altra cosa è certa: come si è potuto notare dai primi singoli estratti da “Immutable”, ovvero “The Abysmal Eye”, “Light the Shortening Fuse” e “I Am That Thirst”, anziché perdere lo smalto dopo trentacinque anni di attività e otto album sul groppone, Kidman e soci, senza alcuna fatica, ribadiscono per l’ennesima volta la propria seminale importanza, quella di cui si fa vanto chi può dirsi imitato un migliaio di volte, ma inimitabile. “Immutable”, come suggerisce il titolo stesso, è un’opera granitica, inscalfibile e sublimemente tecnica.

Animals As Leaders – Parrhesia
Parlando di band che molto probabilmente non sarebbero mai esiste senza (tra gli altri) i Meshuggah, capitano giusto a fagiolo gli Animals As Leaders, freschi della pubblicazione della loro quinta uscita discografica, “Parrhesia”. Il virtuoso della otto corde Tosin Abasi e i suoi non potevano regalarci nulla di meno, mantenendo altissimo il livello a partire dal singolo trainante “Monomyth”, più scuro per gli standard a cui la formazione ci ha abituato, ma un ottimo punto di partenza. E infatti “Parrhesia” è tutto in discesa, tra svolazzi progressive, influenze rock classico e jazz (segnaliamo anche “Conflict Cartography” e “Gestaltzerfall”).

Dream Widow – Dream Widow
Nato per scherzo come “colonna sonora” del film horror “Studio 666”, “Dream Widow” in realtà cela in sé una profondità inaspettata, che poi è quella dell’amore da sempre dichiarato e provato di Dave Grohl per il metal classico. Tra registrazioni al contrario, omaggi ai Motorhead e ai Venom (“March of the Insane”) e solennità doom (“Lacrimus Dei Ebrius”), l’impronta dei Foo Fighters si sente eccome (“Angel With Severed Wings”). Un divertissement per chi suona e per chi ascolta, che deve essere fruito in questo modo e con questo spirito, cercando di esorcizzare i recenti e tristi accadimenti che tutti conosciamo.

Abbath – Dread Reaver
Abbath è una macchina da guerra. Scrollatosi di dosso il fango di alcune rovinose cadute e qualche problemuccio personale, l’ex Immortal tira fuori dal cilindro il terzo album solista, “Dread Reaver”. Esattamente come i suoi predecessori, il nuovo lavoro di Olve Eikemo è un disco “entertaining” dall’inizio alla fine, seppur privo di scossoni particolari da renderlo davvero memorabile (“Dream Cull”, “Myrmidon”). I numi tutelari rimangono gli ultracitati Venom e soprattutto Motorhead, senza dimenticare il primissimo thrash dei Metallica con la cover di “Trapped Under Ice” (che, diciamo la verità, è piuttosto inflazionata quanto a “remake”).

Islander – It’s Not Easy Being Human
Sono passati ben sei anni da “Power Under Control”, ma per gli Islander la musica è rimasta la stessa. Seppur con qualche importante cambio in line-up, il terzo full-length della band originaria del North Carolina si attesta sulle coordinate di quel rapcore/crossover tanto in voga qualche anno fa, impreziosito da una sfilza di ospitate di livello (che non vi spoilero tutte). Ma come spesso succede per questo genere, e per “It’s Not Easy Being Human” in particolare, il rischio di risultare prolissi è sempre in agguato, e per i Nostri la discrepanza tra il versante più ruvido e hardcore (“Skateboard Flowers” con H.R. dei Bad Brains, una presenza fissa nei dischi degli Islander, oppure ancora “Y’All” e “My Friends”) e quello più melodico delle power ballad (la title track e “Crazy Crazy World”) stride in modo piuttosto evidente.

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