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The Heavy Countdown #151: Every Time I Die, Ice Nine Kills, Cradle Of Filth

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Every Time I Die – Radical
Qualunque tipo di stress abbiate bisogno di scaricare, potete stare certi che gli Every Time I Die sono là ad aspettarvi in quel porto sicuro in cui dimenticare tutto, almeno per un’oretta scarsa di running time. Nonostante mancassero da tanto, troppo tempo (esattamente dal 2016, anno in cui ci avevano regalato “Low Teens”), il nono full-length della band di Buffalo cancella con un colpo di spugna gli anni di silenzio alle proprie spalle, traducendosi in un lavoro solidissimo, un esempio magistrale di equilibrio perfetto tra ferocia e melodia (prendete solo “Post-Boredom”, “White Void”, “Thing With Feathers”). L’ennesima dimostrazione di potere degli ETID.

Ice Nine Kills – Welcome To Horrorwood: The Silver Scream 2
Da cosa ci accorgiamo che Halloween è ormai alle porte? Non dalle giornate che si accorciano, o dagli alberi che ingialliscono, o dai travestimenti da quattro soldi esposti nei supermercati, ma grazie agli Ice Nine Kills, che tornano a farci compagnia per Ognissanti, puntuali come la morte (è il caso di dirlo) con la seconda parte di “The Silver Scream” (2018). L’ultimo disco degli INK è un tripudio di citazioni tratte da film horror cult, rivisitate in salsa melodic metalcore, irresistibilmente prevedibile e a suo modo confortante come i plot twist di queste pellicole che tanto ci piacciono (“Rash Decision”, Rainy Day”), con in più una sfilza di ospiti di altissimo livello (citiamo tra i tanti Jacoby Shaddix, Corpsegrinder, e includiamo pure Chucky in “Assault & Batteries”).

Cradle Of Filth – Existence Is Futile
Qualche cambio in line-up non ha minato la tardiva ma felice parabola nuovamente ascendente dei Cradle Of Filth, iniziata con l’ultima manciata di album (per essere precisi, da “Hammer of the Witches”, 2015). Anche “Existence Is Futile” è una cavalcata grandiosa e magnoloquente, basata sulla proposta barocca e orchestrale da sempre trademark dei Nostri, ma incredibilmente ariosa e accessibile grazie a ganci melodici piazzati a regola d’arte (“Necromantic Fantasies”, “Crawling King Chaos”). Per non parlare di Dani, il solito vecchio lupo che non sembra voler perdere né il pelo né il vizio.

Don Broco – Amazing Things
I Power Rangers (“Endorphins”), Beckham (“Manchester Super Reds No.1 Fan”), i vecchi eroi dei film d’azione (“Bruce Willis”), queste sono solo alcune delle “Amazing Things” del mondo dei Don Broco. Dopo “Technology” (2018), vero punto di svolta che ha plasmato una volta per tutte il sound del quartetto britannico, Rob Damiani e soci continuano a giocare con l’ironia tutta British e il loro ormai caratteristico mix di generi (rock, pop, metal, rap, alternative, e chi più ne ha ne metta), in un lavoro di certo più conciso dell’illustre predecessore (e con qualche piccola perla, tipo “Gumshield” oppure la deftoniana e stranamente “seria” nelle tematiche “One True Prince”), ma spesso troppo forzato (prendete la già citata “Bruce Willis”, o la power ballad “How Are You Done With Existing?”).

Verbian – Irrupção
Che le emozioni e l’introspezione siano due delle principali caratteristiche dei Verbian è un dato assodato con “Irrupção”, secondo album in studio per i portoghesi. A detta della band stessa infatti, gli otto brani che compongono l’ultima fatica sono una sorta di “eruzione interiore” (“Vesuvio”, uno dei pezzi del disco, non è intitolato così a caso), un tumulto che si traduce alla perfezione nel post-rock strumentale della giovane formazione, conducendo un viaggio sperimentale (in cui non si disdegnano neanche synth ed elettronica, e a volte anche la voce, ma solo come substrato complementare agli altri strumenti, vedi “Nem A Luz Escapa” e “A Cada Inverno”) verso la tanto agognata catarsi finale.

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