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Interviste

Area Covid-19: Giovanni Succi

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Abbiamo avuto l’opportunità di fare una chiacchierata a distanza con Giovanni Succi, figura di riferimento nel panorama indie e alternative italiano, che oltre a raccontarci qualcosa sul suo ultimo album di inediti, “Carne cruda a colazione”, ci ha detto la sua sul periodo che stiamo vivendo e come lo dovremmo affrontare.

Ciao Giovanni, come stai? È ormai mia consuetudine chiedere in primis come stai vivendo questo periodo di “clausura forzata”.
Benone grazie, un po’ casalingo…

Ti abbiamo lasciato in tour per la promo del tuo ultimo (splendido) disco “Carne cruda a colazione”. Ti va di raccontarci un po’ di quest’album?
Sono molto appassionato del mio disco, l’ho sentito già una volta quasi tutto. Lo consiglio.

Il Covid ha colpito profondamente il settore artistico, soprattutto quello musicale. Abbiamo visto tantissimi format che prevedono esibizioni in streaming e al quale anche tu hai preso parte. Come pensi si possa (nonostante la tecnologia) compensare all’assenza di live?
Il surrogato telefonico al sapore di concerto purtroppo mi annoia, me ne sono accorto subito. Così nelle mie tre apparizioni benefiche, alle quali ho partecipato molto volentieri, mi sono messo leggere cose e assaggiare vini. Pare sia piaciuto. Ci ho fatto un podcast: “Fuori di testo”, come l’ultimo spettacolo letterario che avrei dovuto presentare al Germi di Milano dal 21 marzo scorso, con cadenza mensile. Lo faccio in podcast per chi si iscrive. Presento un autore al mese, leggo, mixo delle basi e assaggio vini: condivido il tutto su Patrion. Partirò il 18 maggio con Edoardo Sanguineti, nel decennale esatto dalla sua scomparsa. Ma io so dov’è. Nelle parole che ha lasciato. Per questo mi piace dare fiato a un testo, portalo fuori. La formula è: versi, vini e mix. Vi aspetto!

Parliamo un po’ di politica. Perché pensi che il settore artistico sia così discriminato in Italia? Cosa pensi della figura dell’artista al giorno d’oggi? Ha ancora un ruolo sociale? Cosa pensi andrebbe cambiato e rivalutato?
Il ruolo dell’artista nel contesto politico e sociale in Italia oggi è molto facile da delineare: è equiparato al tizio col cappello in mano fuori dal discount. Perché quando l’artista (soprattutto di nicchia, come me) ti chiede un euro, il nostro imprinting nazionale pensa all’elemosina, non che sta facendo un lavoro come un altro. Perché? Bella domanda. In una lettera aperta su Rolling Stone Italia di una settimana fa, Enrico Gabrielli si chiede “quando il riconoscimento del nostro ruolo è sparito dai radar delle istituzioni”. Vorrei rassicuralo: non c’è mai entrato. Non perché le istituzioni sono marziane, anzi, perché sono italiane, fatte da italiani. Del resto, in una nazione di circa 56 milioni di artistoidi e pseudo-creativi “al naturale”, è ovvio che il settore artistico semplicemente non esista o sia una macchietta. Musica è tappezzeria superflua. Cultura è ormai una parolaccia, socialmente disprezzata. Poi certo, fanno tutti finta di tenerci molto, per il turismo. Come fanno tutti finta di tenerci molto all’istruzione e alle sorti delle generazioni ecc… Pura pantomima sociale. Le nazioni che ci tengono davvero e ragionano a lungo termine, generalmente, stanno antipatiche all’italiano medio.

Cosa pensi che questo virus ci abbia davvero tolto (o ci stia togliendo) e cosa pensi resterà di tutto questo periodo a dir poco surreale?
Ci ha tolto l’illusione che potessimo tirare a campare nonostante l’aver premiato una classe politica di cialtroni e di incompetenti. Che del resto sono gli unici a candidarsi, quindi è anche ovvio che siano eletti. Però ci ha dimostrato che forse la scienza, la ricerca e la sanità pubblica servono non solo per farci la birra e che la terra potrebbe non essere piatta: se no il virus bastava buttalo di sotto. Ma tranquilli, non cambierà niente.

Neanche un mese fa abbiamo festeggiato la ricorrenza del 25 aprile. Oggi da cosa dovremmo liberarci? Chi pensi siano i partigiani di oggi?
A settantacinque anni dai fatti del secolo scorso io vorrei considerare “partigiano” per quello che è: un termine neutro; chi sta da una parte oppure dall’altra in una contesa. Forse il problema è che oggi, siccome non si rischiano le chiappe ma solo il profilo Twitter, ce ne sono anche troppi di partigiani da tastiera, accecati dalla convinzione di essere sempre nel giusto a tutti i costi, paladini di una guerra tutta italiana, anacronistica e superata rispetto al resto del mondo. Ma è più facile agitare bandierine.

Solitamente chiedo agli artisti che ospito di lanciare un messaggio ai fan o a chi vorrebbe intraprendere la strada del musicista? Come si fa a diventare Giovanni Succi?
Il consiglio è non farlo. Ma io ci sono nato Giovanni Succi e quindi lotto per la sua sopravvivenza. Se voglio rivedermi vivo pago il riscatto.

Cover story: Rosalba Sacco

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