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Intervista a Stefano Giovannardi: “Vi racconto structure, il mio nuovo progetto”

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Stefano Giovannardi vive la sua esistenza a cavallo tra musica e biologia, due mondi apparentemente distanti che alla fine hanno dato origine al suo ultimo progetto, structure, e al suo album, “mindscore“, il primo disco solista dell’artista sperimentale, in uscita il prossimo 3 luglio insieme al video del singolo “flat”. Abbiamo raggiunto Giovannardi che ci ha raccontato qualche curiosità sulla sua attività e sul suo primo lavoro in solitaria.

Ciao Stefano. E’ un piacere ritrovarti ma soprattutto è un piacere riascoltarti. Il 3 luglio uscirà il tuo ultimo progetto structure. Vuoi raccontarci di cosa si tratta e da dove hai tratto ispirazione?
Il progetto nasce come una mia necessità di riflettere su alcuni aspetti e su alcune situazioni legate alla nostra presenza su questo pianeta. L’evento che ha fatto scattare la molla è stato il mio cinquantesimo anno di esistenza, mezzo secolo, un numero che per me è stato motivo di riflessione. I contenuti dei brani quindi trattano di umanità, sinceramente rimango un po’ provato da certi comportamenti dell’homo sapiens che nel 2020 mi aspetterei di trovare più maturo e invece mi iniettano una certa dose di pessimismo. Il fatto di esternare certi pensieri è quindi anche una modo per esorcizzazione certi timori e dubbi, anche una sorta di cura se vogliamo. La canzone ha in questo caso il ruolo di fare il punto della situazione, mi permette di focalizzarmi su una vicenda e di riflettere, chissà che ragionandoci su uno riesca a darsi delle risposte e trovi una sua soluzione al problema. Per citare alcuni esempi, un brano tratta del valore relativo che attribuiamo alla vita, per poi passare ai pensieri di un carcerato, alla questione della religione, la guerra, l’accanimento terapeutico, situazioni di sfruttamento di esseri umani, insomma giusto quattro cosette allegre e spensierate; devo dire che comunque essendo io abbastanza ironico i “brevi racconti” prendono a volte pieghe inaspettate. L’alias con cui mi presento “structure”, ha un suo retroscena, la scelta è suggerita dai due mondi a cui appartengo musica e scienza; sono un biologo, un ricercatore, e so bene che la struttura è alla base delle forme di vita, ma non solo, anche una composizione musicale ha tipicamente una struttura che le da vita, quindi structure è se vogliamo una sorta di ponte che unisce questi due territori. Anche il titolo dell’album “mindscore” è la fusione di due termini, “mind”, il cervello, e “score”, lo spartito musicale, in analogia con quanto precisato sopra.

Le parti strumentali di “mindscore” sono realizzate con una prevalenza di strumenti elettronici, synth e drum machine, ma anche le chitarra e basso hanno un ruolo importante e, per come è il mio approccio, non vengono spesso usati nel modo convenzionale che di solito gli si attribuisce. Ammetto che sono un po’ pignolo sul dettaglio sonoro, per me è importante perché da un singolo suono può nascere l’idea di un brano, la ricerca sonora anche detta “sound design” è quindi fondamentale. Come secondo me dovrebbe sempre essere nella musica, non ho preconcetti o limitazioni sul mio modo di comporre, non mi impongo degli standard, ma immagino si percepisca dal risultato. Non posso negare che probabilmente la mia professione sia in parte responsabile del modo in cui faccio musica, lo scienziato deve essere molto attento alle sfumature, al dettaglio e deve possedere anche una buona dose di creatività, si trova infatti a che fare con la natura che in fatto di inventiva e peculiarità è insuperabile. Infine devo dire che sono abbastanza legato alla forma canzone e quindi di un album di canzoni si tratta, ma tendo a mettere sullo stesso piano voce e strumenti in questo modo questi possono scambiarsi tranquillamente i ruoli a seconda delle situazioni cioè le parole possono essere usate come suoni e i suoni come strumento narrativo, questo è ottenuto scrivendo il testo e la musica nello stesso momento. La scelta delle lingua viene un po’ da sé, musicalmente mi sono sempre sentito più vicino al mondo anglosassone inoltre l’inglese impone meno restrizioni rispetto ad una lingua come l’italiano, con cui tra l’altro ho già avuto a che fare; ma non ho preconcetti sulla lingua anzi, ne sperimenterei volentieri altre.

Questo progetto prevede delle collaborazioni?
Nonostante io abbia in passato sempre collaborato con altri musicisti, questa volta ho voluto proprio lavorare in totale solitudine; quindi ho realizzato tutte le fasi del progetto, composizione delle musiche, scrittura dei testi, ho suonato tutti gli strumenti, poi anche ho seguito le fasi più tecniche, registrazione, editing, mixaggio, e mastering dei brani. In fondo, se vogliamo, è anche un modo di mettersi alla prova, correndo anche dei rischi certamente, ma è una cosa che sentivo di dover fare. Adesso che ci penso il testo di uno dei brani non è di mio pugno ma scritto da un mio lontano compagno di avventure musicali, si parla dei primi anni 80, che ho voluto includere per questioni affettive, poi era un testo che ben descriveva la situazione che volevo raccontare. Visto che oggi non può mancare il videoclip, ho deciso di esplorare anche questo aspetto visivo della musica, sinceramente non lo avevo mai considerato prima d’ora, almeno dalla parte dell’ideatore/realizzatore dell’opera. Quindi sia i teaser che i videoclip sono stati ideati, girati e montati da me, per essere preciso il secondo teaser e anche il secondo video, che pubblicherò più avanti, sono stati realizzati utilizzando video di repertorio, certe volte trovi delle sequenze che calzano a pennello sul brano, perché non usarle?. Devo dire che è stato un lavoro abbastanza impegnativo, anche in questo caso sono molti mestieri messi assieme e si deve imparare, spero di essere riuscito a comunicare qualcosa anche in questa modalità, ma me lo direte voi.

Che progetti hai nel futuro prossimo? Vuoi darci delle anticipazioni sul nuovo progetto con Maria Devigili?
Ne ho in itinere uno a cui tengo molto, è in fase di imminente realizzazione, ma non voglio raccontare troppo, vi toglierei la sorpresa, posso dirti che in antitesi a questo è un progetto “molto collaborativo”. Poi ci sono altre idee ma ancora da sviluppare in modo concreto, sinceramente al momento non mi manca il substrato su cui lavorare, ma quei due/tre album di bozze sono sempre in agguato sugli hard disk.

Avremo modo di vederti o sentirti da qualche parte questa estate?
Allora, sinceramente per ora non ho ancora fatto una previsione sul quando e se portare questo progetto su un palco, anche perché sto lavorando con Luca Lezziero alla preparazione del live di “due” il progetto precedente a questo e pubblicato a novembre 2019, avevamo alcune date che sono saltate per ovvi motivi; direi che quest’ultimo, per questioni cronologiche e di impegno nei confronti del mio collaboratore, ha la precedenza. Posso dire che portare su un palco progetti complessi non è semplice, più che altro richiede tempo, è quello che ci sfugge e che inseguiamo costantemente.

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