Intervista ai The Darkness, Dan Hawkins racconta la nuova incarnazione della band

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A poco meno di un mese dall’attesissima data italiana dei The Darkness al Pistoia Blues Festival, abbiamo raggiunto il chitarrista della band, Dan Hawkins, con il quale abbiamo fatto quattro chiacchiere sul tour e sul nuovo album, “Last Of Our Kind”, aprendo anche una parentesi letteraria molto curiosa.

Come sta andando la prima parte del vostro tour?
Siamo nel bel mezzo della stagione dei festival, e non è come affrontare un tour normale. Ogni volta c’è una sorpresa diversa, non sai mai come sarà il pubblico che ti accoglierà. Ma soprattutto l’incognita più grande è il meteo: abbiamo suonato con la pioggia, il sole, il gelo… Le abbiamo provate davvero tutte.

E a Pistoia che farete? Avete qualche sorpresa in serbo per i vostri fan italiani?
Non vediamo l’ora di suonare a Pistoia e di tornare in Italia! Allora, abbiamo pronti dei vestiti di scena fantastici, vogliamo sfidare i vostri fashion designer. Per quanto riguarda le canzoni, dipende da quello che vi piace! Stavamo pensando magari di fare qualche cover, forse dei Sex Pistols, o chissà.

Avete superato molto velocemente l’uscita di scena di Emily Dolan Davies. Ci racconti cosa è successo e come sta andando con Rufus Taylor?
Abbiamo ingaggiato Emily alla batteria poco prima di iniziare le registrazioni del nostro ultimo album. È la migliore che potessimo trovare, soprattutto come session drummer, ma avendo preso in considerazione di lavorare anche con altri, ha deciso di allontanarsi dal progetto Darkness. Beh Rufus è dei nostri, al 100%. Era un po’ il pezzo mancante, quello che stavamo cercando da tempo. Ci è stato caldamente raccomandato, l’abbiamo preso in considerazione, ed eccoci qui. E poi è una rockstar, molto più di noi!

“Last Of Our Kind” è un album molto complesso, alcune sonorità sono nuove anche per chi vi segue dagli inizi. È molto ricco inoltre di riferimenti e rimandi, ce ne racconti qualcuno?
Ci piace variare, non rimanere mai fedeli a una sola sonorità e ripeterla alla nausea. Adoriamo mescolare più generi, di base perché ci annoiamo in fretta. Nell’album trattiamo argomenti storici che ci intrigano molto, come le invasioni vichinghe, ma ci sono anche love songs. A volte però è molto difficile spiegarsi, soprattutto per la scrittura dei testi. Quando finiamo di scrivere qualcosa, e magari ci torniamo sopra dopo un po’ di tempo, spesso ci chiediamo “ma di cosa cavolo stiamo parlando?”.

A proposito di nuove sonorità, qual è il vostro rapporto con il blues? In alcuni nuovi pezzi, come “Hammer & Tongs”, questa influenza sembra molto forte…
Sicuramente i miei riff hanno un nonsoché blues a volte, ma non siamo bravi con il blues perché è strettamente collegato alla tristezza, noi siamo molto più happy… siamo l’opposto del Blues, siamo i Pinks!

Penso che la scelta di Frankie Poullain alla voce in “Conquerors” sia molto interessante. Come mai questa decisione?
Volevamo farlo da un po’. Amiamo gruppi come Teenage Fanclub e i Queen ovviamente, in cui tutti i componenti cantano e portano le loro influenze nella band. Anche quando scriviamo tutti esprimono la loro opinione che viene sempre presa seriamente in considerazione, nonostante poi magari venga scartata. Per la storia di “Conquerors”, ad un certo punto Frankie ha preso il microfono e l’abbiamo lasciato fare. Tra l’altro penso sia una delle canzoni migliori di “Last Of Our Kind”.

In quale canzone dei Darkness ti rispecchi di più?
[Ci pensa su un bel po’] Oddio, forse una delle canzoni del nostro primo album, “Givin’ up”, che dice “givin’ up, givin’ a fuck”, uso praticamente un solo accordo e lo ripeto all’infinito. Quello sono io, uno che si diverte, senza una preoccupazione al mondo. Mi piacciono le melodie semplici e le idee semplici. Odio complicare le cose, anche se spesso il corso degli eventi è imprevedibile.

Abbiamo parlato solo di musica, ti va per finire di parlare un po’ di letteratura?
Frankie legge tantissimo e pure io. È stato lui a introdurmi a Dostoevskij, adoro “Delitto e Castigo” e “L’idiota”. Mi ha suggerito anche uno scrittore norvegese, Knut Hamsun. Mi piace anche George Orwell. Ma devo ammettere che la mia debolezza sono le storie natalizie di Trisha Ashley!

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