Editoriali
La magia del disco fisico: vinili e CD nel corso degli anni fino ad oggi

È innegabile il fatto che ad oggi possiamo godere di tutta la musica che vogliamo, con una comodità da far invidia alle scorse generazioni. Grazie alle numerose piattaforme che abbiamo tra le mani (veramente, strumenti donati dagli dèi), avventurarsi alla ricerca di generi nuovi, farsi una cultura, spaziare tra decine di discografie, e ascoltarle dove e quando vogliamo, è un passo in avanti paragonabile allo sbarco sulla luna. Eppure, purtroppo, a discapito di questa evoluzione, ci è finito il mondo affascinante, la magica sottocultura, delle vendite fisiche, degli album venduti nei negozi di dischi, dello scartare un vinile e odorarne il profumo di nuovo prima di poggiarlo sul giradischi.
Il fatto che, se pensiamo a come i Pink Floyd abbiano venduto oltre 250 milioni di dischi tra le strade di tutto il mondo, mentre oggi basiamo e valutiamo il successo di un artista solo sul mero numero dei streaming, è un segno di come lentamente sia andato disgregandosi il fascino e la cultura della copia fisica nel tempo.
Ma come accade con le mode, a volte spariscono per poi tornare, e negli ultimi anni fortunatamente, è ritornata a gran voce. Oggi, ad esempio, è pieno di festival ed eventi dedicati all’intramontabile LP e suo cugino piccolo CD; ritrovarsi per confrontarsi, conoscersi, farsi consigliare delle nuove chicche grazie all’unione che crea la musica, ci riporta indietro nel tempo, di quando a 17 anni, si andava al negozio dischi di fiducia per comprare l’ultima uscita, e si rimaneva incantati dalle parole del proprietario che, raccontandoti una band o un artista, finiva per fartene comprare l’album.
L’aumento delle vendite parla chiaro
I numeri e la storia testimoniano questa ripartenza grandiosa: Nel lontano 2011, si aprirono le porte a una rivoluzione che asfaltò le strade delle vendite fisiche fino ad oggi, per la prima volta da decenni si rilevò una crescita del formato vinile rispetto all’anno precedente: da 2.8 a 3.9 milioni di copie vendute. L’anno successivo, nel 2012, FIMI registrò anche in Italia i primi segnali di crescita: +46% sul 2011, per delle entrate sbalorditive di 2 milioni di euro. Era solo l’inizio di una rinascita fuori da ogni aspettativa: nel 2021 abbiamo assistito a un sorpasso storico del supporto fisico, dove solo nel primo trimestre, in Italia, le vendite di vinili hanno superato quelle dei CD per la prima volta dal 1991, con un incremento del 121% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, ma mantenendo lo stesso il CD un grande amico su cui fare affidamento. Nel corso degli anni, le percentuali sono continuate a crescere, in Italia come in tutto il mondo, arrivando nel 2025 a un flusso di vendite sempre più consolidato, e affermando finalmente, che il caro vecchio disco fisico sia tornato nelle case di migliaia di ascoltatori.
Clicca qui per accedere al report FIMI del mercato discografico italiano 2025!
Se è pur vero che il vinile abbia superato di molto la vendita del CD, uno non ha nulla da invidiare all’altro, entrambi due piccole opere d’arte di grande valore per migliaia di appassionati (o di malati, come me), ma c’è chi riempie sia mensole di CD che scaffali di LP, trovando in entrambi la formula della felicità. Ma cos’è che li differenzia così tanto, e allo stesso tempo li rende così unici?
Perché il vinile?
Il 33 giri ancora da spellicolare, è un vero e proprio quadro da poter appendere, la cover in cartone a volte traslucida, trasmette una bellezza dalla quale è difficile staccare gli occhi per meno di 10 minuti.
Poi, una volta spellicolato, inizia un vero e proprio rituale, con una delicatezza amorevole lo si sfila, lo si monta sul giradischi, si appoggia la puntina, e dopo i fruscii iniziali effetto suspence si comincia il viaggio.
Un viaggio che si rende speciale soprattutto per la qualità di ascolto che solo il vinile sa dare, un suono pulito, autentico, che essendo inciso fisicamente su plastica, rimane la forma più pura e concreta per ascoltare musica, lasciandosi trascinare brano dopo brano, finché la puntina comincia a frusciare… Ogni volta, quella che regala il vinile è un’esperienza a 360 gradi ricca di poesia.
E il CD?
Il CD, nato molto più tardi, fu una vera innovazione, concepito per essere più versatile, compatto (Compact Disc) e non soggetto a usure, quindi più duraturo, lo si poteva mettere in macchina, nel lettore, e star sicuri che dopo 10 anni performasse ancora, in più, ti dava la possibilità di skippare da un brano all’altro direttamente, cosa che un giradischi non poteva fare.
Anche lui ha un fascino tutto suo, la custodia in plastica (ma anche in cartone) che si apre come un libro, dando la sensazione di star per immergersi in una storia, e la versatilità con la quale, dopo aver finto di scratchare il dischetto, e goderne delle grafiche, possiamo sfilare il libricino, gustarne le immagini e perdersi nel leggere i testi dei brani. È anche questo un tocco di emozione per il quale un collezionista perde la testa.
Per non parlare dell’impatto che il CD ha avuto su un’intera generazione: le compilation masterizzate, i porta-CD a libretto, il fruscio del lettore in macchina, i primi ascolti con le cuffie grosse e il lettore anti-shock. Anche lui, un fantastico compagno di viaggi.
Un gran ritorno che quasi commuove
E così, ad oggi, nel 2025, quella che sembrava una nicchia per pochi appassionati è tornata una vera e propria tendenza. Le nuove generazioni, spesso immerse nel flusso infinito dello streaming, hanno riscoperto il piacere di possedere un disco fisico. Non si tratta solo di nostalgia, ma di un ritorno a una forma di ascolto che ha il suo fascino: il piacere di collezionare, di avere tra le mani un pezzo unico, di immergersi nel mondo di un album non solo attraverso i suoni, ma anche visivamente e fisicamente.
È bello vedere che, mentre il mondo continua a evolversi digitalmente, la passione per il vinile e il CD non è mai svanita, ma si è rinnovata. Un bel segno di come, alla fine, c’è sempre spazio per l’autenticità, e le mille sfumature che legano l’arte della musica.