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Tra sogno e realtà: il live di MEG celebra la vita ai Magazzini Generali di Milano

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Meg credits artwork e rielaborazione di Dadá Di Donna da una foto originale di Elisabetta Claudio

Volevamo ballare e si è ballato, volevamo celebrare e abbiamo celebrato, convoglio dissidente sulle montagne russe della vita. È stata una festa, ieri, la penultima tappa di TRENTA MEG, il tour celebrativo per i trent’anni di carriera di MEG, ai Magazzini Generali di Milano: un concerto denso di energia e ricco di sfumature emotive, sospeso tra atmosfere oniriche e squarci di realtà, un’esperienza labirintica tra fuga e consapevolezza, intrico disciolto nel sacro rituale della danza.

Dopo l’apertura affidata alla giovane cantautrice Le Nora, MEG ha fatto il suo ingresso in scena sulle note di “Audioricordi”, sognante, accompagnata al piano da Ze in the Clouds, vestita di un mantello nero e col viso coperto da una maschera argentea, Luna piena nella notte densa. Siamo subito dentro, ma a completare l’operazione decollo arrivano, a ruota, le sonorità oscure, magmatiche e pulsanti di “Napoli città aperta” e “Principe delle mie tenebre”.

Ora sul palco sono in tre: MEG, Ze in the Clouds e Suorcristona, una specie di trinità, sacra, a modo suo, riunita attorno all’altare dell’elettronica. Di sacro, di sicuro, c’è il messaggio che MEG e i suoi musicisti portano, ognuno, scritto sulla propria t-shirt: “Dissent” (MEG), “Defend” (Suorcristona), “Refuse” (Ze). Sono i tre pilastri di significato, che muovono le fila di questo spettacolo e dell’intera produzione di MEG, icona dell’epoca delle posse, dei centri sociali (un ricordo?) e ancora oggi donna combattente, capace del pugno, così come della carezza.

Così, dopo l’allegoria dell’inizio, calata la maschera, un po’ da tragedia greca, un po’ alla Bjork, MEG si immerge nella confessionale “A una donna”, primo brano in scaletta tratto dal repertorio dei 99 Posse – il collettivo in seno al quale ha iniziato il suo percorso e da cui oggi ha definitivamente preso le distanze, almeno umanamente – un pezzo, in cui MEG parla a se stessa, incoraggiandosi ad andare avanti, nonostante tutto e tutti, perché ci sono cose da difendere, sempre.

“Impossibile trasmissione”, cantata da tutto il parterre, apre la sezione ritmicamente più travolgente del live. L’atmosfera è caldissima e a renderla incandescente è un quintetto di pezzi dalla produzione dei 99 Posse: “Sfumature”, “L’Anguilla”, “Quello Che”, “Sub” e “Corto Circuito”. Il rituale tocca il suo climax in un’atmosfera di consapevole liberazione ed è qui che MEG intenta uno dei suoi primi brevi monologhi, fermandosi un attimo, dopo “L’Anguilla”, per spendere qualche giusta parola sulla necessità del dissenso.

«Lo so, sono tempi duri», dice, dopo avere sondato l’umore del parterre. «Il dissenso è morto, ma senza il dissenso non esiste la democrazia, non esiste una società civile, un pensiero critico, senza il dissenso c’è il regime. Ci vogliono dare dai 2 agli 8 anni per le manifestazioni, per i blocchi stradali, per le proteste all’università, in carcere, in fabbrica… uagliù, se facevano il DDL Sicurezza quando ero ragazzina, mo tenevo l’ergastolo!», continua tra gli applausi. «Questo per dire che questo DDL è anticostituzionale, quindi manifestiamo, manifestate. È vero che i tempi prima erano più spensierati, ma i momenti di felicità esistono ancora e dobbiamo difenderli con le unghie e con i denti. Questo è uno di quei momenti, per cui grazie!».

È bellissima MEG, una creatura “Fortefragile”, per natura formidabile, come canterà tra una manciata di canzoni, magmatica e scintillante, tornata sul palco mascherata, questa volta, il sembiante è quello di un Sole, dopo aver incantato il pubblico con “Promemoria” e una nuova versione piano e voce di “Maria”, brano protagonista in diverse versioni dell’ultimo, omonimo ep. La presenza del piano è assolutamente una chicca del live, Ze in the Clouds è un eccellente strumentista e l’organicità del pianoforte ora si integra nella trama sintetica intessuta da Suorcristona e MEG, ora le fa da perfetto contraltare.

A seguire, “È troppo facile”, dall’album del 2008 “Psychodelice”, dà l’occasione a MEG di aprire un momento di riflessione su un altro tema scottante, oggi, purtroppo, sempre più all’ordine del giorno, ossia quello della violenza sulle donne: «Non posso non pensare a Ilaria Sula e a Sara Campanella, questo pezzo è dedicato a loro e a tutte le donne vittime di violenza», confessa MEG. «Le cose devono cambiare e mi rivolgo a voi genitori, la società e la scuola vi lasciano spesso soli, è vero, ma ricordatevi che l’educazione dei vostri figli nasce a casa vostra». Perché ci sono cose da rifiutare e cose da difendere.

Clicca qui per accedere al profilo Instagram di Meg.

È il momento per “Fortefragile” e “Non ti nascondere”, due brani dall’ultimo album “Vesuvia”, nei quali è il lato più conscious di MEG ad emergere, quello di una donna che ne ha viste tante, ma non ancora tutte, spinto dalle sonorità contemporanee ricavate dalla collaborazione, nell’album, con Frenetik, Orang3, Fugazza, Suorcristona, Tommaso Colliva e David Chalmin. A chiudere, poi, prima dell’encore, è l’inno alla fuga “Distante”, dopo il quale MEG e i suoi lasceranno la scena tra gli applausi.

Tornata sul palco, MEG riprende con un altro pezzo tratto da “Psychodelice”, quella “Running Fast” scritta dopo i fatti di del G8 di Genova del 2001, l’inizio della fine per la cultura del dissenso in Italia: «A Genova la repressione è stata veramente violenta, è morto un ragazzo, Carlo Giuliani, tutte le nuove generazioni si sono allontanate dal movimento e questa repressione è cresciuta costantemente negli anni, ma non dobbiamo deprimerci uagliù! Anzi, dobbiamo continuare a esserci, a sperare, perché, senza la speranza che cos’è, un anticamera della morte? Quindi continuiamo a esserci, a frequentare le piazze, anche se ci arrestano, che fa, no? Continuiamo a frequentare e sostenere i centri sociali. Qui a Milano avete il Leoncavallo, dopo 50 anni di storia lo stanno sgomberando ed è uno dei posti in cui ho visto e ho fatto i più bei concerti. I centri sociali sono luoghi di cultura, di arte, di aggregazione, quindi vanno difesi».

Dissent, refuse, defend… and celebrate, perché, sì, non ci avrete mai come volete voi, ma, tra il resto, ve lo diremo ballando e cantando! Così, dopo le danze spasmodiche di “Running Fast”, il rituale passa attraverso un brano di auguri tradizionale delle campagne di Torre del Greco, da dove proviene la famiglia di MEG. Un ritorno alle origini, che, con la versione piano e voce di “Quello che (napulè)”, posta a chiusura del live, assume un senso tutto suo. Tre decenni di carriera sono stati scritti, pagine indelebili della musica alternativa di casa nostra, e con questo tour li abbiamo debitamente celebrati: un punto e a capo significativo in una storia, che, come racconta questo live, sembra avere ancora molto da raccontare.