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Interviste

Il dolce cantautorato malinconico di Leanò, l’intervista

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Nella scena cantautorale Milanese si fa strada una piccola ma accattivante artista, il suo nome è Eleonora Pisati, classe ’95, in arte Leanò.

Le sue origini sono del sud, del Cilento, e nella sua musica si può sentire l’amore e la malinconia per il mare e la campagna. Il 6 luglio è uscito il suo EP di debutto per Sunbeat Music, dal titolo Tempio, che contiene sei tracce scritte e composte da Leanò.

In queste canzoni troviamo una forte intimità data dalla potenzama al tempo stesso dalla dolcezza della sua voce, accompagnata da giri di chitarra acustica che regala al contesto cantautorale il suo tocco tradizionale e popolare.

I testi introspettivi ci trasmettono un forte amore per la natura che ritroviamo anche nella copertina, curata da Omar Iannuzzi, con colori caldi del rosso e del giallo e una donna distesa su un prato verde in perfetta stabilità con il mondo.

È stata una dei finalisti del premio Bindi e ha aperto numerosi concerti ad artisti della scena cantautorale italiana come Giovanni Truppi e Gnut.

Aspettando di ascoltarla dal vivo le abbiamo fatto qualche domanda per scoprire qualcosa di più sul recente EP, ecco cosa ci ha raccontato.

 

Raccontaci un po’ della tua nascita e del tuo percorso artistico.

Ho iniziato con la classica gavetta: tanti open mic che hanno portato a dei live nei locali milanesi. Ho conosciuto i ragazzi del Phaser Studios, proprio in una di quelle serate, e abbiamo cominciato a collaborare. L’anno scorso ho conosciuto Giordano di Sunbeat Music, mi sono ritrovata molto con gli obiettivi dell’etichetta, quindi anche con loro abbiamo iniziato questo percorso insieme.

 

Vivi a Milano, una città caotica e sempre sveglia ma con tante opportunità e gente diversa ma spesso ti ritrovi nel tuo posto d’origine, la campagna, con il rumore del vento e il rimbombo del proprio respiro. Come concili questi due ambienti nella tua musica?

In modo abbastanza naturale. Fin da piccola i nonni mi raccontavano favole locali o cantavamo insieme le canzoni popolari, quindi qualche reminiscenza si trova nelle cose che scrivo. L’ambiente milanese d’altra parte mi torna molto utile per crescere artisticamente grazie anche al confronto – che in città riesco ad avere più spesso – con altri musicisti e musiciste.

 

Il tuo EP Tempio contiene sei tracce molto personali e sincere, spesso citi il mare, la sua spuma o la sabbia. E’ un modo per restare legata alle tue origini?

Scrivo più spesso a Milano, a volte mossa da una nostalgia per quei luoghi. Forse citare questi elementi è un modo per portarli con me quando so di non poterli avere, ma non lo faccio deliberatamente. Quindi forse sì, è un modo per tornare alle mie origini, ma solo in una piccolissima parte, mentre perlopiù è un’esigenza espressiva.

 

La tua voce limpida, con falsetti e vibrati, rende le tue canzoni molto intime ed emozionanti. Quanto è importante l’espressione vocale nei tuoi brani?

Molto. Credo che a cantare senza emozione si perda la metà (o più) dell’intenzione e della resa comunicativa di un brano. L’espressione vocale rende partecipe chi ascolta, connettendolo empaticamente con l’esecutore, ma se la tecnica vocale non è “sentita”, risulta solo una pratica macchinosa.

Lo strumento che lega tutto l’EP è la chitarra, che dal vivo viene a volte accompagnata da un contrabbasso. Ti piacerebbe suonare altri strumenti o esibirti con un’orchestra?

L’anno scorso ho iniziato a suonare in trio oltre al solito duo contrabbasso-chitarra.  Purtroppo la situazione che abbiamo vissuto non ha permesso di fare molti live in formazione completa (chitarra-piano/moog/synth-batteria), ma l’intenzione è sicuramente riprendere il prima possibile. Per quanto riguarda l’orchestra non ci avevo mai pensato. Mi hai messo un nuovo pallino, ora è nella mia “to do list” (ride n.d.r.).

 

“Resto qui ad immaginarti, mi fai vivere, mi fai scrivere” Cosa o chi t’ispira per la scrittura dei testi?

In “Alba” parlavo di un amore universale che a volte, se si guarda bene, si trova anche nella bellezza che la natura ci dà. Spesso è proprio questo che mi ispira nella scrittura, ed è anche un modo per ricordarlo quando mi viene più difficile trovarlo nella vita cittadina. Altre volte le canzoni nascono da incontri che faccio, da certe esperienze o da persone che per me sono importanti.

 

Hai aperto diversi concerti ad artisti già affermati, uno di questi è Giovanni Truppi. Com’è stato aprire le danze, è stata una buona gavetta?

È stato bellissimo. Era il mio primo concerto post-lockdown e sono stata molto contenta di farlo su quel palco, davanti a così tanta gente e prima di un artista di quel calibro.

 

“Mentre tutto passa, la notte resta”, mi ha fatto pensare a quando ci si abbandona alla musica al buio, nel proprio letto a lasciarsi cullare dalla notte che passa con i nostri pensieri. Cosa per te è già passato e cosa resta?

In “Notte” mi riferivo ai pensieri che ci attraversano, che vanno e vengono un po’ come delle nuvole, ma alla fine l’unica cosa di stabile, importante, che “resta”, è il momento in cui quei pensieri nascono – in quel caso la notte, appunto.

 

Autunno, ci fa immergere a fondo in questa stagione con le sue note malinconiche e speranza di rifiorire in primavera.  Cosa ti aspetti da questo prossimo inverno ancora incerto a causa del Covid? Hai dei progetti, magari della musica dal vivo?

Riguardo l’incertezza causa Covid, spero di tornare presto a suonare in formazione completa, anche se ho dei concerti in acustico già fissati e che non vedo l’ora di fare – li comunicherò mano a mano sul mio profilo Instagram. Mi rendo conto di essere fortunata, per alcuni trovare dei locali che facciano suonare è diventato davvero difficile.

 

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