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Interviste

Thamsanqa è l’etichetta del presente

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10 dicembre 2013, Johannesburg, Sudafrica. 

Thamsanqa Jantjie, interprete della lingua dei segni, viene chiamato al suo lavoro d’ufficio in occasione del primo Nelson Mandela Day, esattamente 5 giorni dopo la sua morte. Sul palco accanto a lui sfilano le più alte cariche del paese, accompagnate da una serie di capi di stato tra i quali l’allora presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. 

Nulla di strano. Tranne che il giorno dopo, la DeafSA denuncia l’uomo per aver ridicolizzato la comunità sorda gesticolando senza senso in diretta mondiale.

A quasi 10 anni dall’accaduto, non è ancora stata fatta piena chiarezza sull’episodio, ma una cosa è certa: l’effetto farfalla che ha creato. 

Fast forward al 2021. Milano, Italia.

Una coppia di amici della provincia di Modena fonda una start-up e, per lo scivolone della storia che è stato Thamsanqa, la rinominano in suo onore. “Investiamo laddove non sembra esserci nulla di coltivabile”, è così che i fondatori Lussorio Piras e Riko DeVille (al secolo Riccardo Vignola) spiegano la loro visione artistica-imprenditoriale. Sì, perché di questo si tratta: arte al servizio dell’intrattenimento o intrattenimento al servizio dell’arte. Vedetela come vi pare. Come se nel 2022 discorsi di questo genere possano ancora avere rilevanza. Eppure spesso (troppo spesso) si sente dire che Panetti non è un artista “perché dai, fa lo streamer”, o che Naska debba il suo successo al bel faccino. 

Ma andiamo con ordine. Thamsanqa è una società divisa tra label discografica, management e consulenza con il fine di raggruppare l’estro creativo, più che il talento, in un unico recipiente. A coloro abituati a ragionare per compartimenti stagni è difficile spiegare la fluidità di genere, quindi farò direttamente alcuni nomi. Accanto a creators come Luis Sal e Homyatol, coesistono artisti come Naska, Panetti e Mike Lennon. E ancora, musicisti e autori come Renzo Stone e Andrea Blanc. Non rinchiusi all’interno di un solo ruolo, ma tutti aperti alla contaminazione di chi sta attorno.

Come spiega Riko, accadrà sempre più spesso che i creator del web si approccino a forme d’arte diverse dai loro canali di comunicazione, perché sicuramente alcuni di loro possiedono una radice artistica alla base, la stessa che li spinge a creare contenuti. 

Un concetto, quello del pubblicare contenuti, non molto diverso dalla produzione musicale di oggi: per la velocità con cui viene prodotta e fruita, per la rincorsa al trend e per il piazzamento all’interno di un mercato che ogni giorno si sveglia con un volto diverso. 

Mentre mi faccio il sangue bollente pensando all’arretratezza del nostro paese, Lussorio traccia una disamina perfetta: “In Italia c’è molto spazio, ma se ci metti qualcosa di troppo complesso non la percepiscono, almeno non subito”. La parte che più mi attira è quel “non subito”. Thamsanqa, infatti, funziona perché non ha fretta. Avendo a che fare con personalità del web, abituate ad aggiustare la loro produzione su base quotidiana, si potrebbe pensare che la musica che propone viaggi alla stessa rapidità. Al contrario, è la tendenza alla programmazione, al non bruciarsi, che gli sta dando ragione. Riko e Lussorio lo definiscono un modello “tailor-made”, più sartoriale, con cui all’artista non si promette di fare i soldi e scalare le classifiche, ma che di certo avrà una coerenza artistica sul lungo periodo. “Non inseguiamo la hit” tiene a specificare, in controtendenza con il panorama urban in cui, aldilà degli ascolti online, il trionfo dei live si riduce spesso al sing-along di un paio di brani. 

Questo è quanto riscosso da Thamsanqa: un riconoscimento organico da pubblico e addetti ai lavori, o almeno da chi ha occhi e orecchie per comprendere. 

La label di Lussorio e Riko copre un buco di mercato lasciato scoperto per mera diffidenza, ma che per i più attenti costituisce l’oggi e il domani dell’intrattenimento. Thamsanqa è la ragazza che finalmente si svincola dal giudizio altrui e decide di essere quello che vuole. Senza badare a cosa può e cosa non può, guardandosi allo specchio vede solo ciò che vorrebbe essere. E con il coraggio di non prendersi troppo sul serio, ha la consapevolezza di poter essere chiamata arte.

Investire nel deserto e trovarci un’oasi. 

Thamsanqa ha aperto le porte a Futura1993 per una chiacchierata molto stimolante. Di seguito l’intervista:

Ciao ragazzi, per chi non vi conosce: chi siete, cosa fate, che formazione avete e che ruolo avete in Thamsanqa?

Lussorio: Sono il 50% di Thamsanqa. I nostri ruoli sono molto misti in realtà: io sono un po’ più portato per la progettazione e per la visione d’insieme. Come formazione, ho studiato design della moda e ingegneria del suono e produzione musicale, da cui ho estratto tutte le competenze che ora riverso nella parte di management. Poi in realtà sono un perito meccanico; gran parte della progettazione deriva da lì, me ne rendo conto solo ora.

Riko: Io ho fatto la scuola alberghiera e non l’ho neanche finita. Facevo il cameriere e ho girato un po’ tutta l’Italia facendo quello e credo che questo mi abbia skillato nelle pubbliche relazioni. Mi piace un sacco scoprire l’arte nelle persone prima che la scoprano gli altri. Se vogliamo, Luis è il caso più eclatante, con lui lavoriamo dal giorno zero. Ah, e sono l’altro 50% della società. 

E Thamsanqa che cos’è per voi?

Lussorio: Il nome per noi è molto esplicativo. Quella persona ha fatto qualcosa di unico senza sapere che cosa stesse facendo. Ci piace avere un approccio non comune ed è quello che facciamo nel nostro quotidiano: cercare di fare cose uniche dove sembra non ci sia niente da fare. 

Riko: A livello legale siamo una start up innovativa. Abbiamo costruito questa cosa da zero: l’ufficio, quasi tutti i nostri artisti abitano qua sotto… Una cosa un po’ folle, però ci dava l’idea di creare arte in maniera diversa. Abbiamo sempre gente in studio che lavora, mischiamo molto la parte manageriale con la parte artistica. Ci piace creare concetti. Gli artisti con cui lavoro sono gli artisti che mi ascolterei oggi. 

Vi ricordate il giorno in cui Thamsanqa è nata nella vostra testa?

Riko: Direi quando abbiamo iniziato a cercare il nome. Il primo era “Punch in a Monet” ispirato da quello che ha sfondato un Monet originale con un pugno, poi ce n’erano un altro paio e Thamsanqa, ma l’idea è sempre stata “arte e distruzione”. Se noti è esattamente l’inizio del percorso di Luis: rutti, sputi. Stessa storia per Panetti: quando ha iniziato tutti dubitavano dello streamer che fa musica. Noi siamo quelli che investono su quelli in cui non crede nessuno. Questo nasce dalla nostra voglia di fare tutto il contrario di tutto. 

Quindi puntate a creare delle nicchie?

Lussorio: In realtà no, noi agiamo sui buchi di mercato. Se vuoi fare l’urban sai che i tuoi competitor sono Shablo e Thaurus: sei sicuro di volerlo fare? Anche a livello di business non avrebbe senso. Se ti giri vedi che ci sono campi coltivabili che nessuno esplora. Guarda al rock e al punk, ci chiedevamo perché nessuno lo facesse e Diego (Naska) è arrivato a pennello. Andrea (Blanc), che fa R&B, non funziona perché nessuno l’ha mai fatta. O il bedroom pop di Simone (Panetti), come lui chi può farlo? Non è una nicchia, è un campo molto libero. 

Riko: Crediamo di avere quel tipo di visione per cui riusciamo a capire le cose prima che ci arrivino gli altri.

A livello di organico, tra artisti e collaboratori, quante persone lavorano in Thamsanqa?

Riko: Io e Lussorio, Andrea Della Valle che gestisce la parte di label, Federico Caon che lavora sulla parte eventi, la parte amministrativa e legale. 

Lussorio: La label ha Naska, Panetti e Andrea Blanc, più Principe, un ragazzo giovanissimo, e Valentina Vernia (shadesofbanana). Due progetti che vi consiglio di aspettare e tenere d’occhio.  

Qual è per voi la differenza tra arte e intrattenimento?

Lussorio: Nel design questa differenza è molto chiara, nella musica la linea tra arte e intrattenimento è più sottile. Ci sono opere prodotte in serie che sono opere d’arte. Ed Sheeran, ad esempio, per quanto produca in serie è un artista immenso perché ha un talento che lo rende unico.

Riko: L’intrattenimento per me può essere arte o puro business, quindi arte e intrattenimento possono stare insieme, anche se non è una cosa facile da fare. Ti faccio un esempio preso da Youtube: in questo momento per me Luis fa arte che intrattiene anche. Poi l’arte c’è chi la comprende e chi no, perché è un concetto molto astratto. Forse è una cosa totalmente soggettiva, mentre l’intrattenimento è più oggettivo.

Lussorio: Luis che prende un video di sé da bambino e ci fa un video 10 anni dopo è arte. Luis che fa Muschio Selvaggio è intrattenimento. 

A questo punto vi chiederei: che cosa offre Thamsanqa al pubblico?

Lussorio: Quello che noi offriamo è un palcoscenico canonico, quello dei concerti, a qualcosa che succede e proviene anche da internet. Il tutto solo ed esclusivamente se c’è un’esigenza. 

Riko: Esatto. Simone è venuto da noi dicendoci che non si sentiva bene e quindi aveva scritto una cosa. Da quel momento capisci che è un’esigenza, non è la voglia di fare il cantante per fare i soldi. Poi c’è chi ha i mezzi per comprenderlo e chi no. 

Il miglior props che avete ricevuto?

Lussorio: Il più grande complimento è sicuramente il fatto che degli artisti molto molto grandi ci hanno chiesto di lavorare insieme. Questo ci fa pensare che il nostro stile di lavoro, un po’ più sartoriale, stia arrivando. 

Riko: Totalmente d’accordo. Conosco molte personalità nel mondo dello spettacolo, ma la cosa che mi fa più piacere è che mi vogliono vicino a loro in quanto essere umano e non in quanto addetto ai lavori. Anche perché spesso l’artista non li vuole attorno, soprattutto se non lavori con lui. Ah è di sicuro anche il fatto che molti artisti chiedono il nostro parere sui loro pezzi. 

Parliamo di Naska. Come è andato il tour estivo?

Lussorio: Guarda, ieri ci hanno detto che il 50% degli ascoltatori premium nei digital stores lo seguono, il che è folle pensando che solitamente il dato si attesta attorno al 20-30% quando è molto alto. Quindi direi che è andato bene dai.

Riko: Al momento Diego è massacrato di richieste perché ti porta uno show con i musicisti, zero auto-tune, perde la voce, vomita dopo il live dallo sforzo. Porta gente e non rompe il cazzo. Il tutto a cifre umane.

Parliamo di Simone. Si intravede un effetto Joji in Panetti?

Lussorio: In Italia Simone è l’unico che lo può avere. Più avanti potrebbe diventare un paragone scomodo perché sicuramente gli verrà detto che voleva emularlo, cosa che, per quanto possano avere percorsi simili, vi garantisco che non è così. 

Riko: A mio parere ha già avuto l’effetto Joji con Profondo Rosa. Chiunque al primo ascolto parte con il presupposto che sarà musica di merda. Non c’è ancora stato l’effetto Joji sul pubblico ad ampio raggio, però va detto che Simone durante le live su Twitch ha portato spesso delle esperienze personali sull’ansia, quindi non dovrebbe essere una sorpresa. La gente deve capire che se qualcuno è eccentrico, diciamo, non è per forza solo quella cosa. 

Come è nata l’idea di provare Sanremo Giovani? Personalmente non me lo aspettavo.

Lussorio: Simone è un artista per noi unico in Italia e aveva bisogno di un riflettore “più pericoloso” per mettersi a nudo. Sanremo è la zona di non-comfort che serviva per farlo notare. Visto quanto ha da comunicare, serviva un media come la televisione. Lo consacra come artista musicale ed è l’unico in Italia a poterlo fare in quanto artista-streamer. 

Vorrei parlare di un altro gioiello che avete in casa: Mike Lennon. Come è nata la collaborazione in Stasera C’è Cattelan?

Lussorio: Mike aveva uno spazio all’interno dello studio di Roofio (Two Fingerz). In una di queste sessioni c’era Alessandro Cattelan che doveva registrare una sigla. Hanno avuto a che fare un’ora e si sono capiti al volo, quindi Cattelan gli ha proposto di fare qualcosa assieme ed è diventato la sua spalla durante il programma.

Riko: È nato tutto molto amichevolmente tra di loro. Mike è un piccolo genio. Può fallire mille volte, ma continuerà a fare, non lo fermi mai.

Però la sua musica fatica ad arrivare al pubblico.

Lussorio: Sinceramente è una cosa che facciamo fatica a spiegarci. Sappiamo che dobbiamo puntare all’estero, infatti stiamo aprendo dei contatti. Per la versatilità che ha non può accontentarsi delle briciole. 

Mi spiegate sinteticamente cosa avete fatto con Kaotica, il brano NFT di Panetti, Naska e Mike Lennon uscito su Brots?

Lussorio: Noi siamo certi che l’universo blockchain e crypto, intesa come una moneta basata sulla propria blockchain, possa cambiare il mondo; e il mondo non lo cambi in 10 anni, soprattutto se si parla di soldi. Crediamo molto nel concetto di certificazione digitale: dal momento in cui tutto diventa digitale prima o poi servirà, anzi serve già ora. 

Ti faccio un esempio sui live: il biglietto può essere comprato nella blockchain. Invece di programmare un evento in anticipo, dico “vendo i biglietti per questo artista su Milano”. Che il pubblico venga a Milano per andare al Gate, all’Alcatraz o a San Siro, cambia poco. Ma se io metto il biglietto nella blockchain, con certificazione, posso fare una programmazione del live in base a quanto ho venduto. Se prima non si riusciva a certificare le cose su internet, ora c’è un mezzo che, prima o poi, verrà usato per emettere certificazioni online. 

Brots per noi è stato un primo passo sulla luna da questo punto di vista. Abbiamo fatto un prodotto internet per internet: venduto su internet, fatto da artisti che vivono internet, che creano un pezzo che parla di internet. Abbiamo fatto il primo, e forse unico, pezzo che ha senso in NFT. Così quando in futuro qualcuno lo farà con più consapevolezza, si accorgerà che noi lo avevamo già fatto. 

Se doveste dire un genere musicale che descriva Thamsanqa?

Lussorio: La musica concreta di Stockhausen. 

Un’intervista di Antonio Verlino e Gloria Deiuri

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