Editoriali
I CCCP chiudono il cerchio: «Questa è l’Ultima Chiamata, altre non ce ne saranno»

Si chiude il cerchio e questa volta è per sempre: “CCCP – Ultima Chiamata”. Suona chiaro, definitivo il titolo del tour di 7 date, dal 30 giugno al 30 luglio 2025, con cui i CCCP – Fedeli alla linea hanno deciso di mettere la parola fine alla loro storia e come tutti i commiati che si rispettino, anche il loro esige un rituale. Ecco che, allora, tutto torna là dove era partito, anzi ripartito, a quel “Gran Galà Punkettone” che, nelle sere del 21 e 22 ottobre 2023, al teatro valli di Reggio Emilia, in occasione dell’inaugurazione di “Felicitazioni!”, la mostra tenutasi ai Chiostri di San Pietro nel cuore della città emiliana, aveva risvegliato la cellula dormiente madre e padre del punk italiano.
Una rinascita immortalata nell’omonimo disco e dvd, “Gran Galà Punkettone”, in uscita venerdì 28 marzo, in formato CD + DVD, LP + DVD, BOX CD + LP + DVD con booklet di 16 pagine con foto della serata e disponibile anche in edizione speciale limitata e numerata con LP in vinile crystal in esclusiva sullo store online di Universal Music, che darà la possibilità di incontrare la band al termine dello spettacolo di venerdì 21 marzo, il debito rituale di commiato, sempre al Teatro Valli, con la presenza della band «e a seguire…».
Sarà l’inizio della fine, perché con l’uscita su supporto del “Gran galà Punkettone” e il tour “CCCP – Ultima chiamata”, Ferretti e soci, chiudono il loro «ultimo piano quinquennale» e con esso, dicono, anche la loro storia di band. Sebbene la reunion vera e propria risalga al 2023, di fatto, l’idea, poi, abbracciata anche da Giovanni Lindo Ferretti e Danilo Fatur, era stata coltivata già a partire dal 2021 da Annarella Giudici e Massimo Zamboni.
Il risveglio.
«Sono stato l’ultimo ad arrivare a essere risvegliato», ha confessato Ferretti, nell’ultima conferenza stampa dei CCCP, tenutasi lunedì all’Arci Bellezza di Milano. «Ero profondamente convinto che la mostra mostro “Felicitazioni!” fosse il nostro ultimo spettacolo, ma poi c’erano tanti motivi tra il nostro pubblico e anche tra di noi, perché i CCCP tornassero sul palco. Al Teatro Valli abbiamo scoperto che i CCCP avevano ancora il loro pubblico e a Berlino il pubblico ha scoperto che i CCCP erano ancora vivi, lo scazzo tra me e il pubblico mi ha fatto pensare che una ragione perché noi tornassimo sul palco, per quanto difficilmente comprensibile, c’era. Poi, stare sul palco di fianco a Zamboni è stata una scarica elettrica, Annarella Giudici per me è mitologia, una deità e Fatur, che oggi è un Buddha, esprime una poesia, che con tutti i muscoli di un tempo, in cui era Bronzo di Riace, non sarebbe mai riuscito ad esprimere. Dopo Berlino era inevitabile, eravamo pronti per tornare sul palcoscenico».
Stupore nello stupore, i risvegliati CCCP hanno visto crescere e assemblarsi sotto il palco un pubblico di giovinastri, gomito a gomito con i punkettoni della vecchia guardia. Un’emozione, forse anche troppo! «Mentre tutte queste cose stavano andando bene, per conto loro, io ho avuto un infarto e mi sono ritrovato in ospedale. Quando Zamboni l’ha saputo ci si è finito anche lui», ha ricordato Ferretti. «Siamo invecchiati, le cose devono finire, è anche una questione di dignità, però necessitano di una cerimonia. L’altra volta siamo finiti così, con “Mancanza d’aria”. Invece, stavolta, mettiamo in scena una grande cerimonia, perché per la civiltà che noi rappresentiamo e raccontiamo le cerimonie sono essenziali. Vale per le società arcaiche, per la Chiesa Cattolica e per il Partito Comunista, finché c’era».
Tempi nuovi, parole antiche.
Eh, sì, perché i tempi cambiano, ma i CCCP rimangono sempre Fedeli alla linea e a una visione, che potrà anche assumere forme diverse, opposte, discordanti, ma lasciando vivere immutata la sostanza di una produzione, alla quale non rimane nulla da aggiungere. «La parola ripetuta è la parola che si fissa, eterna, una volta per sempre. Non credo a questo gioco di dover rilanciare continuamente», ha osservato Zamboni. «Come vedete non abbiamo composto canzoni nuove ed è il nostro mestiere, compongo continuamente canzoni, ma non avrebbe senso per i CCCP, perché non è una storia che va a rilanciarsi nel futuro, ma si fissa in un tempo, che comprende tutti i tempi: quello che è stato, che è e che sarà, perché ci saranno ancora i CCCP, anche in nostra assenza».
«Per i CCCP potrei mettermi a scrivere qualcosa di più significativo di Il mondo si sgretola, rotola via, succede, è successo, si sgretola e via?», ha aggiunto Ferretti. «Il problema è che 30 anni fa noi assistevamo allo sgretolamento del comunismo, adesso voi accendete la televisione e assistete allo sgretolamento di tutto quello che doveva essere il futuro dopo la fine del Comunismo. E perché devo cambiare una parola? Dirlo fa persino vergogna, ma ci sono certe canzoni dei CCCP, che sono diventate preghiere. In una società tradizionale, è come se i CCCP fossero i bardi di una generazione. Siamo qualcosa che è successo. Trovarci con un pubblico nuovo ci ha dato un’energia incredibile, ma non dobbiamo conquistarlo aggiungendo qualcosa, possiamo consolarlo per il tempo che ci tocca e poi ognuno va per la sua parte».
Stasi apparente.
Eppure le canzoni che i CCCP hanno portato sul palco a partire dal “Gran Galà Punkettone” dell’ottobre 2023, sono tutt’altro che immobili. «È un processo naturale, appunto perché tutti noi stiamo molto attenti alle parole. Ci sono parole che oggi non possono più essere pronunciate, altre che è meglio cambiare», ha precisato Ferretti. «Io tendo al come sempre, ma ogni giorno c’è qualcosa che si modifica. I CCCP hanno fatto tutta la loro storia musicale su una batteria elettronica, una scelta culturalmente, politicamente non buona, una roba da dance da sfigato, ma i CCCP hanno questo gusto dello sfigato. Tornando sul palcoscenico 30 anni dopo, la prima cosa che ho detto a tutti è stato: questa volta di batterie ne voglio una quantità. Infatti, ci sono 3 batteristi sul palco e non è un cambiamento da poco».
Un altro cambiamento è quello legato all’assenza nella scaletta del risveglio di canzoni che richiamino l’epica socialista e questo, forse, contro le aspettative di buona parte del pubblico dei CCCP. «Abbiamo iniziato a suonare tirando del filo spinato tra noi e il pubblico, era un gioco di reciproco rispetto», ha ricordato Giovanni Lindo. «I CCCP sono potuti rinascere, perché a Berlino, se continuava ancora un po’, scendevamo e ci menavamo. I CCCP non sono al servizio di coloro che pensano di essere il pubblico dei CCCP, né tantomeno il loro riferimento politico. Io non sono nemmeno il riferimento politico di me stesso e, comunque, a 72 anni non mi rimetto a scrivere “Spara Jurij”, poi ho ancora il cattivo gusto di cantarla. È chiaro che se il pubblico non c’è, i CCCP non fanno i concerti. Io, però, rispondo di quello che scrivo e che dico a me stesso, a Dio e agli uomini, ma è un discorso complesso e se il pubblico dei CCCP ha dei problemi coi CCCP, sono cazzi suoi, troverà il modo di risolverli, come io trovo il modo di risolvere i miei, oppure di arrivare a una sana o insana scissione».
Ultima chiamata.
Per chi avesse trovato il modo di farlo e non fosse ancora arrivato alla sana o insana scissione, ci sarà occasione di rivedere i CCCP sul palco nelle 7 date del loro ultimissimo tour o, almeno, così dicono. «C’è sempre un margine di dubbio sui CCCP, c’è sempre stato, ma questo vale per tutte le cose vere della vita», ha concluso Ferretti. «Questa è l’ultima chiamata, i CCCP sono nati sul palcoscenico e devono morire sul palcoscenico. La vita è una gran cosa finché dura, non chiedeteci di più o altro, non siamo la vostra salvezza, tanto meno un referente politico, piuttosto viatico, oracolo, salvacondotto per non si sa».
Una cosa è certa, però, tutto attorno e all’orizzonte, solo macerie. «Ultima chiamata, dal Circo Massimo nell’urbe al Teatro Greco di Taormina: rovine all’inizio, rovine alla fine. La vita umana non dura che un istante. All’erta sto, all’orizzonte rovine. “Quanto è grande quell’angolino che abiti?” Lo scrive Marco Aurelio nelle sue “Meditazioni”, quando il centro del mondo era Roma. CCCP nasce nella Berlino del Muro, ben radicato nell’Emilia Paranoica, attraverso Melpignano, Grecia salentina, approda a Mosca, ci basta, ne avanza. Il nostro mondo è morto, quanto regge il vostro? Amami ancora, fallo dolcemente, solo per un’ora, che sia per sempre».
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