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Tra luci e ombre: l’esordio italiano di Loreen conquista il Fabrique

È stato un live breve, ma intenso, quello di Loreen, ieri sera, al Fabrique di Milano. Anticipato dai set di apertura di Thera e, a seguire, di Luna, elettropop in purezza, l’esordio italiano dell’artista svedese di origini marocchine, due volte vincitrice dell’Eurovision Song Contest, nel 2012 e nel 2023, l’ha vista proporre una scaletta serratissima, all bangers, no fillers.
Regina guerriera berbero vichinga, muscoli d’acciaio a guardia di un cuore delicato, Loreen ha regalato ai fan italiani un viaggio emozionale, da ballare e da ascoltare, tra luce e oscurità, potenza e vulnerabilità, disciplina e creatività, sull’onda di un sound capace di mescolare senza soluzione di continuità elementi organici e sintetici, spinto dalla sua voce, unica per timbro, potenza, espressività. In due parole? Spiritual Pop.
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Materializzatasi sul palco emergendo dalle tenebre nebbiose, attraverso l’enorme anello, portale spazio temporale, simbolo di eternità e di tutto ciò che trascende il transeunte, centro di una scenografia bellissima, pulita, minimalista, concettuale, Loreen ha aperto con un classico, “Jupiter Drive”, dall’album “Ride”: Ho lanciato il mio incantesimo su di te, ho messo delle catene al tuo cuore, sei mi* per sempre, canta. E, sì, è proprio così.
Ammaliato il parterre con gli intensi chiaroscuri di questa cavalcata ossessiva, Loreen ha scaricato un trittico di singoli recentissimi: “Gravity”, “Forever” e “Warning Sign”. Una significativa panoramica di quella che potremmo definire la sua nuova era, quella del passaggio all’etichetta indipendente Promised Land Records e a sonorità più decisamente da club, dalla trance music delle prime due, all’eurodance venata di melodie nordafricane dell’ultima. Roba potente, impossibile stare fermi.
Accompagnata da un batterista e da un tastierista, master assoluto di una stazione spaziale stile nasa, tra synth, controllers e computerini vari, Loreen ha preso per mano il pubblico del Fabrique per immergersi nel cuore del live, costituito da un poker di pezzi storici, completamente riarrangiati per l’occasione, ma, d’altro canto, Loreen non è certo una a cui piace dormire sugli allori, sempre in movimento, sempre in evoluzione.
Così “Hate the Way I Love You”, ballad pop rock tratta da “Ride”, l’album più rock della sua produzione, diventa una sensuale ballata drum and bass. Un momento confessionale, seguito dalla rivendicazione sociopolitica di “Statements”, singolo del 2017 e anthem per i fan della cantautrice di Stoccolma, eseguito in un mash-up con il sample di “Another Brick In the Wall” dei Pink Floyd.
Calano le luci e l’atmosfera si fa intimista per quello che è stato il momento più intensamente emotivo del live, con la versione piano e voce (e che voce!) di “I’m In Here With You”, un classico e una carezza, calata su un Fabrique in silenzio religioso. Un momento surreale, dal quale Loreen ci lascia riemergere con calma, sulle note oniriche di “Dreams”, sempre da “Ride”, sempre arrangiata di bel nuovo, con tonnellate di onde quadre, ma senza abbandonare l’organicità della ritmica.
Statuaria, in tuta nera a zampa svolazzante e armatura scintillante, dotata, chiaramente, delle ormai iconiche unghie, la presenza scenica di Loreen è unica, quanto la mescola della sua musica: potente e delicata, nelle sue movenze, ora nitide e misurate, ora scomposte ed esplosive, Loreen sa esprimere forza e vulnerabilità, misticismo e carnalità. È l’eterna lotta tra la luce e le tenebre, il sole e la luna, lo Yin e lo Yang, “Euphoria” e “Tattoo”, due hit attesissime dal pubblico, con le quali, infatti, Loreen chiuderà il primo live italiano della sua carriera.
Prima, però, una caramellina, ossia la nuovissima “Coming Close”, pezzo ancora inedito, che a sonorità 90s, vagamente in stile Underworld, unisce un testo dai toni meditativi. Insomma, roba sua, al cento per cento. Un irresistibile dolcetto, seguito a ruota dal primo grande successo internazionale di Loreen, “Euphoria”, con cui nel 2012 vinse l’ESC. Introdotta dalla mitica sirena e dopo un siparietto della Nostra col pubblico – «In realtà sto riprendendo fiato, è come fare un allenamento completo», ha confessato, dopo 50 minuti di squat con diversi chili di armatura sulle spalle – “Euphoria”, cantata da tutto il parterre, se no Loreen si arrabbia, ha letteralmente travolto il Fabrique.
Uscita dal palco per pochi secondi, tornerà annunciata dal mantra “Is it?”. È l’intro a un altro dei suoi più grandi e recenti successi, “Is It Love”. L’arrangiamento drum and bass porta via qualcosa al fascino nordafricano dell’originale, ma il risultato è assolutamente apprezzabile, anzi, trattasi uno dei momenti migliori del live. L’atmosfera è caldissima, ma, come ci insegna la stessa Loreen, tutto giunge inevitabilmente a una fine e il commiato, anche questa volta, è stato affidato a “Tattoo”: un tripudio, cantato a squarciagola da tutto il parterre (forse, soprattutto dal ragazzo alle mie spalle). Dopo il lungo e affascinante intro, parte il synth, poi entra la voce calda di Loreen e, via, che si vola.
Breve, ma intenso, si diceva, questo esordio italiano di Loreen. Uno show intriso di dualità, esplosivo e delicato, dove nulla è lasciato al caso, ma senza perdere un eccellente grado di organicità, un marchio di fabbrica per Loreen. Peccato per qualche falla nei suoni (non dipendente dall’artista) e per l’assenza in scaletta di alcuni dei pezzi più amati, tra cui “Body”, un cavallo di battaglia dei suoi concerti, “Neon Lights” e la curativa “Ocean Away”. Buona la prima? Decisamente sì. Ora, Loreen, ti aspettiamo per il bis.
Scaletta:
“Jupiter Drive”
“Forever”
“Gravity”
“Warning Sign”
“Hate the Way I Love You”
“Statements”
“I’m In Here With You”
“Dreams”
“Coming Close”
“Euphoria”
“Is It Love”
“Tattoo”