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Interviste

Area Covid-19: Francesca Gabbriellini

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Oggi, in Area Covid-19, diamo voce a chi la musica la fa. Come si sta dietro le scene di un palco “virtuale”? Ce lo spiega Francesca Gabbriellini, pisana classe ’89, attiva da anni nel mondo della promozione musicale e della produzione di eventi live, animata dalla convinzione che la “provincia che crea dipendenza” sia un terreno privilegiato e fertile per la creazione artistica. Attualmente è owner dell’agenzia meno_warehouse in collaborazione con il Redroom Recording Studio.

Per parlare di musica bisogna parlare anche con chi la musica la “fa”. Come si fa a fare musica in momenti come questi?
Mi piacerebbe rispondere che esistono miriadi di strade alternative da percorrere in questo momento, ma la verità è che il Covid-19 sta mettendo in ginocchio l’intero mondo della cultura e tutte le maestranze che a vario titolo concorrono a valorizzare il patrimonio artistico e culturale dei propri territori di riferimento. Un settore, il nostro, che è stato il primo a fermarsi e sarà l’ultimo a ripartire, con tutto ciò che questo significa in termini economici e progettuali, per artisti e addetti ai lavori nel senso più ampio possibile.
Un comparto attraversato dalla precarietà, dal lavoro nero e grigio, dalla disomogeneità dei sistemi di sicurezza e dal disinvestimento pubblico da anni e anni. Una condizione cronica, che la pandemia non ha fatto altro che svelare con maggiore forza, ma che noi conosciamo benissimo e che magari sarà utile al pubblico più ampio, ma spero in particolare alle spesso miopi istituzioni preposte, per riflettere su quanto lavoro, quanti corpi stiano dietro a un evento live, a una produzione musicale, alla promozione di un artista, alla conduzione e manutenzione dei club e di tutti gli spazi adibiti.
La perseveranza di molti (soprattutto grandi nomi della musica nostrana e internazionale) nel promuovere nuove release e la moltiplicazione di live streaming si scontrano nel mio intimo con le ultime parole in musica rilasciate da Giovanni Lindo Ferretti. “Comunichiamo solitudini moleste e sovraesposte”, con l’unica consolazione che una persona in più oltre la nostra cerchia possa accorgersi della nostra arte e ricordarsi di noi quando si potrà di nuovo portare in giro la musica. Dentro di me non alberga affatto un “no future”, ma uno slancio di consapevolezza, per prepararsi a una ripartenza energica, ma in ripidissima salita.

Pensi che questi giorni possano aprire ad un nuovo scenario musicale? Eravamo arrivati agli house concert… Quale pensi sarà la prossima frontiera della musica live?
Appena la musica live potrà ripartire, dovremmo innanzitutto fare la conta dei danni e dei sopravvissuti, poiché una miriade di addetti ai lavori rimasti senza reddito per un lasso di tempo così lungo potrebbero legittimamente muoversi verso altri lidi per provvedere alla propria sussistenza, così come molti locali e festival potrebbero non avere le forze per riaprire. Ciò detto, spero che si assista a un fenomeno di esplosione e mobilitazione della musica dal vivo affinché nessuno si accartocci nella dimensione privata e domestica, ma si vadano progressivamente a rianimare circoli, club, concert hall, teatri. Di più, che spazi finora mai utilizzati a questo scopo possano essere riscoperti e valorizzati, restituiti alla cittadinanza attraverso una promozione culturale accessibile e che tuteli la sicurezza e il lavoro di tutte e tutti. I secret concert continueranno a esistere, ma sogno una performance artistica in ogni piazza, partecipata da un pubblico se possibile più consapevole e rispettoso di prima.

Ci parli dei tuoi progetti attualmente in attivo? A cosa ti stai dedicando?
Attualmente con meno_warehouse sto lavorando al consolidamento del roster, una rosa di artisti che amo promuovere per la qualità e l’etica espresse. Al momento le band si polarizzano attorno a due fenomeni musicali fluidi e compositi, che per brevità riassumerò con live electronics music e indie. Alcuni artisti sono alle prese con le registrazioni o la finalizzazione dell’album (Rugo, Tundra) o con l’uscita di nuovi lavori (Yosonu, Lorenzo Saini, Filippo Conti), band che trepidano per riprendere il tour bloccato sul nascere (Toru, Form Follows, Gionata), con altri sto lavorando più sul fronte brand identity e promozione futura. In quarantena, posso finalmente ascoltare tutti coloro che hanno sottoposto i loro lavori via email e che erano rimasti in coda, provando a dare voce alle proposte più interessanti attraverso la pagina Sconcerto, dedicata ai concerti in streaming. Inoltre sto lavorando alla produzione di due festival musicali e di arti visive che spero si possano tenere quanto prima.

Quando pensi potremmo tornare davanti (o dietro) un palco? Cosa ti manca di più della dimensione live?
Credo che il 2021, al netto dell’autonomia regionale da un lato e delle difficoltà che ogni realtà troverà in fase di ripartenza, sarà un anno cruciale e ripeto, spero si possa assistere a una proliferazione degli eventi e a una partecipazione rinnovata. Inoltre spero in una mobilitazione ampia delle/degli intermittenti della cultura affinché niente torni alla normalità, se questa significa lavoro povero o gratuito, dispositivi di sicurezza carenti, fondi prontamente tagliati. Mi manca da morire scaricare gli strumenti, abbracciarsi prima e dopo e ricaricare tutta la baracca.

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