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Interviste

Ada Oda, “Un Amore Debole” per cui è facile perdere la testa

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Preparatevi per un’eccezione che (non) conferma la regola: gli Ada Oda sono una band garage e post punk belga che, viste le radici siciliane della cantante Victoria, canta in italiano. Noi, da bravi italiani, siamo abituati a veder succedere esattamente il contrario: i nostri artisti cantano in inglese molto spesso, e sentire una band straniera usare la nostra lingua è sia strano che molto, molto piacevole. “Un amore debole”, il disco degli Ada Oda, è in uscita il 25 novembre ed è stato preceduto dal singolo “Niente da offrire”, che ha permesso loro di venire a suonare anche nel nostro paese.
Se volete sapere come sono stati accolti, e come si trovano con la nostra lingua, non vi resta che leggere l’intervista che abbiamo fatto a Cesar Laloux, co-fondatore e compositore della musica della band. 


Sono abituata a band italiane che cantano in inglese, voi siete una band belga che ha deciso di cantare in italiano, la lingua madre del padre di Victoria. È sia interessante che strano, dal mio punto di vista. Come mai questa decisione?
L’idea è venuta a me. Victoria ed io non ci conoscevamo quando abbiamo iniziato a parlare di cosa sarebbe stato del progetto Ada Oda, avevamo parlato velocemente di musica su Tinder ma era finita li…quando le ho chiesto di creare parole per la mia musica ho visto che il suo cognome sembrava italiano (Barracato) quindi, per scherzare e anche perché lo trovavo originale e coraggioso, le ho chiesto se non le andasse di scrivere qualcosa in italiano. Lei ha accettato e tre giorni dopo ho trovato, nella mia mail, l’inizio dei versi di una canzone in italiano.
Funzionava molto bene con il sound della mia musica, come pensavo, ed abbiamo continuato in questa direzione. Dopo tutto è una lingua piena di significato per Victoria, perché suo padre è emigrato da un piccolo villaggio a sud di Palermo quando era bambino. Lei può permettersi di scrivere visto il suo ottimo livello di italiano, e credo che cantare in italiano la faccia felice, perché è un richiamo alle sue radici e le onora. 

Ultimamente i musicisti pubblicano singoli continuamente, sembra quasi che gli album non vadano più di moda. Voi siete in tour con un nuovo album: cosa è cambiato nell’industria musicale per spingere le persone a pubblicare sempre singoli, e come siete fuggiti da questo meccanismo?
Per come la vedo io pubblicare un singolo dopo l’altro rientra nella cultura di internet, che è la cultura del momento. Le persone non sono più preparate a donare 45 minuti del loro tempo per ascoltare un artista o anche meno, come nel nostro caso, per artisti che non conoscono. Sono solo 30 secondi su TicToc o Instagram, e poi basta. È un modo molto caricaturale di parlare, ma sta diventando sempre più reale.
Da parte nostra grazie alla pandemia abbiamo avuto molto tempo per comporre musica… abbiamo deciso di non fare troppi calcoli e pubblicare tutto ciò che trovavamo interessante. Certo, non sottovalutiamo l’impatto di un singolo: è solo grazie al singolo “Niente da offrire”, che dura 2 minuti e 30 secondi, che abbiamoavuto la possibilità di fare un tour in Italia e in altri paesi questo autunno. Ma siamo sempre fan della musica “old school”, ancora affezionati al disco e al vinile, che è un formato che resiste bene nel tempo e che si adatta bene allo stile musicale che proponiamo…

Quando ho letto che cercate di “creare un ponte fra il post punk anni ’80 e le canzoni pop italiane senza tempo” mi è venuto in mente Mike Patton e il suo “Mondo cane”, anche se il suo progetto era tutta un’altra cosa. Avete anche voi questo amore per i cantautori italiani?
sfortunatamente non abbiamo (ancora!) una conoscenza enciclopedica della storia della musica italiana. Cantiamo in italiano, quindi siamo ovviamente conosciuti, o comparati, dalle e alle band transalpine. Per esempio i CCCP, che non avevo mai sentito nominare prima… A Victoria piacciono le canzoni tradizionali siciliane e Lucio Battisti. Per me è più il discorso di un pezzo sentito in giro di cui mi innamoro, come è successo con “Musica leggerissima” di Colapesce e Dimartino che ho sentito quando sono stato due mesi nel nord Italia l’anno scorso. Penso di poter dire, e non credo che siamo gli unici a pensarlo, che ciò che amiamo della musica italiana sia la sua sincerità, generosità, spontaneità. Ed è comunque un paese da cui sono nate alcune delle melodie più belle della storia del pop.

Avete fatto un bel po’ di date in Italia: come sono andate, come hanno reagito alla vostra musica gli italiani? Vi sono piaciuti quei concerti?
Si, siamo stati invitato dall’etichetta garage-rock Slovenly recordings per alcuni concerti nel vostro paese e abbiamo preso l’opportunità al volo per aggiungerne altre e andare a Palermo. Per noi è stato un misto fra ansia e felicità perché non avevamo idea di come la musica sarebbe stata accolta: per la maggior parte delle volte siamo stati piacevolmente sorpresi dalla risposta entusiasta delle persone. Ci hanno detto cose sulla nostra musica che ignoravamo anche noi, soprattutto sui testi, che hanno toccato parecchi spettatori…che è una cosa magnifica, perché a casa nostra, o in Francia, nessuno capisce le parole (ride n.d.r.). ora abbiamo un solo desiderio, che è tornare a suonare in Italia. Abbiamo appena iniziato una collaborazione con un’etichetta di booking di Firenze, Annibale, e sappiamo già che torneremo a marzo, quindi il futuro non sembra male.

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